La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 28 dicembre 2015

Cos'è successo in Spagna

Intervista a Miguel Calzada di Fabio Cabrini
Ciao Miguel, iniziamo, e non potrebbe essere altrimenti, con un tuo commento al risultato delle ultime elezioni spagnole. Ti aspettavi che il PP, che pure ha perso circa il 15% di voti rispetto alle precedenti votazioni, avrebbe ottenuto quasi il 29% del consenso? Come valuti i risultati delle altri forze politiche?
"L'affermazione del PP me l'aspettavo e non mi sembra affatto che si tratti di una vittoria di Pirro. Anche se sono tornati ai livelli del 1989, é andata loro benissimo, considerando che sono quattro anni che governano da soli e il tasso disoccupazione rimane al di sopra del 20%, che i tagli ai servizi sociali hanno provocato importanti proteste di piazza e che Ciudadanos ha catturato i voti dei giovani conservatori.
Inoltre, pur avanzando un controllo anti-democratico sulla magistratura, il PP non è riuscito a non farsi appiccicare addosso l'etichetta di “partito della corruzione”: tanti pezzi grossi sono finiti in tribunale, come Rodrigo Rato, guru economico della destra, ex ministro di Economia, ex presidente del FM e alcuni sono finiti addirittura in galera. Uno di questi è Luis Bárcenas (tesoriere del partito, ahimè) al quale lo stesso Mariano Rajoy ha scritto, fino alla condanna definitiva, diversi SMS, uno dei quali è diventato di dominio pubblico: «Luis, sii forte». 
Se capita tutto questo e vinci comunque, hai buone ragioni per essere soddisfatto. Questo tipo di vittoria fa sì che il resto dei partiti debba sentirsi sconfitto. Sopratutto il PSOE, in una logica a specchio: se capita tutto questo e perdi comunque... 
Podemos e Ciudadanos hanno bei numeri, ma sono giustamente delusi perché il sorpasso al bipartitismo rimane un sogno. Puntano troppo sulle grandi città perché in tanti luoghi non hanno ancora strutture idonee. Non a caso, il miglior risultato di Podemos rispetto a Ciudadanos si spiega grazie alle sue alleanze con i nazionalisti di sinistra in Galicia, Cataluña e Comunidad Valenciana. 
Per Izquierda Unida-Unidad Popular la batosta é stata molto forte. Hanno perso il 45% dei voti e rischiano la marginalità assoluta, soprattutto perché tanti di loro interpretano questi risultati come la conseguenza del loro "eroismo". Giurano, infatti, di essere gli unici rimasti fedeli ai propri principi e danno la colpa alla legge elettorale. Poi cominciano a fissare le loro linee rosse. Hanno ragione in tutto, ma con 2 seggi (di un totale di 350) non potranno mai cambiare la legge elettorale e nessuno si preoccuperà della loro battaglia." 
Il Psoe, dopo aver perso l'11% nelle elezioni del 2011, ha perso un ulteriore 6%. Come può invertire la rotta, a tuo avviso? Guardando a sinistra? Fosse quella la soluzione (io lo credo), la sostituzione di Sánchez con la carismatica Díaz non spingerebbe nella direzione opposta?
"Il PSOE vive un incubo strategico. Se vanno a sinistra rischiano di venire inghiottiti da Podemos, che sará sempre più a sinistra e più fresco, se vanno a destra, accade lo stesso con Ciudadanos, se fanno una grosse koalition tradiscono tutti i loro votanti, visto che da 30 anni l'identità del PSOE si costruisce come antitesi a quella del PP. Se non si muovono... moriranno piano ma moriranno. 
Tuttavia, hanno in tasca due carte molto forti che si stanno già giocando. La prima è quella di presentarsi come la sinistra responsabile e anti-indipendentista. Questa posizione li sintonizza sulle frequenze dell' elettorato moderato e può rivelarsi cruciale se il processo indipendentista catalano dovesse andare avanti in fretta e furia, e tutto indica che così sarà. La seconda carta è che sono fortemente radicati in tutta la Spagna, anche nelle coscienze, e godono di una struttura che Podemos se la sogna. Ma questo vantaggio ha i suoi contro, perché li fa essere un partito estremamente burocratizzato, dove in tanti pensano soltanto alla loro rendita di posizione (in questo sono gemelli del PP). 
