La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 29 agosto 2016

Referendum, l'incredibile "timidezza" della Cgil

di Fabio Sebastiani 
La singolar tenzone tra l'Anpi e Renzi ha un doppio motivo di interesse: saggiare la volontà del premier di entrare davvero nel merito degli argomenti della cosiddetta riforma costituzionale e, in più, avere un'idea, almeno un po' approssimativa, di quanto stiano agendo in profondità le ripetute chiamate allo schieramento nel mondo Pd. Un test non di poco conto più che per l'Anpi, che dall'ultimo congresso è uscita con una maggioranza bulgara sul no alle modifiche costituzionali, per la Cgil, che dallo scorso maggio ha preferito mantenere un atteggiamento di estrema prudenza.
Una prudenza sicuramente non nuova per quanto riguarda le tornate referendarie (quando si trattò di votare sulle manomissioni berlusconiane il coraggio fu decisamente maggiore) ma certamente più legata al calcolo politico, un po' miope per la verità, che ad altro. 
Il mondo Cgil, inutile dirlo, è attraversato direttamente da quello Pd, sia a livello di iscritti che a livello di quadri dirigenti. E con l'aria che tira dentro il principale partito di maggioranza meglio non rischiare troppo. 
Nel documento del Comitato direttivo le critiche all'impianto e alle soluzioni individuate da Renzi-Boschi si sprecano. Il punto è che non si arriva a dare una precisa indicazione di voto. Tanta premessa, insomma, non vale una degna conclusione. 
Pur senza esprimere una posizione ufficiale sul voto, la Cgil - conclude il documento - "si impegna a promuovere un'informazione di massa e momenti di confronto per favorire una scelta Partecipata e consapevole di lavoratori e lavoratrici, pensionati e pensionate, cittadini".
Un piccolo grimaldello che potrebbe servire al momento giusto per rendere più accentuato il profilo anti-riforme costituzionali della Cgil. Una pistola carica nello scenario della legge di stabilità e del confronto sulle pensioni? Può darsi. Anche perché la Cgil solo in questi mesi, stranamente, sembra essere riuscita nell'impresa di portare il Governo ad una trattativa su alcuni temi a lei cari. Il punto è che se la Cgil ha in mano un rivoltella carica, tra l'altro in perfetta coerenza con la sua strategia politicista, Renzi ha in mano un kalashnikov. La trattativa, compresa quella sul pubblico impiego, non contempla vincoli particolari. Il Governo è riuscito a creare un legame strettissimo tra disponibilità delle risorse e rivendicazioni sindacali. Stop. E tutto lascia presagire che qualsiasi cifra mette sul piatto, sia per quanto riguarda la previdenza che il rinnovo del contratto del pubblico impiego, verrà sbandierata come un'importante vittoria dai sindacati. 
L'unica possibilità è che nasca qualcosa dal basso che chieda un pronunciamento esplicito. Qualcuno ha anche lanciato l'idea di creare un legame più stretto, sempre a livello territoriale, tra Anpi e Cgil. Non sono solo le componenti dell'opposizione, a partire da "Il sindacato è un'altra cosa" che proprio ieri ha deciso nel corso dell'assemblea tenuta alla festa di Viareggio, di presentare un'ordine del giorno con la rischiesta esplicita di schierarsi per il "No", ma anche quelle che in qualche modo partecipano alla maggioranza sia nelle Camere del lavoro che nelle categorie. Il timore, avvertito un po' da tutti, è che nel "silenzio assordante" della Cgil poi valgano le "autorevoli prese di posizione" di questo o quel segretario di Camera del lavoro, e di categoria. 
Una situazione davvero singolare, considerando che da qualsiasi parte la si guardi la riforma, cosiddetta, di Renzi-Boschi propone contenuti inaccettabili proprio per quanto riguarda i temi del lavoro e del welfare. Pur, con tanta buona volontà, lasciando da parte l'abolizione delle province, che la Cgil sta ufficialmente combattendo, c'è una azione centralizzatrice verso le regioni che non promette nulla di buono per i lavoratori pubblici e per i cittadini. 
C'è poi un ultimo argomento che dovrebbe spingere per una netta presa di posizione da parte della Cgil: la Confindustria sta puntando molto sul "Sì". E' l'ultima carta da giocarsi in Europa, secondo il loro punto di vista, per poter godere di una qualche credibilità. E nel momento in cui il potere della Germania è sempre più totale e totalizzante, non è, sempre secondo la Confindustria, che lo scrive tutti i giorni sul "Sole 24 ore", una cosa di poco conto. Che fa la Cgil. 

Fonte: controlacrisi.org 

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