La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 4 settembre 2016

Post Neoliberismo. Dal Latinoamerica un antipasto di quello che avverrà

di Federico Palumbo
I recenti avvenimenti in Latinoamerica, dall’elezioni di Macri in Argentina alla destituzione di Dilma in Brasile, sono un antipasto del nuovo scenario mondiale che si sta profilando. Dopo il fallimento del neoliberismo, dichiarato dallo stesso FMI, assistiamo ad una avanzata delle “Corporations” su tutto e a tutti i costi, in primo luogo con la manipolazione dei media e del potere giudiziario. C’è uno schema che si sta ripetendo in diversi paesi che consiste in una denuncia mediatica di grande clamore e volume, perpetrata con l’appoggio dei gruppi editoriali, che finisce con il dare adito a una denuncia giudiziaria.
La combinazione delle due cose, potere mediatico e giudiziario ha portato, come abbiamo visto, in diversi casi a sconfitte elettorali. Nel 2015, in Argentina, il candidato Anibal Fernández fu travolto da uno scandalo legato alla droga proprio in campagna elettorale, scandalo che poi si è rivelato infondato. Ma intanto perse l’elezione nella provincia di Buenos Aires, principale distretto elettorale del paese con 12 milioni di voti.
Qualcosa di simile successe con Amado Boudou, all’epoca Vice Presidente in Argentina e probabilmente il miglior successore dopo Cristina, che fu costantemente calunniato, denunciato ed eliminato politicamente con fango mediatico e denunce, dimostratesi poi inconsistenti. Anche in questo caso, fu raggiunto l’obbiettivo di squalificarlo.
Nell’agosto 2016 Hebe de Bonafide, fondatrice delle Madri di Plaza de Mayo, storica organizzazione per la difesa dei diritti umani, ha ricevuto una denuncia per “incitazione alla violenza” e “attentato all’ordine pubblico” per aver organizzato delle marce di protesta. Successivamente ha ricevuto un mandato di arresto per essere obbligata a testimoniare indebitamente (nel suo caso non c’era l’ obbligo di dare testimonianza) in una causa che gli hanno fatto per ingiustificato arricchimento. L’arresto non è stato possibile per l’intervento di migliaia di persone che si sono opposte alla polizia.
In Brasile Lula è stato trascinato a forza a testimoniare per presunte violazioni, che tuttora sono senza un giudizio, attivando la macchina del fango con l’obiettivo di screditare il futuro candidato presidenziale.
In fine abbiamo assistito alla destituzione di Dilma, che costituisce forse uno dei più gravi episodi di questa escalation contro i governi popolari del Latinoamerica.
Il fatto che il Brasile sia rimasto in mano ad un governo che risponde a potenti lobby economiche, avrà delle conseguenze globali, perché il Brasile è parte dei BRICS (associazione economica tra Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica). I BRICS sono, in qualche modo, un tentativo di creare una multipolarità al quadro globale.
Allo stesso tempo assistiamo ad un fallimento provvisorio del TTPI in Europa, cosa che potrebbe dimostrare un certo caos e perdita del controllo da parte delle Company. Questo, nonostante sia una sconfitta per le Multinazionali, è comunque motivo di preoccupazione. In Europa crescono i movimenti popolari e c’è una indignazione crescente per le politiche comunitarie principalmente a favore delle Company.
Sebbene il TTPI sia un trattato che unilateralmente favorisce solo i grandi poteri economici a discapito delle popolazioni, il suo fallimento ci dimostra la difficoltà delle Company nella loro avanzata su scala globale, e prepara il terreno a conflitti socio-economici e armati di scala maggiore: non c’è dubbio che le Multinazionali nella loro frenesia sregolata di inglobare tutto avanzeranno in modo spregiudicato.
Vediamo anche cosa sta succedendo in Siria, Iraq e Medio Oriente nella presunta lotta al terrorismo dell’ISIS, una organizzazione creata e sfuggita di mano agli stessi Stati Uniti: è venuto a crearsi, uno scacchiere caotico con l’intervento di diversi attori che non trovano un accordo e facendo crescere sia il confronto militare sia quello mediatico. È una guerra che prolifera per le brame della lobby delle armi, e che da tempo sta sfuggendo di mano.
Un futuro incerto globalmente sta avanzando e stiamo entrando in una epoca di “post neoliberismo” dove le Lobby e Company hanno abbandonato i discorsi accademici del libero mercato, del libera concorrenza, della “non ingerenza dello Stato nell’economia”, della “Mano di Dio” che autoregola il mercato. Queste teorie alla fine si sono dimostrate false giacché quello che hanno prodotto sono maggiori squilibri e ingiustizia su scala globale. L’1% continua ad arricchirsi, oggi esistono 16 famiglie che controllano il 94% delle risorse globali: queste sono le Company, anche dette Lobby, Multinazionali, o gruppi finanziari internazionali, proprietarie del mondo.
In Europa viviamo un relativo benessere dovuto anche allo sfruttamento delle risorse di altri paesi. Come cittadini poco sappiamo di come vive il 20% più povero. In questo breve video potete farvi una passeggiata in uno “slum” (baraccopoli).
In Europa le maggiori Company del web hanno rivoluzionato la pubblicità, la comunicazione e le vendite online, acquisendo fette di mercato cospicue. Ma con diversi escamotage legali e operazioni di lobbying sono riuscite a pagare tasse esigue o inesistenti. È la dimostrazione che queste big Company hanno un potere difficile da contrastare: gli stessi governi, nonostante applichino formalmente multe e richiami, in fin dei conti sono al loro servizio.
Le uniche forze che potranno contrastare questo nuovo scenario sono gli insiemi umani organizzati nelle loro molteplici declinazioni. Di questo ci stiamo occupando nella preparazione di una serie sulle Organizzazioni Sociali in Latinoamerica.
In primo luogo vogliamo tornare a raccontare cosa è successo in Argentina dopo il documentario “Tupac Amaru Algo está cambiando”.

