Intervista a Silvana Agatone di Ingrid Colanicchia
Ci tiene a sottolineare che i ginecologi non obiettori sono ginecologi a tutto tondo, che si sono preparati per seguire le donne in tutte le fasi della loro vita – dall'adolescenza alla maternità alla menopausa – e che quindi non le lasciano sole nel momento in cui decidono di interrompere una gravidanza indesiderata o segnata da malformazioni o malattie del feto. Silvana Agatone è appassionata e combattiva nonostante sappia benissimo che la battaglia per la piena applicazione della legge 194 sull’interruzione volontaria di gravidanza non è affatto semplice. L’obiezione di coscienza nel nostro paese è in aumento e cresce il numero degli ospedali che non offrono questo servizio. Ma la Libera Associazione Italiana Ginecologi per l’applicazione della Legge 194 (Laiga) – di cui Agatone è presidente e che ormai conta quasi 3mila iscritti tra ginecologi, anestesisti e personale consultoriale – non getta la spugna e in questi giorni si riunisce a Milano per studiare nuove strategie. Sempre dalla parte delle donne.
Il 20 e 21 marzo Laiga si riunisce per il suo quarto Convegno nazionale: quali i temi all’ordine del giorno? Quali le urgenze?
"Prima di tutto parleremo di “aggiornamento”, un aspetto del nostro lavoro fortemente sottovalutato, assente persino dai congressi “istituzionali”. Nel 2011 per esempio abbiamo invitato un medico che lavora in Emilia Romagna dove la Ru486 si somministra in day hospital affinché ci spiegasse come fare, anche a livello burocratico, per far sì che lo stesso avvenisse anche nel Lazio, dove invece era previsto l’obbligo di ricovero per tre giorni. Più ci aggiorniamo su tutte le questioni relative alla salute riproduttive delle donne e più siamo in grado di spingere affinché gli ospedali si preoccupino di attivare questi servizi e di farlo nella maniera migliore."
Ho letto che farete anche il punto circa i due reclami mossi nei confronti del governo. Di cosa si tratta?
"Negli anni passati per ben due volte ci siamo appellati al Consiglio d’Europa per denunciare la mancata applicazione della legge 194: la prima volta tramite l’International Planned Parenthood Federation, la seconda tramite la Cgil. In entrambi i casi il Comitato Europeo dei Diritti Sociali del Consiglio d’Europa ci ha dato ragione: il primo reclamo è stato accolto l’8 marzo 2014, il secondo l’11 aprile 2016. Due belle strigliate per la ministra della Salute, la quale, nel corso di quest’anno sarà anche chiamata a rispondere circa i provvedimenti presi a riguardo."
Come mai quest’anno avete scelto di riunirvi in Lombardia? Simbolicamente non sarebbe stata meglio una città del Meridione dove maggiori sono i problemi relativi all’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg)?
"È vero: il Sud ha molti problemi ma anche il Nord non scherza. Basti pensare all’enorme influenza di Comunione e Liberazione in Lombardia. Non ci dimentichiamo cosa tentò di fare Formigoni da presidente della Regione! Correva l’anno 2008 e la Lombardia si dotò di linee guida che stabilivano il termine ultimo per l’aborto terapeutico (quello oltre i 90 giorni) alla 22.ma settimana. Ora, la legge 194 non pone un termine preciso ma scientificamente si parla di «aborto» - si usa questo termine - fino alla 25.ma settimana: così facendo Formigoni mirava a restringere i tempi, dando un chiaro segnale. Per fortuna il Tribunale amministrativo regionale bloccò tutto dichiarando la disciplina illegittima. Ecco, scegliendo la Lombardia come sede di questo nostro quarto convegno, abbiamo voluto accendere i riflettori su questa realtà. Tra l’altro parleremo anche di come, in questa regione, stiano fiorendo i consultori cattolici mentre quelli pubblici sono allo stremo."
Nell’ultima Relazione del Ministero della Salute sull’attuazione della 194 (inviata al Parlamento nel dicembre scorso) si legge che nel 2015 il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza è diminuito del 9,3% rispetto all’anno precedente. Come commenti questo dato? Può aver influito, come ipotizza la stessa Relazione, la determina AIFA del 21 aprile 2015 che elimina, per le maggiorenni, l’obbligo di prescrizione medica della cosiddetta “pillola dei 5 giorni dopo”?
