La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 24 settembre 2015

Bergoglio, il grido della terra

di Luca Celada
Il pro­gramma uffi­ciale di papa Ber­go­glio in Usa è comin­ciato sotto un bril­lante sole set­tem­brino col ceri­mo­niale da capo di stato sul prato della Casa bianca e col ben­ve­nuto di Obama a nome dei 70 milioni di cat­to­lici nor­da­me­ri­cani. Dopo i sor­risi e la fami­lia­rità mostrata sulla pista della Andrews air force base all’arrivo da Cuba, la cifra dell’incontro è con­ti­nuata con una sin­to­nia fra i due che va chia­ra­mente al di là dei dovuti con­ve­ne­voli. Oltre alle parole e agli atteg­gia­menti, in un incon­tro come que­sto con­tano anche i sim­bo­li­smi, e lo dimo­stra innan­zi­tutto l’itinerario di Fran­ce­sco, giunto in Usa dal «sud del mondo», dall’emisfero ispa­nico e meri­dio­nale. Nel suo primo discorso (negli Stati uniti, in totale ne pro­nun­cerà 16 in quat­tro giorni) il papa ha tenuto a dichia­rare: «quale figlio di una fami­glia di emi­granti, sono lieto di essere ospite in que­sta nazione, che in gran parte fu edi­fi­cata da fami­glie simili». Alla Casa Bianca Obama, che sul twit­ter uffi­ciale ha rin­gra­ziato il pon­te­fice per «il pre­zioso soste­gno nel nostro nuovo ini­zio col popolo cubano» ha aggiunto: «Lei ci ha ricor­dato che il più impor­tante mes­sag­gio del Signore è la mise­ri­cor­dia e ciò signi­fica acco­gliere lo stra­niero con empa­tia e cuore aperto», che siano migranti o rifu­giati. L’immigrazione è uno dei temi su cui c’è grande siner­gia fra Obama e Fran­ce­sco anche se sui rifu­giati in par­ti­co­lare devono ancora far seguito passi con­creti in un paese che ad oggi acco­glie una minu­scola parte di pro­fu­ghi di guerra (l’attuale pro­po­sta di Obama è di alzare le quote di pro­fu­ghi siriani a 100000 entro il 2017).
Al paese più mul­tiet­nico, Fran­ce­sco ha voluto ricor­dare l’importanza di tenere conto di coloro che bus­sano oggi «con forza alle nostre case, città e società». Ma alla patria­della disu­gua­glianza e del “dar­wi­ni­smo sociale” ha ram­men­tato anche quella di pro­muo­vere «modelli inte­grali ed inclu­sivi di svi­luppo» che non dimen­ti­chino i più deboli di que­sto mondo. Rife­ri­menti alla giu­sti­zia sociale in sin­to­nia con molte poli­ti­che di Obama ma assai meno con quelle dei nume­rosi pre­ten­denti alla nomi­na­tion repub­bli­cana in que­sto avvio di cam­pa­gna pre­si­den­ziale.
Dal podio della south lawn i due lea­der hanno riba­dito la rile­vanza di un altro argo­mento cen­trale di que­sta visita pasto­rale, quella che Obama ha defi­nito l’imprescindibile e «sacra respon­sa­bi­lità di pro­teg­gere il pia­neta, magni­fico dono di dio» . Fran­ce­sco si è detto «inco­rag­giato» dalle ini­zia­tive poli­ti­che del pre­si­dente in que­sto senso, sot­to­li­neando che il muta­mento cli­ma­tico non è più un pro­blema che può essere lasciato a suc­ces­sive gene­ra­zioni. Sul “pro­getto ambien­tale”, Vati­cano e Usa sono stati vicini ancor più che sul disgelo cubano: al punto che Gina McCar­thy, la diret­trice della Epa, l’agenzia ambien­tale ame­ri­cana, ha fatto per mesi la spola col Vati­cano men­tre veni­vano messe a punto da un lato l’enciclica papale e dall’altro il piano sulle emis­sioni pre­sen­tato da Obama ad ago­sto. Una vera e pro­pria col­la­bo­ra­zione poli­tica che trova nella attuale visita il com­pi­mento di una “mano­vra bila­te­rale”, desti­nata quan­to­meno a met­tere defi­ni­ti­va­mente all’ordine del giorno “uffi­ciale” il muta­mento cli­ma­tico e le poli­ti­che ambien­tali per prevenirlo.
Soprat­tutto per­ché la terza com­po­nente è rap­pre­sen­tata dalla con­tem­po­ra­nea visita di Xi Jin­ping. Il pre­si­dente cinese che arriva oggi a Washing­ton dopo una mano­vra di approc­cio ini­ziata a Seat­tle. Nella città di Bill Gates, Xi ha avuto incon­tri com­mer­ciali e par­te­ci­pato a un sum­mit tec­no­lo­gico ma anche incon­trato gover­na­tori di diversi stati ame­ri­cani per discu­tere di clima e stra­te­gie «sub­na­zio­nali» per l’ambiente, e l’argomento sarà cer­ta­mente all’ordine del giorno anche negli incon­tri con Obama.
Clima insomma come tema uni­fi­cante su cui costruire stra­te­gie comuni anche dove esi­stono fon­da­men­tali diver­genze. Fra Cina e Usa le dif­fe­renze di opi­nione certo non man­cano, dagli attac­chi ciber­ne­tici, all’egemonia eco­no­mica e i diritti civili. Anche fra Casa bianca e Vati­cano riman­gono diver­genze obbiet­tive: sull’aborto ad esem­pio o sull’obiezione di impie­gati pub­blici sui matri­moni gay (temi cari sem­mai ai con­ser­va­tori dell’opposizione repub­bli­cana). E rimane l’ombra della pedo­fi­lia e delle gravi respon­sa­bi­lità dei vescovi ame­ri­cani – e di Roma – che sono ancora da chia­rire. Ieri dopo Obama, Fran­ce­sco ha incon­trato la dele­ga­zione della con­fe­renza epi­sco­pale Usa, e li ha defi­niti «cri­mini che non devono mai più ripe­tersi». E nel pome­rig­gio ha cele­brato la messa di cano­niz­za­zione del frate Fran­ce­scano Juni­pero Serra, evan­ge­liz­za­tore della Cali­for­nia durante la con­qui­sta spa­gnola. Un atto che ha susci­tato le pro­te­ste degli indi­geni deci­mati nella colo­niz­za­zione, ma che è stato il gesto di rico­no­sci­mento del futuro “ispa­nico” del cat­to­li­ce­simo ame­ri­cano da parte del primo Papa nativo del nuovo mondo.
Ci sarà tempo per appro­fon­dire nel merito altri temi poli­tici. Sta­sera Fran­ce­sco sarà il primo pon­te­fice a pro­nun­ciare un discorso alle camere riu­nite del con­gresso. Domani si rivol­gerà all’assemblea ple­na­ria dell’Onu. Intanto ciò che rimane dalla prima gior­nata ame­ri­cana di Ber­go­glio è l’immagine del papa e del pre­si­dente davanti alla Casa bianca. Il primo papa a com­piere il viag­gio era stato Woj­tyla, nel 1979 quando qui incon­trò Jimmy Car­ter. Ma era stata la stretta col­la­bo­ra­zione “anti­co­mu­ni­sta” fra Gio­vanni Paolo II e Ronald Rea­gan a defi­nire fino a oggi la mas­sima siner­gia fra Vati­cano e Washing­ton. Da ieri non è più così. E non poteva esserci una cop­pia più diversa per valenza sim­bo­lica e poli­tica a pren­dere il loro posto.

Fonte: il manifesto 

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