L’Argentina e la Tupac Amaru

Il caso della Tupac Amaru, una delle principali Organizzazioni Sociali in Argentina è emblematico, perché anticipa lo scenario nella quale a grande velocità gli eventi ci stanno catapultando.
Siamo nell’Argentina del 2001 quando sorge la Tupac Amaru: il crack prodotto dalle politiche neoliberiste imposte dal FMI ha lasciato molti lavoratori per strada, senza servizi sociali, strutture sanitaria e perfino emarginando dal sistema scolastico le frange più povere della popolazione. Nel nord del paese, nella provincia di Jujuy, le proteste sono molto accese e per 5 volte il Governo provinciale viene destituito. Poi arriva alla Presidenza della Nazione Nestor Kirchner e iniziano delle politiche fuori dagli schemi dominanti del neoliberismo. Si crea una sinergia tra la Tupac Amaru e lo Stato, che permette di costituire decine di cooperative e sviluppare un progetto di “edilizia popolare” voluto dal governo, costruendo centinaia di case, (poi diventate migliaia). La Tupac dà lavoro agli emarginati e reinveste tutti i profitti nella costruzione di fabbriche, scuole, centri di salute, centri sportivi. Inizia un circolo virtuoso dove si vede come le case della Tupac non solo siano migliori e fatte celermente, ma gli introiti che gli altri imprenditori trattengono sono, in questo caso, reinvestiti a favore dalla comunità.
La Tupac Amaru è cresciuta e in 14 anni ha costruito decine di quartieri, già in molte province dell’Argentina. La sua leader, Milagro Sala, è indigena e incarna il riscatto di queste popolazioni da sempre discriminate. Inizia anche una grande pressione perché i mandanti dei genocidi avvenuti durante le dittature del secolo passato siano finalmente processati. Inizia un processo verso Balquier e altri imprenditori locali, latifondisti e padroni di buona parte della Provincia.
Questa ripresa del potere da parte di migliaia di cittadini produce una forte reazione sia da parte dei poteri economici locali sia di quelli nazionali. Inizia la macchina del fango mediatico, con denunce infondate di violenza, di possesso di armi, di sfruttamento della prostituzione, di deviazione di fondi. È grazie a queste accuse infamanti che la Tupac Amaru viene conosciuta a livello nazionale e perfino a livello internazionale dove, diversi settori progressisti si schierano in sua difesa.
Nel dicembre 2015 Maurizio Macri vince le elezioni presidenziali per 300 mila voti, con una campagna elettorale basata in strategie di marketing e in menzogne, godendo del sostegno dei principali media, schierati dalla sua parte. Nei primi 3 mesi di governo vengono assolutamente disattese le sue promesse elettorali e il paese inizia un processo di caduta senza precedenti: la moneta si svaluta del 20%, l’inflazione arriva oltre il 40%, oltre un milione di nuovi poveri, crescono le favelas, i settori ricchi ricevono sgravi fiscali e inizia un rapido processo di privatizzazione dei settori strategici.
