La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 21 marzo 2017

L’arte pubblica e la rigenerazione creativa delle città italiane

di Luca Martinelli 
L’articolo 9 della Costituzione campeggia sul muro della ex scuola di Bonito (Av). Può leggerlo chiunque attraversi il centro storico del borgo irpino, circa 2.500 abitanti: “la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura” e “tutela il paesaggio e il patrimonio storico artistico della Nazione”. Cento metri più avanti, lungo il corso, c’è invece uno dei 150 murales più belli dipinti nel 2016 nel mondo, secondo il prestigioso magazine WideWalls (www.widewalls.ch): si tratta di “Blind” -un’opera del muralista italiano Millo, www.millo.biz, ispirata dalle scarpe disegnate dallo stilista Salvatore Ferragamo per l’attrice Judy Garland, che nel 1939 interpretò Dorothy nel film “Il mago di Oz”-.
“A volte come ciechi non vediamo la magia, la bellezza, l’unicità che è nascosta in ognuno di noi, come ciechi agiamo dimenticando quanto siamo speciali. Riscoprite il vostro arcobaleno” scrive Millo, che è arrivato a Bonito per partecipare ad “Impronte”, festival di arte urbana ideato dal Collettivo Boca (www.collettivoboca.it), attivo in Irpinia dal 2011. “Nel 2016 -racconta David Ardito, direttore artistico di ‘Impronte’- abbiamo dedicato il ‘Bonito Contest Art’ a Salvatore Ferragamo, che era nato qui a fine Ottocento. Abbiamo scelto cinque calzature, in collaborazione con il Museo Salvatore Ferragamo, e legato ognuna a un artista e a cinque temi: natura, animali, donne, architettura e astrattismo”. Il festival è durato 5 mesi, accompagnato da laboratori per ragazzi, incontri pubblici e -in estate- una mostra in collaborazione con il Museo Ferragamo. A fine 2016, sui muri di Bonito ci sono una quarantina di opere. “Crediamo che l’arte pubblica contemporanea debba arrivare nei contesti più piccoli -spiega Ardito-, mentre la street art è associata a contesti metropolitani”. Come Milano, dove Millo è stato protagonista della rigenerazione del Giardino delle Culture, tra via Morosini e via Bezzecca, una ex discarica divenuta area condivisa: le sue due opere sono un simbolo di rinascita, e le icone che raccontano il progetto su Facebook.
Torniamo a Bonito, però: un tour del borgo, guidato da David Ardito, fa emergere tutti i temi legati al grande sviluppo dell’arte pubblica urbana in Italia negli ultimi 5 anni, con una trentina di festival e interventi di arte pubblica urbana in almeno 185-190 Comuni italiani, secondo il censimento dell’Osservatorio sulla creatività urbana di INWARD (www.inward.it), disponibile sul sito italiangraffiti.anci.it. Oltre ai muri “pubblici”, a Bonito alcuni interventi si svolgono anche su pareti di “proprietà privata”, cittadini che hanno chiesto di esser coinvolti; i murales possono diventare una risorsa per promuovere il turismo: nell’estate del 2016, a Bonito sono arrivate oltre 2mila persone; alcuni murales sono (solo) opere d’arte, altre hanno anche finalità di carattere sociale, come il braccio che appende un cartello “torno subito” su un edificio mai terminato, uno dei tanti scheletri del post-terremoto 1980.
Luca Borriello, direttore ricerca di INWARD, coordina il Tavolo nazionale di esperti di Street Art promosso da ANCI Giovani e Agenzia nazionale per i giovani, che s’è riunito per la prima volta a novembre del 2016. Cinque anni e mezzo fa aveva organizzato i primi Stati Generali della Creatività Urbana, sotto l’egida della presidenza del Consiglio dei ministri. Tra le due date è passata un’era geologica: “Allora si parlava di graffiti writing e in pochi dipingevano grandi facciate, mentre tra gli enti locali c’era chi ancora fraintendeva il fenomeno, considerandolo per intero una forma di ‘vandalismo’; oggi, in alcuni casi, capita addirittura che i Comuni si avvicinino così tanto da voler governare e gestire programmi e interventi di street art, pur non avendone la minima conoscenza”. L’evoluzione del settore si è accompagnata anche a quella biografica: oggi molti street artisti hanno tra i 30 e i 40 anni, e hanno scelto di farne il proprio mestiere. Ciò pone due ordini di problemi: da una parte, l’immaginario “pubblico” è spesso bloccato sul muralismo come attività giovanile, che nelle amministrazioni finisce col dipendere da settori e assessorati che hanno budget striminziti, e questo porta anche a considerare il fenomeno come fatto da sempre-giovani che necessitano di un canale di sfogo. “In alcuni casi le superfici date in concessione, dopo un certo arco di tempo, vengono nuovamente dipinte da altri, senza il minimo rispetto verso gli interventi precedenti, magari su un tema molto sentito e condiviso dalla comunità. Gli enti dovrebbero comportarsi come quando scelgono di realizzare un’opera pubblica in una piazza: l’incarico si affida tramite concorso o su selezione, istruiti dagli uffici preposti, affiancati da esperti; l’artista che vince fa un’installazione e questa viene pagata. Perché uno street artista che dipinge 400 metri quadrati non deve essere pagato a prescindere? Perché la sua non è considerata un’opera d’arte? Ci sono prezzari regionali in cui il costo medio di un imbianchino è superiore al costo di un muralista per la stessa superficie”.
