La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 21 marzo 2017

La SPD ai tempi di Martin Schulz

di Lorenzo Cattani
La candidatura di Martin Schulz alle elezioni federali di questo settembre ha rimescolato le carte in gioco. Da quando ha annunciato la sua candidatura e Sigmar Gabriel si è dimesso sembra infatti che la SPD abbia già recuperato consensi, tornando a raggiungere il 30%, con Schulz che nei sondaggi di fine febbraio veniva dato in vantaggio su Angela Merkel di ben 11 punti (altro dato sensibile è la sua elezione a presidente del partito con il 100% delle preferenze). Questa situazione è molto particolare e merita di essere indagata ulteriormente, visto che la SPD appariva ormai rassegnata ad una sconfitta con Gabriel, mentre in questo momento pare possa addirittura mirare al sorpasso della CDU-CSU.
Nonostante la SPD debba pubblicare il suo programma elettorale completo intorno a giugno 2017 è già possibile commentare questi risultati alla luce della più importante novità programmatica che Martin Schulz ha introdotto: smontare l’Agenda 2010.
Martin Schulz: una carriera partita dal basso
La carriera di Schulz all’interno della SPD inizia molto presto: il giovane Martin vi entra infatti a 19 anni nel 1974. In seguito, 13 anni dopo, sarebbe diventato sindaco di Würselen, città della Renania Settentrionale-Westfalia e nel 1994 avrebbe intrapreso la carriera di europarlamentare, che gli darà una certa notorietà e lo porterà alla candidatura a presidente della Commissione Europea alle ultime elezioni del 2014 (elezioni che il PSE perde, mentre Schulz diventa presidente del Parlamento Europeo, riassumendo la carica che aveva ricoperto dal 2012 al 2014). Molti italiani si ricorderanno di lui per il, tristemente, famoso litigio del 2003 durante il quale Silvio Berlusconi gli diede del kapò in risposta a diverse critiche avanzate dall’europarlamentare tedesco (che perlopiù si erano concentrate sull’argomento del mandato d’arresto europeo); tuttavia quella con l’allora presidente del consiglio è solo una delle polemiche che hanno coinvolto Martin Schulz, fra le altre si può anche citare quella con Jean-Marie Le Pen, che lo accusò di avere l’aspetto di Lenin ma di parlare come Hitler.
Le differenze con Angela Merkel non si limitano però al campo politico-ideologico, ma anche su quello personale. Le difficoltà scolastiche e i suoi passati problemi con l’alcol sono elementi che il ministro Wolfgang Schäuble ha sempre sottolineato, mettendo un forte accento sulla vita che Schulz conduceva prima di impegnarsi attivamente in politica (la sua precedente professione era quella di libraio). Tuttavia è proprio da queste differenze fra i loro profili che Martin Schulz costruisce la sua proposta contro Angela Merkel, la quale avrebbe ormai perso il contatto con l’elettorato secondo Schulz, che cerca di avvicinarsi il più possibile agli elettori arrivando persino a reclamare, senza che però ve ne sia ragione, una certa estraneità alle dinamiche interne alla SPD degli ultimi anni (affermazione forte a parere di chi scrive). La sua narrazione è più positiva e idealista rispetto a quella di Merkel, votata ad un pragmatismo che ha mostrato tutti i suoi limiti. Martin Schulz parla infatti della necessità di tutelare l’Unione Europea, per la quale l’opzione delle due velocità non sarebbe consigliabile secondo il socialdemocratico, a cui serve una Germania più equa e giusta, parla anche di migrazioni (anche se su questo argomento le differenze con Merkel non sono molto forti) e soprattutto si concentra sulle riforme che hanno impattato fortemente sulle disuguaglianze e che potrebbero anche aver influenzato (ma su questo bisognerà ancora attendere per dare un giudizio completo) la crisi del debito europeo. La solidarietà è quindi una parte fondamentale della sua narrazione, che si concentra soprattutto intorno alla critica delle riforme neo-liberiste prodotte dall’Agenda 2010. È molto difficile non dire che sia proprio per la posizione di Schulz nei confronti dell’Agenda 2010 che la SPD sia riuscita a guadagnare molti punti negli ultimi sondaggi. Dato ancora più interessante è che contemporaneamente all’aumento della SPD vi è una discesa nei sondaggi da parte dell’AfD di Frauke Petry, che per la prima volta scende sotto quota 10%, un dato che probabilmente è anche dovuto ad una momentanea “tregua” nella questione migranti, ma che sarebbe ingenuo non leggere anche alla luce dell’aumento di consensi della SPD.
Il ripristino della solidarietà è quindi rientrato prepotentemente nell’agenda della socialdemocrazia e potrebbe avere importanti ripercussioni internazionali: superare l’Agenda 2010 significherebbe infatti superare una crisi ideologica e teorica che attanaglia la sinistra europea da più di 20 anni, trovando un modo per rielaborare, adattandoli alle sfide dei nostri tempi, quegli ideali che la socialdemocrazia promuove da più di un secolo. Cosa ancora più importante è che sia proprio in Germania che venga intrapreso questo percorso perché potrebbe stimolare un diverso tipo di dialogo anche all’interno dell’Unione Europea, ridando energie alle forze politiche “unioniste”, gettando quindi le basi per poter arginare l’avanzata dei partiti più euroscettici.