A Jujuy arriva al potere il nuovo governatore alleato di Macri e con un pretesto arresta Milagro Sala durante una protesta pacifica in piazza. Sono immediate le proteste nel paese e a livello internazionale. Plaza de Mayo è occupata per tre mesi dalle principali organizzazioni sociali e politiche del paese. Amnesty International lancia una petizione urgente. Nonostante le proteste, Milagro è ancora detenuta, ci sono ulteriori 10 arresti. Jujuy è teatro di repressioni e rastrellamenti. Gli avvocati difensori di Milagro sono multati e minacciati in diverse occasioni. Per diretta ingerenza del governatore Morales, nella corte della Giustizia provinciale entrano due ex deputati suoi alleati e un pool di magistrati inizia a creare denunce contro Milagro Sala e altri diversi esponenti della Tupac Amaru. Gli editori locali e nazionali, alleati di Morales, fanno partire la macchina del fango mediatico, con toni misogini e discriminatori.
Tuttora Milagro Sala è in carcere senza reali motivazioni per la sua detenzione. Con il suo caso vediamo la criminalizzazione della protesta, l’uso del potere giudiziario per neutralizzare le organizzazioni sociali, che sono l’istanza organizzata che difende le necessità basilari della popolazione. Tutto quello che ha costruito la Tupac Amaru, migliaia di case, scuole, centri di salute, centri sportivi è in abbandono, quando non peggio come il trasferimento nelle mani dei “potenti” che attraverso il governo provinciale o cooperative fantoccio si stanno accaparrando la ricchezza che ha generato questa organizzazione sociale.
Continua la protesta a livello nazionale e internazionale, esistono petizioni all’ONU e interpellanze in molti paesi.
Le lobby stanno mostrando il loro vero volto, si accaparrano dei beni comuni senza più necessità di giustificare questi atti con una ideologia, il neoliberismo. Sta arrivando un mondo dove l’ingiustizia sociale, con l’1% della popolazione che continua ad accumulare ricchezza a scapito del restante, si rinforzerà e le uniche organizzazioni che potranno anteporsi a questo futuro infausto sono quelle che si costituiscono a partire dalla base sociale e in base alle necessità fondamentali: un reddito, una casa, salute, educazione, diritti civili.
L’ideologia neoliberista è nata negli ambienti accademici degli Usa negli anni ‘40, ambienti al servizio delle Company. Ma è in Latinoamerica che è stato possibile instaurare questo modello economico, grazie alle dittature che hanno privatizzato e iniziato il processo di deregulation. Diversi decenni dopo, in Latinoamerica, sono sorti dei governi popolari che hanno iniziato a costruire politiche sociali fuori dagli schemi neoliberisti, ma che ora affrontano una avanzata dei poteri conservatori che vogliono recuperare il potere perduto e frustrare ogni tentativo di riequilibrare la ricchezza.
La storia della Tupac Amaru è emblematica perché ci anticipa uno schema violento che vedremo ripetersi in molti luoghi. Ma anche ci mostra come sia possibile costruire benessere.
In Latinoamerica non possiamo che aspettarci una crescita della repressione della protesta sociale, qualcosa di simile alle dittature del secolo passato, golpe realizzati non dagli eserciti, ma dal potere mediatico e giudiziario, su mandato dell’1%. Una nuova Operazione Condor.

Fonte: Pressenza 

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