di Murat Cinar
Sì, esattamente così. Can Dundar, direttore generale del quotidiano nazionale Cumhuriyet ed Erdem Gul, rappresentante della sede di Ankara dello stesso quotidiano, sono stati arrestati il 26 novembre 2015 a Istanbul alla fine di un processo iniziato nel mese di giugno di quest’anno. I giornalisti sono accusati di “spionaggio politico e militare”, “divulgazione di informazioni che minacciano la sicurezza dello Stato”, “propaganda per conto di un’organizzazione terroristica” e “diffusione di documenti segreti”. Dundar e Gul sono stati portati nel carcere speciale di Silivri, appena fuori Istanbul.
Si tratta di una galera creata appositamente per reprimere ogni tipo di opposizione sin dai primi anni del governo AKP(Partito della Giustizia e dello Sviluppo). I maxi-processi – KCK, Ergenekon, Balyoz ed OdaTv – hanno coinvolto centinaia di politici, militari, poliziotti, avvocati, attivisti, giornalisti, studenti e semplici cittadini e così Silivri è diventato un centro di detenzione per chiunque non la pensi come l’AKP.
Senz’altro tra i detenuti ci sono stati dei personaggi oscuri, con le mani sporche di sangue e dei grandi criminali, ma alla fine sono usciti tutti. Giornalisti indipendenti, politici, avvocati, studenti e attivisti hanno invece passato parecchio tempo in prigione per diversi motivi, ma in sostanza perché si opponevano a un disegno politico ed economico basato sulla repressione.
Senz’altro tra i detenuti ci sono stati dei personaggi oscuri, con le mani sporche di sangue e dei grandi criminali, ma alla fine sono usciti tutti. Giornalisti indipendenti, politici, avvocati, studenti e attivisti hanno invece passato parecchio tempo in prigione per diversi motivi, ma in sostanza perché si opponevano a un disegno politico ed economico basato sulla repressione.
Ahmet Sik, Nedim Sener, Sait Cakir, Coskun Musluk, Mustafa Balbay, Ozlem Agus, Mehmet Baransu sono soltanto alcuni esempi famosi di una lunga lista. Secondo la definizione della Fondazione degli Scrittori e dei Giornalisti (GYV), “Silivri è un centro di concentramento per giornalisti”. Le accuse sono più o meno le stesse: “tentativo di rovesciare il sistema democratico della Repubblica con mezzi armati, appartenenza a un’organizzazione terroristica che minaccia la sicurezza nazionale, diffusione di documenti coperti dal segreto di Stato”.
Oltre le detenzioni dei giornalisti in questi ultimi anni in Turchia sono state chiuse intere redazioni, ritirate le copie già distribuite di giornali e riviste, è stato impedito l’accesso ai portali di notizie, sono stati malmenati cameramen e giornalisti; alcuni sono stati perfino assassinati, come il capo redattore del quotidiano armeno Agos, Hrant Dink. Nel 2007 dopo una serie di minacce, processi e condanne, è stato colpito alla testa a Istanbul. Il processo tuttora in corso ha coinvolto decine di poliziotti, prefetti e politici. Azadiya Welat e Atilim, l’agenzia stampa DIHA, il canale televisivo Gün TV, il giornale Özgür Gündem, le riviste Bilim ve Gelecek, Tavir e Yuruyus sono soltanto alcuni esempi di media colpiti in questi ultimi anni. Con una serie di cambiamenti legislativi è diventato più facile impedire l’accesso a un singolo articolo, oppure ad un sito intero. Diversi giornalisti sono stati denunciati in base all’articolo 158 (poi rafforzato con l’introduzione dell’articolo 299 nel Codice Penale) della Costituzione (eredità dell’ultimo colpo di stato), che vieta ogni tipo di dichiarazione che “offende” il Presidente della Repubblica. Tra i colpiti con questo ci sono fumettisti, studenti, politici e minorenni impegnati nei social media; fin dai primi mesi del 2015 236 persone sono state denunciate, 105 processate e 8 condannate al carcere.
Can Dundar ed Erdem Gul fanno parte di questa lunga serie. La loro vera colpa è stata quella di scrivere articoli su due Tir fermati nel 2014 in due tempi diversi e in due località diverse dalla gendarmeria con il mandato di un giudice. Due Tir pieni di armi, guidati dagli uomini dei servizi segreti e diretti verso il confine con la Siria. Considerando la ferma opposizione del governo dell’AKP al governo siriano e il suo fanatico appoggio politico alle opposizioni “moderate” in Siria, la notizia e i suoi approfondimenti hanno avuto larga eco nel paese per vari giorni, con un eccellente lavoro giornalistico, diffuso dal quotidiano nazionale Cumhuriyet e costituito da fotografie, interviste, video e diversi documenti. Pochi giorni dopo, all’inizio di giugno, il Presidente della Repubblica Recep Tayyip Erdogan ha denunciato Can Dundar.
