La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 27 settembre 2015

Pensioni, Padoan frena gli annunci

di Domenico Cirillo
«Spero che la fles­si­bi­lità in uscita per i pen­sio­nati sia rea­liz­zata già con que­sta legge di sta­bi­lità», con­fida al mat­tino Mat­teo Renzi nella posta set­ti­ma­nale con i let­tori dell’Unità. «L’idea che la fles­si­bi­lità sia a costo zero è sem­pli­ce­mente ine­satta», scan­di­sce Pier Carlo Padoan a metà gior­nata. E per i lavo­ra­tori che aspet­tano di andare in pen­sione la gior­nata si chiude con la solita incer­tezza, tra un capo del governo che spera e un mini­stro dell’economia che manda avver­ti­menti. Assai incerti anche que­sti, dal momento che quando gli si chiede di spie­gare cosa con­terrà la legge di sta­bi­lità dei tanti annunci fatti da Renzi, sulle pen­sioni dice: «Si esplo­re­ranno even­tuali misure che per­met­tono di uti­liz­zare uscite anti­ci­pate rispetto all’età pre­de­ter­mi­nata per la pen­sione».
Misure «even­tuali» e «da spe­ri­men­tare»: sono buone le pro­ba­bi­lità che si tratti di un’altra delle ini­zia­tive una tan­tum del governo Renzi. Padoan fa il guar­diano dei conti: «La fles­si­bi­lità dev’essere com­pa­ti­bile con gli incen­tivi. E i prin­cipi fermi restano sta­bi­lità e soste­ni­bi­lità».
Per­ché dopo le riforme Amato-Dini-Fornero «il sistema pen­sio­ni­stico ita­liano — dice il mini­stro — viene giu­di­cato uno dei più sta­bili e soste­ni­bili d’Europa». Anche al costo di aver creato la cate­go­ria degli eso­dati, si potrebbe aggiun­gere, alla quale il governo con­ti­nua a pro­met­tere atten­zione, in maniera non troppo ras­si­cu­rante: «Nella legge di sta­bi­lità si pren­derà una deci­sione definitiva».
Se Renzi «spera» e gioca a fare il poli­ziotto buono con il mini­stro dell’economia, il pre­si­dente della Com­mis­sione lavoro della camera Cesare Damiano prova a dar­gli una mano spie­gando che «la fles­si­bi­lità nel sistema pen­sio­ni­stico fa rispar­miare, il costo dei primi anni è lar­ga­mente com­pen­sato dai risparmi che si accu­mu­lano negli anni suc­ces­sivi». Il pro­blema è come dirlo all’Europa. «Biso­gna spie­gare che non vogliamo can­cel­lare la riforma For­nero, ma cor­reg­gerla e con­so­li­darne gli effetti finan­ziari». E il pre­si­dente dell’Inps Tito Boeri che della fles­si­bi­lità è stato il primo spon­sor assi­cura che «oggi ci sono le con­di­zioni per fare l’ultima riforma del sistema delle pen­sioni». Dopo di che, garan­ti­sce, «quando avremo fatto que­sti aggiu­sta­menti per un patto gene­ra­zio­nale più eco e soste­ni­bile che regga la sfida eco­no­mica e quella demo­gra­fica, altri guar­de­ranno con invi­dia al nostro sistema». Anzi, «in Cina già lo fanno».
Quanto al resto della mano­vra finan­zia­ria che il governo dovrà pre­sen­tare alle camere (comin­ciando dal senato) entro la metà di set­tem­bre, il mini­stro Padoan spiega che la spen­ding review non ser­virà a tro­vare risorse da inve­stire per­ché «i tagli di tasse per essere cre­di­bili devono essere per­ce­piti come per­ma­nenti, quindi ai tagli di tasse deve cor­ri­spon­dere un taglio di spesa».
Ma quali tasse tagliare. Il tito­lare dell’economia, anche per non acuire le voci di un con­tra­sto tra i tec­nici del Tesoro e quelli di palazzo Chigi, si lan­cia in uan difesa della can­cel­la­zione della tassa sugli immo­bili. Rico­no­sce: «La cri­tica degli eco­no­mi­sti è che abo­lire le tasse sulla casa sia meno effi­ciente che abbat­tere le tasse sul lavoro, e in gene­rale è vero». Ma il caso ita­liano ha un suo spe­ci­fico, legato alla grande pre­senza dei pro­prie­tari di casa: «Abbat­tere le tasse sulla casa è un modo, sia pure indi­retto, di soste­nere l’industria delle costru­zioni, uno dei pezzi ancora in ritardo dell’economia ita­liana. L’abbattimento della Tasi sulla prima casa riguarda l’80% degli ita­liani». Ragione per cui il mini­stro Padoan si sente di spen­dersi per l’abbattimento della Tasi, «è rela­ti­va­mente più effi­ciente» della ridu­zione delle impo­ste sul red­dito e delle tasse sul lavoro, «per­ché dà un soste­gno alla fidu­cia che è un ele­mento fon­da­men­tale per la ripresa dei consumi».

Fonte: il manifesto 

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