La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 28 ottobre 2015

La sinistra deve uscire dall’abbraccio mortale con il Pd

di Sandro Medici
Sarà solo un equi­voco, un’incomprensione? O nasconde un riflesso con­ser­va­tivo, un istinto rinunciatario? Stiamo par­lando dell’ultimo inciampo che sta fre­nando il cam­mino verso la rico­stru­zione di una sini­stra in Ita­lia: inten­dia­moci, l’ultimo in linea cro­no­lo­gica, ma non il solo, pur­troppo. Riguarda la per­si­stente riserva di rie­su­mare alleanze elet­to­rali con il par­tito demo­cra­tico, seb­bene sol­tanto a scala locale. Nono­stante la deriva ormai incon­tro­ver­ti­bile di quel par­tito, tut­tora soprav­vive un’ingannevole spe­ranza d’incontro e col­la­bo­ra­zione con quei seg­menti, quelle sog­get­ti­vità che si segna­lano per il loro disa­gio, dichia­rato o solo poten­ziale, verso la lea­der­ship di Mat­teo Renzi.
A con­forto di tale even­tua­lità si sostiene che non si pos­sono abban­do­nare espe­rienze ammi­ni­stra­tive dove in coa­li­zione con il Pd si è riu­sciti a far qual­cosa di buono, con­no­tando posi­ti­va­mente la poli­tica locale.
È un’argomentazione che in sé non sem­bra par­ti­co­lar­mente dan­nosa, né si pos­sono esclu­dere casi che fon­da­ta­mente si segna­lino come ecce­zioni pur sem­pre dignitose.
Ma in gene­rale è del tutto illu­so­rio, se non impos­si­bile, gestire città e ter­ri­tori sot­traen­dosi al rigido invo­lu­cro in cui le poli­ti­che eco­no­mi­che gover­na­tive li hanno impri­gio­nati. Gli esempi sono innu­me­re­voli e non riguar­dano solo le auto­no­mie locali, ma anche le pre­ro­ga­tive par­la­men­tari, sem­pre più sot­to­messe alle deci­sioni di mini­stri, tec­no­crati e vin­coli com­mer­ciali. Grida ancora ven­detta la con­ferma dell’acquisto dell’intera com­messa degli F35, nono­stante la Camera abbia «eroi­ca­mente» votato il loro dimez­za­mento: a con­ferma che nean­che le mezze misure pos­sono essere accolte.
E cosa dire della con­tra­rietà della Regione Puglia alla rea­liz­za­zione del meta­no­dotto in Salento, com­ple­ta­mente igno­rata dal governo Renzi? O delle tri­vel­la­zioni petro­li­fere auto­riz­zate dai decreti di Palazzo Chigi mal­grado il dis­senso delle ammi­ni­stra­zioni regio­nali, a cui non è rima­sto altro che ricor­rere a refe­ren­dum abrogativi?
Per le città è la stessa cosa, anzi ancor peg­gio. Si tagliano fero­ce­mente i bilanci con la con­se­guenza di ridurre allo stremo il soste­gno sociale, chiu­dere i ser­vizi, inde­bo­lire il tra­sporto pub­blico e la rac­colta dei rifiuti, rinun­ciare alle manu­ten­zioni urbane, azze­rare l’offerta cul­tu­rale. E per com­pen­sare i man­cati tra­sfe­ri­menti si costrin­gono le ammi­ni­stra­zioni a inten­si­fi­care la pres­sione fiscale, a rila­sciare gene­ro­sis­sime con­ces­sioni edi­li­zie, a sven­dere il patri­mo­nio e le aziende comu­nali, a ridurre gli sti­pendi dei pro­pri dipen­denti, a orga­niz­zare col­lette per sal­vare dal degrado i beni cul­tu­rali, anzi a con­ce­derli in uso come un qual­siasi affit­ta­ca­mere.
Si può ade­rire con zelo e tra­sporto a que­sto sgra­ziato modello ammi­ni­stra­tivo, o al con­tra­rio lamen­tar­sene e pro­te­stare. Ma non è con­sen­tito disco­star­sene. Se non ribel­lan­dosi, disob­be­dendo cioè all’indirizzo sovraor­di­nato e, lad­dove pos­si­bile, modu­lando diver­sa­mente le pro­prie risorse e così cer­cando di cor­ri­spon­dere a neces­sità, biso­gni, diritti sociali. E tranne qual­che spa­ruta ecce­zione, non sem­bra pro­prio che le giunte di cen­tro­si­ni­stra, anche quelle meglio con­no­tate, si siano distinte per com­bat­ti­vità o anche sol­tanto riven­di­cando mag­giore autonomia.
Ebbene, nono­stante ciò, si è ten­tati dal ripro­porre in pri­ma­vera un ormai con­su­mato cen­tro­si­ni­stra, imma­gi­nando vana­mente di allearsi con un Pd derenzizzato.
Come sem­bra di capire si voglia fare a Roma, con­tando sul con­tra­sto tra il sin­daco dimis­sio­na­rio (?) e il suo partito.
Non è con il poli­ti­ci­smo che si può porre rime­dio ai gua­sti ammi­ni­stra­tivi e rilan­ciare una nuova sta­gione per que­sta città mar­to­riata e delusa. Né saranno i volen­te­rosi soste­ni­tori di Marino che si radu­nano in Cam­pi­do­glio a deter­mi­nare la pros­sima geo­gra­fia elet­to­rale. Ma sarà al con­tra­rio la cri­tica all’ex (?) sin­daco che ani­merà la pros­sima cam­pa­gna elet­to­rale e che, con tutta pro­ba­bi­lità, sta­bi­lirà i nuovi assetti politici.
Cer­cando di difen­dere gli ultimi bran­delli di cre­di­bi­lità del cen­tro­si­ni­stra, a Roma si esprime forse il desi­de­rio di avere una sini­stra migliore, di sal­vare il sal­va­bile, ma in realtà ci si accon­tenta di un male minore, ma che minore non è, e si rinun­cia a costruire una nuova pro­spet­tiva politica.

Fonte: il manifesto 

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