Fino a quel momento il governo AKP insieme al Presidente della Repubblica sostenevano che quei Tir fossero pieni di aiuti umanitari destinati ai turcommani presenti in Siria. Grazie al lavoro giornalistico di Can Dundar e dei suoi colleghi ormai tutto era diventato chiaro, creando un certo fastidio. Con passare del tempo Dundar è stato accusato di reati che non avevano nulla a che fare con la sua attività giornalistica e il giudice ha chiesto una condanna a 42 anni di carcere. Dopo il recente abbattimento dell’aereo russo da parte dell’esercito turco, il Presidente della Repubblica ha cambiato la versione e preso di mira tutti quelli che non avevano creduto alle sue prime dichiarazioni: “Vi ricordate del caso dei Tir guidati dai servizi segreti? C’è ancora qualcuno che senza vergognarsi ne parla in prima pagina. Erano dei Tir che portavano aiuti ai nostri fratelli turcommani a Bayirbucak. Secondo alcuni io sostenevo che si trattasse di aiuti umanitari, ma non armi. Chi se ne frega se c’erano o meno delle armi? Chi continua a scrivere sul caso dei Tir fa parte di un’attività di spionaggio e il giornalista che diffonde queste notizie la pagherà cara. Io non lo lascerò tranquillo”.
Pochi minuti prima che venisse comunicata la notizia del suo trasferimento nel carcere speciale di Silivri, Can Dundar ha pronunciato queste parole in aula di fronte al giudice: “Non sono il primo a parlare dei Tir guidati dai servizi segreti. Dobbiamo chiederci come mai gli agenti dei servizi segreti e la gendarmeria di un paese si trovano gli uni contro gli altri. Dobbiamo chiederci come mai il prefetto di una città si trova in conflitto con i giudici dello stesso Stato.
Abbiamo pubblicato le interviste fatte con i giudici coinvolti nel sequestro dei Tir. Abbiamo pubblicato le fotografie e i video del sequestro. Abbiamo svelato le dichiarazioni false in merito a questo trasporto. Anche l’attuale vice Primo Ministro, all’epoca nel partito all’opposizione, aveva sostenuto che la destinazione non erano i turcommanni in Siria. Possiamo coinvolgere anche lui come testimone. Abbiamo le riprese.
Qui si tratta di un reato nazionale e internazionale. Io non posso mentire per difendere il mio paese. Non posso collaborare per coprire i reati commessi. Uno Stato non acquista legittimità mentendo ai suoi cittadini. Magari alcuni uomini di Stato posso comportarsi in questa maniera, ma vorrei ricordare che io sono un giornalista. Io indago e ricerco. Troviamo delle armi dentro due Tir, nascoste sotto scatole di medicinali, non sappiamo dove vanno a finire e sentiamo delle dichiarazioni contraddittorie da parte di politici e amministratori.
Il mio lavoro da giornalista è quello di informare la gente. Abbiamo visto anche in passato che lo Stato commette dei reati e noi giornalisti dobbiamo lavorare per svelarli e forse in un certo senso contribuire a che questi errori non si ripetano.
I cittadini hanno diritto all’informazione. Io credo che la libertà di espressione sia più importante in certi momenti rispetto alla sicurezza dello Stato. Perché lo Stato non ha il diritto in nessun modo di commettere reati. Nessuna necessità di sicurezza può coprire questo fatto.
Con le ultime dichiarazioni del Presidente della Repubblica ormai sappiamo che siamo dalla parte del giusto. Lui dice: “Chi se ne frega se c’erano delle armi dentro quei Tir”. Io dico: “Chi se ne frega se ho diffuso una notizia del genere!” Se oggi noi verremmo condannati e arrestati non sarà perché abbiamo mentito, ma perché abbiamo svelato un reato. E se oggi avessi la stessa opportunità rifarei la stessa cosa”.
Il 1° novembre 2015 il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AKP) ha vinto con il 49,5% dei voti le ultime elezioni nazionali. Il 24 novembre il Presidente della Repubblica ha confermato la nuova formazione del governo. Nei giorni successivi le postazioni militari hanno abbattuto un aereo russo, due giornalisti sono stati arrestati ed è stato assassinato il co-presidente dell’Associazione degli Avvocati di Diyarbakir. Insomma, in Turchia, nulla di nuovo…
Per approfondire:
La pagella della censura dell’AKP: http://www.pressenza.com/it/2012/10/pagella-della-censura-della-turchia/
Un breve riassunto del processo OdaTv: http://www.eilmensile.it/2012/03/20/turchia-giornalisti-dentro-criminali-fuori/
63 giornalisti dentro: http://www.pressenza.com/it/2013/08/la-turchia-celebra-il-ramadan-con-63-giornalisti-in-carcere/
Nuovi arresti, giornalisti: https://www.ilcorsaro.info/altrove-2/continua-la-repressione-nuovi-arresti-in-turchia.html
Gladio turca: http://www.eastjournal.net/archives/29515
Fonte: Pressenza.com
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