Rivedere l’Agenda 2010: un passo importante ma non sufficiente
L’Agenda 2010, a cui Pandora ha dedicato un recente articolo ha delle responsabilità importanti nella crisi della socialdemocrazia. Rivedere questo insieme di riforme avrebbe implicazioni molto importanti, tuttavia è fondamentale, prima di esprimere giudizi affrettati, dare la giusta importanza a questi elementi, guardando innanzitutto a qual è il contesto di riferimento in cui superare il paradigma neo-liberista e innescare una nuova stagione per la sinistra. Bisogna subito specificare che finché la SPD non pubblicherà un programma elettorale completo e approfondito, le considerazioni fatte in questo articolo non potranno che limitarsi all’opinione personale di chi scrive.
Le riforme Hartz, il pilastro dell’Agenda 2010, sono state implementate quando la Germania stava andando incontro ad una crisi del suo sistema produttivo. La terziarizzazione della produzione e l’aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro mettevano in difficoltà il sistema previdenziale e mettevano il governo davanti alla necessità di tutelare gli elementi che avevano costruito le basi dell’economia tedesca. Allora la risposta fu quella di seguire una linea guida che mirava alla tutela della struttura del manifatturiero, puntando alla creazione di un segmento periferico del mercato del lavoro in cui si sarebbero concentrate le spinte di deregolamentazione. Tale segmento periferico coincide fondamentalmente con il terziario, dove spadroneggia il lavoro atipico e dove è più probabile osservare il fenomeno dei working poor. Parallelamente a questo processo è stata portata avanti una riforma del welfare volta ad arginare i costi e aumentare l’efficienza, che concentrandosi più sul fornire incentivi per trovare lavoro subito, senza porsi il problema della qualità dell’impiego, ha ulteriormente peggiorato la situazione nel terziario.
Ridiscutere questa stagione politica è fondamentale e quello che Martin Schulz sta facendo è di vitale importanza per poter costruire un apparato di pensiero realmente progressista, che possa finalmente permettere di superare il vicolo cieco da cui la sinistra ancora fatica ad uscire, nonostante la crisi economica abbia mostrato ampiamente i limiti del neo-liberismo. Tuttavia, è opinione di chi scrive che si debba prestare molta attenzione prima di lasciarsi prendere dall’entusiasmo di fronte alle proposte di Martin Schulz: il candidato socialdemocratico ha messo in discussione lo schema dei sussidi introdotto dalla Hartz IV, criticato il fenomeno dei working poor e affermato che per poter stipulare un contratto a tempo determinato debba prima esserne stabilità la necessità, ma non ha ancora fornito una vera alternativa al processo di dualizzazione del mercato del lavoro. Se la socialdemocrazia potrà veramente rilanciarsi in Germania, e dare il la anche ad un simile percorso in Europa, dovrà fare quello che non è riuscita a fare all’inizio degli anni 2000: integrare il settore dei servizi all’interno della strategia di produzione, anche se questo significasse negoziare riforme che minino determinati privilegi del manifatturiero, in cui tutt’ora i contratti standard (full time a tempo indeterminato) sono più che la maggioranza. Criticare l’Agenda 2010 è un primo passo fondamentale, ma la critica a quelle riforme non cancella il fatto che fosse necessario implementare delle riforme. Attualmente Schulz ha criticato l’esistente ma non ha fatto proposte approfondite su cui costruire un’alternativa che non si limiti a riportare le cose a come erano prima. Riconciliare manifatturiero e servizi significa ridiscutere il sistema duale, il ruolo dell’università, la rappresentanza sindacale in entrambi i settori e il ruolo delle competenze all’interno delle politiche di attivazione. Martin Schulz ha intrapreso i primi passi di un percorso che sembrerebbe aprire importanti aperture verso un dibattito di questo genere, ma è ancora necessario esercitare una certa prudenza, senza lanciarsi in previsioni affrettate. Una cosa è certa, i prossimi mesi saranno importantissimi.

Bibliografia

Schulz può davvero vincere in Germania?, Il Post 15/02/2017

Mastrobuoni, T. Germania, Schulz: “Correggere” Agenda 2010 di Schroeder, La Repubblica 20/02/2017
Germania, nei sondaggi Schulz supera Merkel di 11 punti, La Repubblica 17/02/2017
Germania, la corsa record di Schulz: “Vi spiego io i rischi dell’Europa a due marce”, La Repubblica 10/02/2017
Germania, destra Afd in calo: prima volta da luglio sotto 10%, La Repubblica 22/02/2017
Schulz presidente Spd col 100% dei voti: “Per l’Europa serve una Germania forte e più equa, La Repubblica 19/03/2017

Thelen, K. (2014) Varieties of Liberalization and the New Politics of Social Solidarity, New York: Cambridge University Press.

Fonte: pandorarivista.it

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