"È uno degli elementi che può aver influito su questo dato. Ma l’aspetto da tenere veramente in considerazione è un altro: la Relazione fornisce un quadro distorto della realtà. La ministra Lorenzin dice che va tutto bene, che non ci sono criticità, ma sono gli stessi dati diffusi dal Ministero a smentirla. Tra il 2013 e il 2014 l’obiezione di coscienza, già non irrisoria, è salita dello 0,5%, passando dal 70,2% al 70,7% su base nazionale. La ministra dice poi, come se fosse un risultato positivo, che il 59,6% degli ospedali pratica interruzioni volontarie di gravidanza: ma questo significa che c’è un 40,4% che invece non offre questo servizio! Inoltre, solo il 10% degli ospedali fa aborti terapeutici. Nel Lazio siamo in sette a farli! Mentre la legge 194, all’articolo 9, stabilisce che tutti gli enti ospedalieri devono garantire tutti e due i tipi di aborto (quello prima dei 90 giorni e quello dopo i 90 giorni). La domanda da farsi è: come viene redatta questa Relazione? Come vengono raccolti i dati? Faccio un esempio concreto. Per ogni Ivg praticata il medico deve compilare una scheda da inviare all’Istat. Prendiamo il caso di quello che fino allo scorso anno era l’unico ginecologo non obiettore dell’intera provincia di Trapani. Faceva 80 aborti al mese. È andato in pensione e l’ospedale non ha fatto nulla per rimpiazzarlo. L’Istat non riceve dunque più neppure una scheda dalla provincia di Trapani. E quale conseguenza se ne trae? Che anche se non c’è neppure un medico non obiettore non fa niente! Ma le donne che vivono in provincia di Trapani continuano ad avere bisogno di questo servizio! La Relazione in pratica non studia la domanda da parte delle donne. E non concentrandosi su questo aspetto è solo con grande arroganza che può concludere che va tutto bene. La verità è che i non obiettori diminuiscono e quindi diminuiscono gli aborti alla luce del sole. Ecco come dobbiamo interpretare quel dato."
Nella Relazione del Ministero si legge anche che per quanto riguarda «i carichi di lavoro di ciascun ginecologo non obiettore non emergono criticità nei servizi di Ivg». È così?
"Il punto non è il carico di lavoro in sé e per sé. Non è di questo che noi ginecologi non obiettori ci lamentiamo. È che, dato l’altissimo numero di obiettori, specie in alcune regioni, ci ritroviamo a lavorare in condizioni difficilissime, estremamente stressanti. Non ci dimentichiamo che lavoriamo anche nell’emergenza e capita che ci ritroviamo a fare anche, che so, da ferristi perché quello di turno ci ha risposto: “A dottò io obietto, non mi compete”. Ma le azioni poste in essere dal ferrista non determinano l’aborto, né quelle poste in essere dall’anestesista. Ecco, in una situazione in cui tutti possono esercitare il diritto all’obiezione, il ginecologo non obiettore si ritrova solo e costretto a lavorare in condizioni di grande stress. E poi vorrei che passasse il messaggio che non ci occupiamo solo di aborti e che non è questo il nostro spirito: siamo ginecologi a tutto tondo e abbiamo studiato per seguire le donne in tutte le fasi della loro vita: dall'adolescenza alla maternità alla menopausa, e non le lasciamo sole quando decidono di interrompere una gravidanza."
Proprio in questi giorni il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione che invita gli Stati membri a garantire che l’obiezione di coscienza non impedisca l’accesso alle cure mediche…
"Vedere messo nero su bianco a livello europeo il principio del bilanciamento dei diritti è una grande vittoria. E speriamo che a forza di reclami e risoluzioni si riesca a garantire che tutti gli ospedali prestino il servizio e che questo non sia affidato a un unico non obiettore, che magari ogni tanto avrà pure il diritto di ammalarsi o di andare in ferie."
Come commenti la vicenda del San Camillo e del concorso per due medici non obiettori che tanto ha infiammato il dibattito giusto qualche settimana fa?
"Mettiamola così. C’è da assumere un medico per un Centro trasfusionale e si presenta per l’incarico un testimone di Geova, il quale afferma che intende effettuare solo gli esami diagnostici e non le trasfusioni. Che fai lo assumi? Ecco, le polemiche seguite al concorso del San Camillo sono ridicole. Tutti a stracciarsi le vesti per quella vicenda ma nessuno ha mai detto niente contro il fatto che i ginecologi non obiettori non possono partecipare ai concorsi e non saranno mai assunti al Gemelli, a Villa San Pietro o al Fatebenefratelli: tutti ospedali religiosi, ma inseriti nel Sistema sanitario nazionale, che fanno obiezione di struttura. E a nessuno fa problema che alle scuole di specializzazione in ginecologia di Tor Vergata e del Sant’Andrea siano tutti obiettori. Ma il fatto che solo una delle cinque scuole di specializzazione di Roma faccia Ivg (il Policlinico Umberto I) è un problema serissimo: se i ginecologi non vengono neppure formati a fare aborti, dopo la mia generazione chi li praticherà? Chi garantirà l’applicazione della 194?"
Fonte: MicroMega online
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