E' importante, ora, ricordare il motivo principale che ha consentito a Pedro Sánchez di vincere le primarie. Era un tizio sconosciuto che non godeva di alcun appoggio, ma é stato scelto proprio perché gli altri erano troppo potenti, quindi troppo odiati dai colleghi. Anche Zapatero vinse per lo stesso motivo, ma poi, dopo il successo alle elezioni, ebbe il tempo di costruire una stirpe di fedeli dentro il partito. Pedro Sánchez ha perso ed ormai é un morto che cammina. 
Eduardo Madina era, invece, il candidato naturale per fare una virata a sinistra. Non é certamente un rivoluzionario, al massimo un socialdemocratico onesto, ma avrebbe potuto portare una ventata di «nuova politica». Ha perso le primarie per essere stato troppo vicino a Elena Valenciano, braccio destro di Rubalcaba, a sua volta braccio destro di Felipe González. Dopo le primarie, Pedro Sánchez l'ha fatto fuori, relegandolo nelle liste, inoltre, lo scarso risultato elettorale l'ha lasciato senza seggio (in Spagna le liste per i deputati sono chiuse) e ora è quasi fuori dai giochi. Fra i papali a prendere il posto di Sánchez faccio un nome: la catalana Chacón.
Susana Díaz rappresenta la destra del partito, legata all'apparato regionale (e regionalista), clientelare, immobilista, sovradimensionato. Un mondo fatto di cosche e correnti, di vecchi rancorosi e giovani opportunisti, dove spesso viene smarrito il contatto con i problemi reali. L”altra destra del partito, quella più vicina ai dettami neoliberisti, é sempre stata in minoranza e ha perso forza, trovandosi, oggi, nascosta tra la crescente confusione interna. 
Credo che la Díaz sia sincera quando dice di non voler prende il posto di Sánchez. Lei vuole continuare a comandare il partito rimanendo nella sua roccaforte in Andalucía, perché ha capito che sono tempi bui e chiunque sia candidato verrà presto bruciato."
Veniamo alle due forze emergenti, Podemos e Ciudadanos, che hanno fatto a pezzi il bipartitismo nato dopo il franchismo. Ci puoi far capire meglio il fenomeno Ciudadanos? In molti sostengono sia un prodotto da laboratorio creato per porre un argine all'ascesa di Podemos.
"Diverse sono le teorie circa l'ascesa di Ciudadanos e il suo misterioso, ma abbondantissimo, finanziamento. Io do retta a quello che dice Jorge Verstrynge, personaggio affascinante che negli anni 80 fu segretario generale del PP (allora si chiamava AP) ed oggi è sostenitore di Podemos. Secondo lui, gran conoscitore della metastoria politica recente, Ciudadanos é la continuazione della cosiddetta Operazione Roca: nel 1984 i soldi della Confindustria crearono il Partito Riformista con lo scopo di avere una forza tutta loro. Anche quella volta il nocciolo duro veniva dalla Cataluña (pure il candidato, Miquel Roca), anche quella volta gli inizi furono pessimi (neanche un 1% dei voti), ma a differenza di oggi, l'esperimento finì li e non andò oltre. 
E' impossibile capire Ciudadanos senza cogliere il suo rapporto con la questione catalana: è, fondamentalmente, un partito anti-indipendentista. Se è riuscito ad uscire dalla Cataluña per farsi forte altrove, ciò é dovuto a due fattori: 1) il processo indipendentista, premendo sull'acceleratore, e diventato di grande interesse per tutti i cittadini spagnoli 2) il partito liberista già esistente, l'UPyD, ha visto perdere il favore dei potenti a favore dei rappresentanti di Ciudadanos, perché questi sono piú malleabili e hanno un candidato più mediatico."
