di Domenico Gallo
Non sfugge a nessuno l’importanza di questa giornata. Con la votazione di questo pomeriggio alla Camera [11 gennaio 2016, ndr] viene a compimento la prima lettura della riforma costituzionale Boschi Renzi, quindi il testo di questa riforma diventa definitivo, non più contendibile, non più negoziabile.
Questa giornata ci annuncia una cattiva novella: che attraverso una profonda riforma della Costituzione il modello di Repubblica definito dai Padri costituenti è stato decretato obsoleto e mandato in archivio, con grandi espressioni di giubilo da coloro che hanno dichiarato che aspettavano questa riforma da 70 anni.
Per dirla con le parole di Maurizio Viroli, la cattiva novella è questa: “il 2016 consacrerà la fine della Repubblica nata 70 anni fa e il consolidamento del principato renziano.
Il regime renziano – precisa Viroli – è un principato perché con l’entrata in vigore dell’Italicum e della riforma costituzionale Renzi avrà sul Parlamento, ridotto ad una sola camera deliberativa (..) un potere di fatto senza limiti. A restringere il potere della maggioranza restano il Capo dello Stato e la Corte Costituzionale, ma sono deboli argini.”
Il regime renziano – precisa Viroli – è un principato perché con l’entrata in vigore dell’Italicum e della riforma costituzionale Renzi avrà sul Parlamento, ridotto ad una sola camera deliberativa (..) un potere di fatto senza limiti. A restringere il potere della maggioranza restano il Capo dello Stato e la Corte Costituzionale, ma sono deboli argini.”
In effetti l’impostazione di fondo che c’è dietro questo progetto di grande riforma (comprensivo della riforma elettorale), non è quello della revisione della Costituzione, ma del suo superamento, cioè dell’abbandono del progetto di democrazia costituzionale prefigurato dai padri costituenti per entrare in un nuovo territorio, dove le decisioni sono più “semplici”, perché, per legge, il governo è attribuito ad un unico partito, sciolto dagli impacci di dover mediare con partiti e partitini di una coalizione; dove il Parlamento è ridotto ad un’unica Camera (che legifera e dà la fiducia, mentre l’altra Camera, il Senato, ha un ruolo sostanzialmente decorativo), sottoposta ad un ferreo controllo da parte del Governo del partito unico, al quale la legge elettorale garantisce una maggioranza assicurata e la riforma costituzionale garantisce il controllo dell’agenda dei lavori parlamentari, dove le istituzioni di garanzia (Presidente della Repubblica, Corte costituzionale) sono deboli e non possono interferire con l’esercizio dei poteri di governo che, invece, sono “forti”.
Se questa è la cattiva novella, noi non siamo venuti qui a strapparci le vesti e a piangere sulla Repubblica tradita, noi siamo convenuti qui per annunciare una buona novella.
La buona novella è che la fine della Repubblica nata 70 anni fa non è per niente scontata, questo progetto può essere arrestato e rovesciato nel suo contrario. Grazie alla lungimiranza dei Costituenti l’ultima parola, quando nel Parlamento non vi è concordia sulle scelte di revisione, spetta al popolo sovrano.
Sono sempre valide le considerazioni di Raniero La Valle in occasione della riforma Berlusconi del 2005: “Cadute le linee di difesa del patto costituzionale, venuti meno i pastori posti a presidio dei cittadini, il popolo rimane ora l’ultimo depositario della legittimità costituzionale e l’ultima risorsa, l’ultima istanza in grado di salvare la democrazia rappresentativa nel nostro paese. Esso non dovrà semplicemente “difendere” la Costituzione del 48, ma dovrà instaurarla di nuovo. Non dovrà solo sottrarla all’oscuramento cui oggi è condannata, ma riscoprirla ed illuminarla come mai ha fatto finora.”
La buona novella è che è stato costituito il Comitato per il No al referendum costituzionale, che questo Comitato, che raccoglie i più autorevoli esponenti della cultura democratica, oggi inizia il suo percorso pedagogico mettendo a fuoco il discorso sui valori ed i principi della democrazia costituzionale, discorso che deve animare la battaglia che le associazioni, i soggetti politici e sindacali condurranno per convincere i cittadini italiani a votare No.
Quello a cui saremo chiamati è un referendum sui valori della Repubblica, sulla democrazia costituzionale, non sul Governo o sulla sorte di un Capo politico.
Bisogna respingere questa mistificazione, evitare che i contenuti del voto siano oscurati e che il referendum venga trasformato in un plebiscito volto ad acclamare un Capo politico.
Per questo il Comitato ha scritto a tutti i parlamentari invitando coloro che si oppongono alla riforma e votano no ad impegnarsi a chiedere, immediatamente, un minuto dopo la votazione finale, il referendum previsto dall’art. 138 Cost, in modo che sia chiaro che si tratta di un referendum oppositivo, chiesto dall’opposizione per chiamare il popolo a bocciare la riforma.
Deve essere respinto il mantra del conflitto fra riformatori (che vogliono modernizzare le istituzioni) e conservatori (che vogliono difendere i privilegi della casta).
Solamente la cancellazione della memoria può consentire di far passare come innovazione delle riforme istituzionali che tendono a restaurare forme di potere autocratico superate dalla storia. Soltanto attraverso la cancellazione della memoria si può far passare per innovativa una legge elettorale che restaura gli stessi meccanismi manipolatori della legge Acerbo.
E qui veniamo al secondo aspetto del dilemma che abbiamo dinanzi. La grande riforma si compone di due capitoli che costituiscono due facce dello stesso progetto: la revisione della Costituzione e la riforma elettorale.
Se possiamo dare per scontato che il popolo sarà chiamato a pronunciarsi sul referendum relativo alla riforma costituzionale, non è per niente scontato che il popolo possa pronunciarsi con un referendum anche sulla legge elettorale.
Per questo, un gruppo di cittadini ha depositato in Cassazione la richiesta di due referendum abrogativi relativi all’Italicum. Il primo quesito è volto ad abrogare il meccanismo dei capilista bloccati e delle pluricandidature, restituendo ai cittadini italiani la facoltà di scegliere i loro rappresentanti, il secondo quesito è volto ad abrogare il premio di maggioranza ed il ballottaggio, restaurando l’eguaglianza dei cittadini nell’esercizio del diritto di voto e la rappresentatività delle assemblee elettive.
Quindi si è costituito il Comitato promotore per i due referendum abrogativi dell’Italicum che in primavera raccoglierà le firme necessarie. Se l’iniziativa avrà successo il popolo italiano sarà chiamato, attraverso il referendum costituzionale ed il referendum abrogativo dell’italicum a restaurare la sovranità che in questi anni gli è stata sottratta.
E’ questa la seconda buona novella.
Il Presidente del Consiglio ha detto che “la riforma costituzionale è la madre di tutte le battaglie”.
Siamo perfettamente d’accordo con lui.
E’ bene che si ricordi l’esito che ebbe quella battaglia per quel capo politico che adoperò per primo quest’espressione.
Il testo pubblicato è la relazione introduttiva all'assemblea pubblica "Costituzione 1° Bene Comune" organizzata dal Coordinamento per la democrazia costituzionale lunedì 11 gennaio a Roma.
Fonte: MicroMega online
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