La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 24 settembre 2015

La Cina punta sulla tecnologia

di Elisabetta Esposito Martino
L’Esercito popolare di liberazione, che conta più di 2 milioni di soldati, sfila in una Piazza Tiananmen attonita con carri armati avveniristici, nuovi aeromobili a pilotaggio remoto (APR), missili balistici Dong Feng (Vento dell’Est) e Guam killer. L’Aeronautica fa volare aerei da guerra, elicotteri in grado di attaccare mezzi corazzati, bombardieri per azioni a lungo raggio, temibili caccia J-15 soprannominati “squali volanti”. I cieli, fugacemente blu come per l’APEC, si colorano con le scie fumogene delle pattuglie acrobatiche che si confondono con le sfumature dei cinquantamila palloncini lanciati per portare in tutto il mondo un messaggio di pace, scritto con le armi. Una parata militare inquietante e strabiliante che presenta al mondo, scettico e perplesso di fronte ai crolli borsistici e ai beni volatili, mezzi molto tangibili, che fanno della RPC una grande potenza a livello economico, militare e tecnologico.
Nel corso di più di cinquanta secoli di storia documentata, la Cina ha partecipato con variegati percorsi intellettuali alla nascita della scienza, come oggi è comunemente intesa, contribuendo sostanzialmente al progresso scientifico. Si pensi solo alla fabbricazione della carta e alla diffusione della polvere da sparo, alle meridiane (III sec. a.C.) e agli orologi astronomici, al primo sismografo e all’atlante delle comete che risalgono alla dinastia Han (206 a.C-220 d.C.), alla carta astronomica del 526 d.C., con 300 stelle e la striscia della Via Lattea; alle bussole in ferro dell’XI sec. che guidavano la rotta delle navi, tra le quali l’ammiraglia di Zheng He che nel XV secolo solcò gli Oceani percorrendo circa centomila chilometri tra Asia e Africa.
Grandi traguardi a lungo misconosciuti da un Occidente troppo lontano che avvolgeva l’Oriente in un alone di leggenda e di mistero, a tratti svelato da mercanti o religiosi, per lo più gesuiti, le cui gesta sono state messe in luce solo di recente, dissipando le ombre che, dietro l’apparenza immota, nascondevano le trasformazioni dell’Impero celeste.
I SETTORI PILASTRO – Dopo il crollo dell’Impero e decenni di isolamento, negli ultimi venti anni laricerca scientifica in Cina ha ottenuto un’eccellenza incontestabile, conseguente a investimenti in R&S molto consistenti che hanno prodotto effetti a catena sulla produttività scientifica nella ricerca atomica, nelle tecnologie informatiche e spaziali, nella scienza dei materiali, nelle nanotecnologie e nelle computer sciences, nelle discipline biomediche, nella chimica, nell’ingegneria … grazie a un numero di ricercatori pari a quelli degli Stati Uniti e superiore a quelli dell’Unione Europea. Si è creato in questo modo il substrato tecnologico necessario a implementare i sette settori pilastro: risparmio energetico e protezione ambientale, tecnologie informatiche e biotecnologie, macchinari avanzati, energie alternative e veicoli ecologici. Per essi in particolare, ma per tutto il sistema produttivo cinese in generale, sta emergendo una forte tendenza al nazionalismo tecnologico, veicolata dal III Plenum che sta orientando la stesura del XIII Piano Quinquennale, volto a stimolare i settori a valore aggiunto medio alto.
TESSUTO DIGITALE CON CARATTERISTICHE CINESI – Secondo l’edizione speciale del ECFR’s China Analysis “Governing the Web“, i recenti cambiamenti nella governance e nella regolamentazione di Internet in Cina sono da mettere in relazione con il ruolo chiave che il cyberspazio ha acquisito nella politica interna cinese, come driver delle riforme economiche, che sta contribuendo sostanzialmente alla crescita del PIL. Libero dalle pastoie dei gruppi di interesse, il Governo cinese mantiene un rigido controllo su tutta la filiera Internet, attraverso una sorta di nazionalizzazione del mercato tecnologico, dalla progettazione alla produzione di semiconduttori ai server, al software e alle infrastrutture informatiche, in cui è riflessa gran parte della vita sociale e individuale, politica e professionale e dalla quale non si sfugge più, nemmeno attraverso le VPN (Virtual Social Network) dei programmi che fino a poco fa permettevano i collegamenti a siti stranieri. La sicurezza della navigazione sul web, le garanzie assicurate all’e-commerce e la velocità dell’e-payment diventano in questo modo una delle tante manifestazioni dell’esercizio della sovranità, anche su Internet.


