La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 10 gennaio 2016

Banca Etruria, papà Renzi e la Castelnuovese

di Gaia Scacciavillani 
La Castelnuovese è la società più importante coinvolta nelle perquisizioni di ieri della Procura di Arezzo. La cooperativa ‘rossa’, aderente alla Legacoop, è stata guidata per quasi vent’anni, nonostante le sue origini democristiane, da Lorenzo Rosi: dal 1995 fino al luglio 2014. Nel contempo Rosi, ora indagato per i prestiti in conflitto di interesse, scalava la Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio: consigliere dal 2008, vicepresidente dal 2013 prima di lasciare il posto a papà Pier Luigi Boschi per diventare presidente di Bp nel nel 2014.
Proprio per chiarire i rapporti tra la coop e l’istituto, incluso il conflitto d’interesse non dichiarato, il procuratore capo Rossi ha disposto la perquisizione. La Castelnuovese parte dalla costruzione della Casa del Popolo di Castelnuovo dei Sabbioni e dalle abitazioni popolari di Arezzo per poi scolorire il suo rosso, come il partito. Oggi si occupa di rifiuti, grandi opere e costruisce tanti centri commerciali e outlet, a partire da quelli progettati in Valdichiana in una fase precedente per arrivare a Reggello.
Mentre il The Mall, ideato con il finanziatore di Matteo Renzi, (e già socio del padre Tiziano) Andrea Bacci; la socia di Tiziano Renzi, Ilaria Niccolai e i Moretti-Lebole di Arezzo, con la consulenza del padre del premier è solo l’ultimo dei business di Rosi.
A fine 2014 la cooperativa contava partecipazioni in più di 40 imprese. “L’aver consolidato negli anni il nostro patrimonio ci ha permesso di finanziare, insieme al sistema bancario, molti interventi immobiliari nel settore commerciale e residenziale”, si legge nella relazione che accompagna l’ultimo bilancio che per il futuro auspica il consolidamento dei rapporti con Prada, Unicoop Firenze e Gucci. Ma anche degli “interventi pubblici nel campo delle infrastrutture”. Al momento, però, “uno degli asset più importanti” è il settore ambientale che ha assunto negli anni rilevanti “dimensioni, giro d’affari e valore strategico”.
Merito della partecipazione in Sei Toscana, il nuovo gestore del servizio integrato dei rifiuti urbani nelle provincie dell’Ato Toscana Sud (Arezzo, Grosseto e Siena) che ha chiuso il 2014 con 1,8 milioni di utili, ma anche 83,5 milioni di debiti 18,3 dei quali verso il sistema bancario. Del resto il 2014 è stato il primo anno della concessione ventennale da circa 160 milioni l’anno vinta dal consorzio che nel frattempo ha concorso anche per l’affidamento del centro (Firenze, Prato e Pistoia) e della costa (Livorno, Lucca, Massa Carrara e Pisa) della Toscana.
Oltre che socio con l’11 per cento circa delle quote, Castelnuovese è in partita anche come partner tecnico di Sei. Un ruolo chiave, in quest’area di attività, è giocato da Eros Organni, amministratore delegato di Sei, un “tecnico dei servizi pubblici locali”, come lo ha definito il sindaco di Siena Bruno Valentini. Dimenticandone forse le passate vesti di partner dello Studio di commercialisti di Luciano Nataloni, l’ex consigliere di Banca Etruria finito anche lui nel mirino della procura di Arezzo per “omessa comunicazione di conflitto d’interessi”, con cui Organni ha condiviso una lunga lista di attività imprenditoriali. Non secondaria neppure la figura del vicepresidente di Sei, il senese Fabrizio Vigni: da parlamentare, tra il 1994 e il 2006, è stato membro della Commissione ambiente della Camera e ha partecipato alla Commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti. L’ex consigliere provinciale e comunale di Siena, dal 2009 è anche presidente di un importante socio di Sei, Sienambiente, il gestore del piano provinciale dei rifiuti fondato alla fine degli anni 80 dagli enti locali e da Mps, di cui Rosi è stato consigliere dal 1997 fino al 2002.
Quello che salta di più agli occhi nell’affare dei rifiuti sono gliincroci tra la Coop rossa e la Banca Etruria, entrambe in passato presiedute da Rosi. La Banca infatti partecipa in Società Toscana Ambiente, di cui Rosi è stato presidente dal 2008 all’11 aprile 2013, che a sua volta è socia di Sei. Non solo. La Sta, che è anche l’anello di congiunzione tra la Castelnuovese e Sei, a fine 2014 aveva quasi 15 milioni di debiti con le banche. Parte dei quali riconducibili alle linee di credito fino a 10 milioni concesse da Mps e dalla stessa Banca Etruria. Tra i creditori non bancari, invece, spicca Uch, socio di controllo di Sta a sua volta controllato dalla Castelnuovese e dal suo partner (sempre aderente alla Legacoop) Unieco e, tra il 2008 e il 2013, presieduto ancora una volta da Rosi. Il prestito a fine 2014 ammontava a 5,33 milioni.
Sullo sfondo c’è sempre il vecchio business degli outlet. Quello dell’avventura della Città Sant’Angelo Outlet Village iniziata nel 2007 con l’avvio della costruzione di un “parco commerciale” nel pescarese il cui completamento è atteso nel 2020. E i cui conti stentano a decollare: solo il 2014 era in rosso per 6 milioni. A sostenere la società di cui Rosi è stato consigliere fino al 2014, ha contribuito un pool di banche tra cui Mps e l’Etruria con un finanziamento da 80 milioni da restituire a rate. Peccato che la società, stando al bilancio 2014, abbia versato solo la prima e da dicembre 2012 a giugno 2015 ha saltato tutti i pagamenti. Intanto per tenere in piedi la società i soci Castelnuovese e Unieco hanno messo complessivamente 7,72 milioni tra rinunce a crediti e impegni a ricapitalizzare.
Prima ancora di Pescara, era stata la volta di Mandò, un centro commerciale di Reggello che i locali definiscono “un tentativo andato male di emulare il The Mall”. Sarà forse per quello che poi Rosi si è unito ai più fortunati costruttori dell’outlet di Gucci. La società Mandò Village, 100% Castelnuovese, intanto però resta aperta: solo il 2014 si è chiuso con una perdita di 3,22 milioni. E così la Castelnuovese ha dovuto rinunciare a un prestito che aveva fatto alla controllata per creare un fondo da 2,7 milioni di copertura delle perdite.
Generosità d’altri tempi. Ma non certo una novità per la cooperativa. Come si vede anche nel caso di Rees, società di sviluppo di progetti immobiliari di cui la Castelnuovese ha il 37,5% mentre il 56,25 è intestato all’altro ex consigliere di Banca Etruria, l’attivissimo Nataloni. Tra i suoi debiti c’è un prestito infruttifero e postergato di 2,44 milioni. Il generoso creditore è sempre la Castelnuovese. Forse anche perché attratta dal promettente business intrapreso dalla controllata di Rees, Innova Re, che è presieduta dallo stesso Nataloni. E che, nel corso del 2013, ha abbandonato la promozione di sviluppi commerciali, per dedicarsi a una nuova tipologia di affari legata alla valorizzazione immobiliare nell’ambito della gestione dei Npl (non performing loans), ovvero i prestiti che le banche dubitano di poter rivedere indietro. Un settore dove serve esperienza. Ma non si può certo dire che Rosi e Nataloni non ce l’avessero.

Fonte: Il Fatto Quotidiano 

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