di Paolo Ferrero
Un pò di giorni fa avevo scritto che non bisogna più remunerare il capitale. Qualcuno ha criticato sostenendo che si trattava di una proposta estremista. Bene allora spiegare perché questa proposta non solo non ha nulla di estremista o di velleitario ma è un passo obbligatorio per uscire dalla crisi.
Come è del tutto evidente, oggi ii capitale non è più scarso – come poteva essere cento anni fa – ma abbondante. Così abbondante che chi lo possiede non sa cosa farsene: Siamo in una crisi di sovrapproduzione e non esistono investimenti produttivi in grado di assorbire questo capitale eccedente.
La stessa speculazione che ha assorbito negli anni scorsi questa eccedenza di capitale è cresciuta così tanto che i rischi sono aumentati a dismisura e le “bolle” come crescono si sgonfiano. Così in vari paesi europei i tassi di interesse sono negativi (cioè i risparmiatori pagano pur di poter prestare il denaro agli stati).
Siamo quindi concretamente in una situazione di abbondanza di capitali (e di ricchezza) che rende del tutto arbitrario e privo di alcuna motivazione economica il fatto che chi ha bisogno di capitali li debba pagare a caro prezzo. Remunerare un capitale avrebbe senso se questo fosse scarso. Oggi è un puro arbitrio, un taglieggiamento, una rendita usuraia, un furto, che i ricchi – e le istituzioni finanziarie – utilizzano a fini politici: regalando i soldi alla Merkel e facendo pagare a noi interessi da usura oppure regalando i soldi ai porci che hanno privatizzato Telecom e gettando nelle braccia degli usurai ogni artigiano in difficoltà.
L’utilizzo del capitale non ha oggi alcuna base economica ma è un puro strumento di potere politico in mano agli oligarchi. La distruzione della rendita e l’eutanasia dei rentier è la parola d’ordine oggi necessaria e resa possibile proprio dallo sviluppo delle forze produttive. Liberarci dal peso parassitario della rendita è necessario per uscire dalla crisi e per porre il tema degli investimenti sull’unico terreno oggi praticabile: decidere democraticamente cosa serve e produrlo. A chi piace parlare in termini di modernità e conservazione: la rendita è la conservazione di una abitudine utile ai potenti che non ha più ragioni economiche.
La modernità è il superamento della rendita e la gestione democratica degli investimenti: cosa, come, dove, per chi produrre.
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