Fig. 4 – Grafico sulla crescita dell’utilizzo di Internet in Cina dal 2002 al 2014. Elaborazione di Elisabetta Esposito Martino su dati CeSIF/Ceic (Cfr. La Cina nel 2015, pag. 210)

CYBER SOVEREIGNTY – La potestà di imperio che ogni Paese esercita al suo interno postula l’allargamento di questo limite al cyberspazio, la cui frontiera è segnata in Cina dal grande Firewall. Il giornale dell’Esercito popolare di liberazione del 20 maggio 2015 ha pubblicato un articolo dal titolo: la sovranità della Rete manifesta la sovranità nazionale (Wǎngluò zhǔquán zhāngxiǎn guójiā zhǔquán, 网络 主权 彰显 国家 主权) in cui viene esplicitata a grandi linee questa nuova teoria. La sicurezza nazionale è legata indissolubilmente alla sicurezza della rete: se il potere nel XIX secolo era detenuto attraverso il controllo dei mari e nel XX dello spazio aereo, nel XXI secolo dipenderà dal controllo della rete. Il web diventa così il luogo in cui esercitare la Cyber sovereignty, campo di battaglia, territorio, fronte di lotta ideologica. Il controllo della rete postula il possesso delle leve di comando delle arterie vitali della sicurezza nazionale e dello sviluppo.
ARTE DEL “NUOTO NELLA RETE” – L’articolo si conclude con l’auspicio di compattare il fronte ideologico e di imparare “l’arte del nuoto” nelle alte onde della Rete per salvaguardare gli interessi fondamentali del popolo, affinché le masse non siano sedotte dal nemico, ma possano dominare tutti gli aspetti dell’ecosistema tecnologico all’interno della Cina. Una cyberbattaglia intangibile per la costruzione della “Grande Muraglia Online”. Durante la 15° sessione del Comitato permanente della 12° ANP (Assemblea nazionale del popolo) queste parole hanno trovato esplicitazione nella bozza di modifica della normativa sulla sicurezza informatica del giugno 2014, composta di 68 articoli, pubblicata sul sito web del Parlamento, che comporta novità in materia penale, finanziaria, per la scienza, la tecnologia, la cultura e la religione, poiché si presta alle più ampie interpretazioni. Aspre critiche sono state indirizzate alla legge da Amnesty International, che la ritiene potenzialmente lesiva dei diritti umani. D’altro canto, la paventata minaccia alla sicurezza nazionale costituisce l’escamotage per giustificare il protezionismo in materia informatica, altrimenti impedito dal WTO, molto diffuso tra gli stessi Paesi europei e negli USA.
CITTADINANZA DIGITALE – In effetti, nel mondo globalizzato si discute molto sulla necessità di creare una struttura normativa che tuteli l’accesso alla Rete e garantisca le variegate forme di aggregazione e azione politica che si svolgono online, in quella che costituisce la nuova agorà che ha unito Seattle, Piazza Tahrir e Maidan, fino a Je suis Charlie, in un non luogo flessibile, in continuo mutamento, dove tutto scorre velocemente e impetuosamente, come un fiume, come ai tempi di Eraclito (πάντα ῥεῖ ὡς ποταμός), dal 500 a. C. fino ad oggi, tra follie individuali e collettive, istanze di uguaglianza, libertà di espressione e libertà di stampa, per forgiare nuove trame di democrazia e diritti. Il controllo sempre più diffuso sull’esercizio del potere, la richiesta di trasparenza degli algoritmi, postulano la necessità di formulare nuovi Internet Bill of Rights, che tutelino non solo la privacy e la sicurezza, ma la “qualità” stessa della democrazia elettronica che a volte, tracimando nel populismo, può evocare la confusione dei poteri che accompagna l’eterno ritorno dei totalitarismi. Da una parte e dall’altra.
Questa è la sfida per l’Occidente, che si dibatte per mantenere a galla una democrazia rappresentativa che affonda, mentre affiora una nuova democrazia diretta, che ricorda il modello ateniese, per l’immediatezza e la capacità di consultazione permanente dei cittadini. Questa è la sfida per la Cina, che a sua volta deve tenere a galla un’economia caratterizzata da uno sviluppo più moderato, mentre affioranoansie di partecipazione alla gestione della res pubblica che in qualche modo dovranno essere canalizzate per concretizzare il sogno cinese, anche nel villaggio globale.

Fonte: Il Caffè geopolitico 

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