Nel 2017, INWARD avvierà un progetto formativo per creare la figura dell’“operatore per la creatività urbana”, grazie a un finanziamento del dipartimento della Gioventù della presidenza del Consiglio. Servirà -secondo Borriello- a valorizzare un settore che rappresenta “non solo riqualificazione artistica di un’area, ma anche l’innesco essenziale di rigenerazione sociale”. Un esempio viene dal Parco dei Murales, a Ponticelli, nell’hinterland di Napoli, un progetto curato da INWARD e che vede anche il coinvolgimento di partner privati nella riqualificazione di un complesso pubblico. Oggi si organizzano tour per visitare quello che è un vero distretto della street art, nel complesso residenziale popolare del Parco Merola, con le prime 4 opere ispirate ad altrettanti temi rilevati per la comunità: integrazione, gioco, calcio, lettura. “Quello dedicato al calcio richiama l’attenzione del Comune su un’esigenza dei ragazzi del Parco, che hanno desiderio di un campetto, senza rincorrere più il pallone su una spianata in cemento”, racconta Borriello.
Da Sud a Nord, sono tantissime le declinazioni dell’arte pubblica urbana. Giuseppe Stagnitta è l’ideatore di Emergence, dal 2012 a Giardini Naxos (Me, www.emergencefestival.com): “Il nostro -racconta- è un festival ‘istituzionale’: il pieno sostegno dell’amministrazione ci ha permesso dal 2012 di tenere fuori gli sponsor, e questo fa sì che partecipino anche gli artisti più ‘politici’ del movimento. Stiamo realizzando un vero museo a cielo aperto, e il festival è in ottobre, contribuendo così anche a de-stagionalizzare il turismo”. L’ultima opera, realizzata al porto, accoglierà i partecipanti al prossimo G7 di Taormina (in programma fine maggio). Stagnitta è anche il promotore di opere “monumentali”, come definisce quelle realizzate sui silos nei porti di Catania, Gela e -nel 2017- Palermo.
Negli uffici turistici del capoluogo siciliano, intanto, è disponibile una Street Art Map, un bel progetto di Street Art Factory (streetartfactory.eu) che ha censito tutte le opere presenti in città. La Factory gemma da PUSH, laboratorio che si occupa di design per l’innovazione sociale e che -spiega Mauro Filippi- “si è avvicinato alla street art promuovendo laboratori con gli artisti come strumento per combattere l’abbandono scolastico nel quartiere di Borgo Vecchio”. Tutte le opere censite a Palermo sono (formalmente) abusive, mentre all’altro capo del Paese, a Torino, dalla fine degli anni Novanta l’amministrazione ha messo a disposizione dei muri, con il progetto “Murarte”. “Dal 2017 avremo a disposizione nuove superfici, dopo aver vinto un bando del Comune con l’associazione ‘Il cerchio e le gocce’” racconta Riccardo Lanfranco: oggi è uno degli esperti del Tavolo nazionale, nel 1999 aveva vent’anni e insieme ad altri ragazzi riuscì a convincere Palazzo di Città ad avviare il programma. Sul sito del Comune c’è una pagina dedicata all’“offerta muri”.
Luca Pichenstein, classe 1990, ha invece contribuito a disseminare murales in Trentino, organizzando il festival Wall Lettering -in Val di Non e Val di Sole, fino al 2015- e quindi Tag 38060, a Villa Lagarina, con l’associazione MultiVerso (facebook.com/tag38060): “Abbiamo realizzato un intervento sulla facciata del Municipio, alle cui spalle c’è una chiesa. È stato necessario un grandissimo studio sul contesto, per realizzare un intervento che si installasse armonicamente. Ogni intervento modifica il paesaggio”. Pichenstein realizza laboratori sulla street art per il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento, dove lavora Duccio Dogheria, autore del più completo volume sul fenomeno in Italia, “Street Art. Storia e controstoria, tecniche e protagonisti” (Giunti, 2015): “La radice del fenomeno che osserviamo è la controcultura, con gli interventi murali del ‘67-‘68 e del decennio successivo: scritture murali, manifesti, stencil, la tecnica oggi usata da artisti di fama come Bansky. Spesso si trattava di interventi ‘illegali’, ma c’erano già opere supportate da rioni e amministrazioni comunali”. Abbellivano i quartieri, come le opere del 2016. Per questo chi ruba dalla strada i lavori degli esponenti più quotati dimostra di non averne compreso il senso.

Fonte: altreconomia.it 

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