Il partito di Iglesias, dopo un deludente risultato ottenuto alle regionali, alle politiche, grazie alle alleanze locali, ha ottenuto il 20,7% dei consensi. Per essere la loro "prima volta", un risultato straordinario. Quale strategia, a tuo avviso, dovrà mettere in campo per aumentare ancora di più la sua forza attrattiva, considerando che nei prossimi mesi la questione catalana prenderà il centro della scena?
"Certamente per Podemos il risultato alle regionali non è stato quello preventivato. Alle municipali, invece, erano coalizzati con diverse forze di sinistra e movimenti di piazza, grazie ai quali sono riusciti a prendere il potere in cittá molto importanti come Madrid, Barcellona, Zaragoza, La Coruña. Anche adesso quella é stata la chiave. Si attribuiscono a Podemos 69 seggi, ma di "loro proprietà" ne hanno soltanto 42 (60%), l'altro 40% é merito di forze come En Comú a Cataluña e Compromís alla Comunidad Valenciana (non a caso queste due coalizioni governano a Barcellona e Valencia). 
É adesso che il gioco si fa complicato. Podemos ha un «debito» con la Cataluña (12 seggi), dove ha promesso che lotterá per un referendum sull'indipendenza. Questa promessa fa avere loro lo stesso debito con Valencia (9 seggi) e Galicia (6 seggi). 
La posizione dei rappresentanti di Podemos è chiara: il referendum catalano si deve fare, ma la loro speranza sottaciuta è che gli indipendentisti perdano e la Cataluña rimanga dentro lo Stato spagnolo. Pur non essendo una strategia brillantissima, perché troppo rischiosa, oggi come oggi é l'unica proposta seria per affrontare il «problema catalano». Bisogna vedere, però, come verrà accolta fuori dalla Cataluña, in regioni come Castilla, Madrid, Andalucía, dove i votanti di Podemos vorrebbero sentire parlare meno di indipendenza catalana e più di un programma radicale per migliorare lo Stato sociale." 
Come hai scritto in maniera molto chiara e precisa nell'articolo pubblicato lunedì, la Spagna che esce dalle urne è un paese ingovernabile. Cosa credi che accadrà da qui alle prossime settimane?
"Sono ancora perplesso e non saprei cosa dire. Ci sono tante possibilità, anche se, allo stato attuale, tre sono quelle più probabili:
1) Tornare al voto, non subito, ma forse tra alcuni mesi. Il problema di questa opzione é che la Cataluña non aspetta nessuno. 
2) Grosse koalition: ora non ci sono le condizioni, ma se la Cataluña dovesse dichiarare unilateralmente la sua indipendenza non é folle immaginare il Re chiedere unità di fronte ai secessionisti, con PP, PSOE e Ciudadanos che corrono a formare un governo ottocentesco con un monarca al comando (direttamente o indirettamente). Questa ipotetica strada porterebbe, con ogni probabilità, ad un conflitto vero e proprio con la Cataluña. 
3) Nascita di un Governo tecnico con appoggio esterno, variabile e puntuale dei diversi partiti. Podemos ha suggerito questa possibilità, che sarebbe temporanea e richiederebbe un leader indipendente per guidarla. In Spagna di quelle figure ce ne sono sempre meno. Dovessi fare un nome, farei quello di Ángel Gabilondo, ex rettore della Universidad Autónoma, candidato perdente alla regione di Madrid per il PSOE, ma senza tessera del partito. 
Come ho scritto, ispirandomi a Moravia, bisogna immaginare quello che accadrebbe in Italia e poi aggiungerci un pizzico di dramma. Secondo me, con questi numeri in Italia si tornerebbe a votare. Aggiungiamo il dramma: nuove elezioni dopo un anno di bufera politica e la costatazione che Cataluña é de facto indipendente." 
Ampliamo il nostro orizzonte e parliamo di Ue. La crisi greca ci ha mostrato il vero volto delle istituzioni, un volto autoritario che poco ha a che fare con i valori democratici. E' possibile, a tuo avviso, cambiare questa Europa dall'interno?
