di Duccio Facchini
“Hai letto anche tu sui giornali che c’è la proroga per la voluntary disclosure? Se tu hai un conto in Svizzera, ti devi muovere molto veloce”. Inizia così il breve video caricato su YouTube il 27 settembre 2015 dall’utente“Caputo & Partners AG-Swiss Banking Lawyers”. Enzo Caputo -“avvocato con sede a Zurigo”- è il protagonista del filmato che parte in automatico sul sito www.voluntary-disclosure-italiana.it (il dominio è intestato al cugino). “Ti offro un regalo -racconta Caputo a chi lo sta guardando, dall’abitacolo della sua auto-: una consulenza gratis, senza impegni”. Obiettivo: “Salveremo anche te”. Gli interlocutori dell’avvocato Caputo -intervistato in questi mesi da Il Sole 24 Ore, Italia Oggi, La7- sono tutti quei “contribuenti che detengono illecitamente patrimoni all’estero”, come chiarisce l’Agenzia delle entrate (www.agenziaentrate.gov.it) sulla pagina web dedicata alla “voluntary disclosure”, in italiano “collaborazione volontaria”.
Presentata come il superamento della già battuta opzione del condono -in sintesi, pagare (poco) per far emergere capitali negati al fisco, beneficiando persino dell’impunità sotto il profilo penale nonché dell’anonimato-, la “collaborazione volontaria” è divenuta legge nel dicembre dello scorso anno (l. 186/2014). Chi deteneva attività e beni all’estero e aveva omesso di dichiararli all’erario avrebbe potuto sanare la propria posizione contattando “spontaneamente” l’Agenzia delle entrate e versando -in un’unica soluzione o in tre rate mensili e senza alcuna possibilità di compensazione- imposte e sanzioni, anche se queste ultime in misura ridotta, per quattro annualità: 2010, 2011, 2012, 2013. Questa era la “collaborazione volontaria” in origine: il termine ultimo per la presentazione delle istanze era fissato al 30 settembre 2015. Il testo recava una sorta di scudo penale per alcuni reati fiscali in capo a quel contribuente che fino al 30 settembre 2014 fosse venuto meno agli “obblighi di dichiarazione”.
L’avvocato Caputo lo sa bene, ed è per questo che si rivolge da YouTube ai clienti con capitali in Svizzera, dove le stime collocano almeno 150 miliardi di euro sottratti al fisco italiano (tra i titoli dei video è bene ricordare “Agenzia delle Entrate: 3 cose da non dire mai se hai un conto segreto in Svizzera”, “Banche svizzere, come mi possono scoprire che ho un conto segreto in Svizzera”, “Voluntary Disclosure: 4 cose che devi sapere per non farti beccare come Gino Paoli”).
L’onorevole Giovanni Paglia (Sel) è membro della Commissione finanze della Camera e spiega così la “ragione” della misura: “Il provvedimento è nato come altri simili in Europa alla luce del progressivo decadimento del segreto bancario, attraverso accordi bilaterali tra Paesi (l’Italia l’ha sottoscritto a febbraio con la Svizzera, ndr) o trattati specifici in sede OCSE. In sostanza s’è detto agli evasori: tra poco conosceremo i vostri nomi, e in cambio di una riduzione della sanzione, se vi fate avanti prima, non avrete di fatto vicissitudini penali”.La differenza tra “collaborazione volontaria” e condono, da un certo punto di vista, era garantita dalla trasparenza cui si esponeva il contribuente infedele: il contatto con l’Agenzia, infatti, non era più schermato, e la procedura non si sarebbe mai potuta avviare qualora il presunto evasore avesse avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o “dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, per violazione di norme tributarie”. Manca un passaggio importante, però, nel testo di legge approvato a dicembre 2014 dal Parlamento. A poco è valsa infatti la richiesta di stretta collaborazione con chi contrasta l’evasione -formalizzata nel corso di un’audizione parlamentare sul punto nel marzo 2014- del capo del III Reparto operazioni del comando generale della Guardia di finanza, il generale Francesco Mattana. “Si renderebbe necessario [...] prevedere [...] che l’organo che riceve le istanze di collaborazione volontaria le comunichi immediatamente alla Guardia di finanza, affinché possa essere operato un riscontro”.
Parole rimaste lettera morta.
Al 3 giugno di quest’anno, però, la manovra rischiava di rivelarsi un flop. Ne è la prova la risposta che il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti (Scelta civica) fornisce a Paglia in commissione, interrogato sull’“andamento effettivo delle richieste di adesione al procedimento di collaborazione volontaria”. “Alla data del 3 giugno 2015 -si legge nella risposta scritta di Zanetti- sono pervenute 1.836 richieste di accesso alla procedura di ‘voluntary disclosure’”. “Su 1.288 istanze presentate -proseguiva Zanetti- gli imponibili oggetto di emersione erano di circa 260 milioni di euro per imposte dirette, circa 16 milioni di euro ai fini IRAP e circa 12 milioni di euro ai fini IVA”. Poco se paragonato agli annunci trionfali dei promotori della norma, che avevano prefigurato entrate per oltre 5 miliardi di euro.
Da quella risposta di inizio giugno di Zanetti, però, è cambiato qualcosa (la complessità della normativa ha comportato la stesura di 2 provvedimenti e 4 circolari interpretative da parte dell’Agenzia delle entrate). Tre mesi più tardi, precisamente l’8 ottobre di quest’anno, il viceministro all’Economia Luigi Casero è chiamato a render conto alla stessa commissione dell’andamento delle richieste. Il ritmo è cambiato sensibilmente: “Alla data del 30 settembre 2015 -replica Casero, già ‘responsabile nazionale del dipartimento per l’economia di Forza Italia’- il numero delle posizioni relative alle istanze di collaborazione volontaria nazionale ed internazionale complessivamente presentate era pari a 63.251”. Più 3.345% richieste in soli 90 giorni. Di conseguenza, vale lo stesso per il gettito: da qualche centinaio di milioni di euro, infatti, l’ammontare “derivante dalle istanze” sale a “1,9 miliardi di euro”. Il dato relativo ai Paesi esteri di detenzione dei capitali -spiega ai commissari l’esponente del governo- non è “elaborabile”.
Ma il motivo, anzi, i motivi, di questo straordinario aumento delle richieste non sono noti a tutti. Hanno preso la forma di due decreti -uno “legge”, l’altro “legislativo”- approvati ad agosto e a settembre di quest’anno.
Quello di settembre (dl 153/2015) ha prorogato di due mesi i termini per la presentazione delle istanze (inizialmente posto al 30 settembre 2015), spostandolo appunto al 30 novembre 2015, con una conseguenza precisa, riassunta così nel dossier dedicato al provvedimento pubblicato dalla Camera dei deputati: “Limitatamente alle attività oggetto di collaborazione volontaria, il reato di riciclaggio (ex art. 648-ter.1 codice penale) non sarà punibile in relazione agli atti compiuti sino 30 novembre 2015”.
Ma è il decreto approvato il 5 agosto (dlgs 128/2015) che più di tutti ha reso davvero “appetibile” la “voluntary disclosure”, sancendo di fatto una nuova “stagione” del condono fiscale. A tutti quei contribuenti che si avvarrano della collaborazione viene infatti garantita la “non punibilità” per le violazioni costituenti reato. Anche per quegli anni decaduti ai fini dell’accertamento fiscale -dunque dal 2009 all’indietro- ma non prescritti dal punto di vista penale. Il tutto, senza pagare alcuna sanzione. È una misura che va oltre il condono. O, per usare le parole dell’avvocato Caputo, è un “regalo”.
Fonte: Altreconomia
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.