La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 7 settembre 2016

Il mainstream scopre la legge di Kaldor-Verdoorn

di Keynes blog
La teoria economica dominante non è nuova a incorporare concetti sviluppati dai filoni eterodossi. Isteresi, deflazione da debitimoneta endogena, crescita endogena sono solo alcuni degli esempi più noti di risultati delle teorie economiche non mainstrean (in particolare l’economia Post Keynesiana) che sono riproducibili in un modello ortodosso. A tale proposito segnaliamo ai lettori il paper Endogenous Technology Adoption and R&D as Sources of Business Cycle Persistence, di Diego Anzoategui, Diego Comin, Mark Gertler, Joseba Martinez, NBER Working Paper No. 22005, February 2016 (qui la versione preliminare liberamente consultabile).
Gli autori prendono in considerazione l’ipotesi che il rallentamento della crescita della produttività a cui si assiste nei paesi industrializzati dopo la Grande Recessione del 2009 è, in parte, una risposta endogena alla contrazione della domanda. Attraverso un modello DSGE con produttività totale dei fattori endogena gli autori trovano che una frazione significativa del calo del tasso di crescita della produttività post-Grande Recessione è data da un peggioramento delle aspettative delle imprese sulla domanda aggregata. Secondo gli autori le imprese hanno ridotto ricerca e svuluppo e l’adozione di nuove tecnologie perché non stimolate da una aspettativa di crescita della domanda e questo ha causato il rallentamento della produttività.
Al di là dell’uso di apparati mainstream, a partire dalla Total Factor Productivity, il risultato ricalca la nota legge di Verdoorn, la quale asserisce che vi è una relazione tra crescita dell’output e produttività. La formulazione di Verdoorn risale addirittura al 1949. Nel 1966 Nicholas Kaldor diede una sua formulazione della legge, che da allora ha preso il nome di legge di Kaldor-Verdoorn. Secondo Kaldor l’aumento della domanda induce una serie di reazioni da parte delle imprese che determinano l’aumento della produttività del lavoro. In particolare secondo Kaldor giocano un ruolo fondamentale: 1) le economie di scala; 2) l’apprendimento attraverso il fare da parte dei lavoratori (learning-by-doing); 3) la specializzazione produttiva verso beni per l’esportazione; 4) l’endogeneità del progresso tecnico attraverso l’accumulazione del capitale; 5) i processi di causazione cumulativa.
In altre parole, secondo Kaldor e i suoi successori un aumento della domanda, in particolare quella estera, induce le imprese ad aumentare la produzione attraverso un incremento della dotazione di capitale, riuscendo così a produrre più output per ora lavorata; a ciò si aggiunge l’accumulo di esperienza da parte dei lavoratori (i mainstream parlerebbero di aumento del “capitale umano”). Inoltre l’aumento della scala produttiva in risposta alla domanda permette di produrre di più a parità di ore lavorate; e, ancora, se l’aumento della domanda è causata da un incremento della domanda estera, la produzione si sposterà verso settori con produttività più elevata e in complesso ciò si tradurrà in un aumento della produttività dell’intera economia.
Sul filone inaugurato da Verdoorn e Kaldor si sono sviluppati gli studi di altri grandi economisti eterodossi, tra cui segnaliamo Antony Thirwall e Paolo Sylos Labini.
A quasi 70 anni dalla formulazione di Verdoorn, l’affermazione che la produttività dipenda (anche) dalla domanda rimane tuttavia ancora un tabù per la gran parte degli economisti, che continuano a ragionare nei termini del modello di Solow. Speriamo che questo paper faccia aprire gli occhi a quanti ritengono che per aumentare la produttività bastino le politiche sul lato dell’offerta. 

Fonte: Keynesblog.com 

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