"E' possibile, ma la variabile tempo è fondamentale. Mi spiego meglio: è assolutamente necessario che le forze antagoniste a questo modello di UE vadano al potere allo stesso tempo. In questa UE tirannica, i paesi che contano sono pochissimi ed abbiamo giá visto l”impotenza di Tsipras, radicalmente isolato. 
Affidarsi alla sorte, o addirittura al miracolo, non è una strategia. Credo che tutte le forze di sinistra potrebbero fare di piú per coordinarsi seriamente. Il gruppo parlamentare europeo della sinistra (GUE) deve trasformarsi in qualcosa di veramente vincolante. Il rapporto fra partiti di diversi paesi non puó limitarsi al solito incontro culturale-comizio-serata a tema."
Ci puoi dire, in due battute, cosa ne pensi della strategia messa in atto da Tsipras durante i negoziati? Poteva bluffare fino alla fine, tanto gli Usa non avrebbero permesso l'uscita della Grecia, oppure avrebbe prevalso la linea Schäuble, sempre che non fosse un bluff anche quella....
"Tsipras é arrivato fino a dove poteva arrivare. Sono convinto che, a lungo termine, per la Grecia sarebbe stata molto meglio uscire dall'euro. Ma capisco Tsipras e credo che la scelta finale l'abbia presa perché intuiva che il paese non avrebbe accettato una espulsione dall'Europa, seppur formale. Quest'arte dell'intuizione, fondamentale per un politico, Varoufakis non ce l'ha. 
E se dico che quell'espulsione sarebbe stata formale è perché ritengo che, in fondo, la linea Schäuble consisteva nel mantenere la Grecia nell'UE, ma non nell'euro, per poi riparlarne dopo una decina di anni. E' paradossale, ma la linea Schäuble era la più pericolosa per Germania: come convincere il resto dei paesi a rimanere uniti sotto il dominio tedesco dopo aver visto la Grecia rinascere senza la moneta unica? Dopotutto, l'euro si é rivelato uno svantaggio per tutti tranne che per la Germania, e i vantaggi obiettivi di stare dentro l”UE non sono altro che accordi multilaterali riguardo le frontiere, la difesa, il commercio, la giustizia... "
Le destre populiste, pensiamo al Front National, sostengono che per uscire dalla crisi sia necessario uscire dalla moneta unica. Da un po' di tempo a questa parte si è aperto anche a sinistra un dibattito in tal senso. Cosa ne pensi? Credi che, nel caso dovesse fallire il progetto di creare un fronte anti-liberista, sarebbe opportuno per le sinistre pianificare un piano B di uscita dalla moneta unica per riappropriarsi della sovranità monetaria ed emanciparsi dalle politiche monetarie imposte dalla Bce? Di questo, ad esempio, ne ha parlato di recente De Masi, eurodeputato della Die Linke, e l'ex direttore di Liberazione, Dino Greco.
"Penso che l'analisi sia giusta: non è detto che l'Unione Europea debba essere buona per definizione e, infatti, quella attuale non lo é. Detto questo, dobbiamo cercare di riformarla, anzi rifarla, costruendo prima di tutto l'unità dei diritti sociali, poi una unità fiscale... 
Il mio timore, però, é questo: se non abbiamo la forza per riformarla, non avremo neanche la forza per distruggerla e poi ricostruirla e con l' attuale equilibrio di forze, l'unica via per sgretolare questa UE sarebbe allearsi con l'estrema destra, e ciò, ovviamente, non è accettabile per motivi fin troppo evidenti. Si potrebbe aprire un'altra strada, come già detto, se ci fosse un equilibrio di forze diverso, se nascesse, cioè, un fronte di governi di sinistra radicale, ma, vista la difficoltà di un simile progetto credo che le forze della Gue debbano, quanto prima, elaborare un piano B di uscita che apra una prospettiva anti-liberista e democratica."

Fonte: ParolaPolitica

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