La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 10 gennaio 2016

Gramsci e Lukács in America Latina

di Antonino Infranca
All’inizio di questo articolo pongo un’avvertenza al lettore: non consideri l’America Latina come se fosse un'unica cosa, priva di differenze significative. La quasi totale unità linguistica - solo due lingue diffuse, portoghese e spagnolo, che permettono una buona comprensibilità reciproca - e la quasi totale unità religiosa (cattolicesimo), nascondono una enorme quantità di differenze di ogni natura, distribuite su un territorio gigantesco, che fa dello spagnolo la lingua-madre geograficamente più diffusa del pianeta.
Quando parlo di America Latina non sto cercando di comunicare al lettore una omogeneità che non esiste, semmai sto cercando di comunicare una differenza abissale rispetto all’immagine che si dà di quel continente culturale, perché l’America Latina è una realtà a sé stante, con alcune somiglianze all’Occidente - appunto, lingue e religione -, ma con differenze talmente marcate da farne un Altro Occidente [1].
D’altronde, un lettore italiano troverebbe incongruo un articolo che parlasse dell’Europa come un tutto unico. Allora perché l’America Latina, dal Messico all’Argentina, dovrebbe essere considerata omogenea?
La diffusione del pensiero dei due maggiori intellettuali marxisti del Novecento è in netta contraddizione con quanto sta accadendo in Europa, perché in quel continente sta sorgendo una coscienza critica che ormai nel nostro vecchio continente è morta e sepolta. Naturalmente questo sorgere non avviene in forma omogenea ma con differenze importanti; però avviene quasi dovunque.
I recenti risultati elettorali in Argentina e Venezuela hanno apportato o annunciano cambiamenti importanti nel quadro politico dell’America Latina, perché governi di sinistra sono o saranno sostituiti da governi di destra, come è inevitabile che accada in sistemi politici democratici. L’America Latina, da almeno trent’anni, gode ormai di stabili democrazie che hanno visto alternarsi governi ideologicamente molto diversi e anche radicalmente opposti gli uni agli altri e, quindi, l’alternanza politica non suscita più alcuna preoccupazione di involuzione democratica: lo Stato di diritto è pienamente affermato e questa piccola, ma significativa, conquista democratica sembra ormai indiscutibile. D’altronde il “pericolo” di una rivoluzione comunista è remoto, ma l’ideologia marxista non sembra essere fuori moda.
La scomparsa del marxismo è ancora un desiderio irrealizzato degli ambienti politici, economici e sociali legati al dominante neoliberalismo. Infatti, l’ideologia marxista mantiene la sua funzione di strumento critico utile agli operatori sociali, proprio in conseguenza del dominio economico neoliberale. L’America Latina non è più il “cortile di casa” del potente vicino del nord, gli Stati Uniti, ma non è ancora una potenza economica autonoma, come lo è la culla dell’Occidente, cioè l’Europa. Ovunque, però, in America Latina si sente fortemente la presenza di una coscienza latinoamericana, la volontà di indipendenza dal potente vicino del nord, la consapevolezza che l’era della propria indipendenza è vicina e che si debba pensare all’emancipazione da ogni forma di “minorità”.
In queste poche righe non posso ricostruire tutti i passaggi evolutivi del marxismo latinoamericano, che ha avuto figure di grande levatura etica e intellettuale, come Che Guevara, ma cercherò di raccontare alcuni fatti, soprattutto dell’attuale presente.
Partiamo, appunto, da Che Guevara, il latinoamericano più famoso al mondo, perché dalla conoscenza della sua formazione culturale troveremo anticipazioni dell’argomento di questo articolo. Dalla natia Argentina ricevette una formazione culturale di tipo europeo; egli non era di origine italiana e questo per un argentino è un fatto di marcante originalità. In Argentina, però, il pensiero del nostro connazionale più tradotto al mondo, cioè Antonio Gramsci, era molto conosciuto, già fin dagli anni Venti, quando l’Ordine Nuovo, appena sbarcato nel porto di Buenos Aires, veniva tradotto in spagnolo. Poi, negli anni Cinquanta, Hector Agosti e José Aricó iniziarono la traduzione e pubblicazione deiQuaderni del carcere in spagnolo, prima traduzione in una lingua straniera dei Quaderni.
Negli anni Sessanta a Buenos Aires iniziarono ad essere pubblicate le prime opere di Lukács in spagnolo, sfruttando le traduzioni in italiano delle opere del filosofo ungherese (questa è, infatti, una delle caratteristiche delle opere di Lukács, in quanto molto spesso le sue opere sono state tradotte in spagnolo o in portoghese dall’italiano). Come è noto l’Italia, dopo la Germania, è il Paese dove di più si è diffuso il pensiero di Lukács, ma la Germania era avvantaggiata dalla comunanza linguistica con il filosofo ungherese, ma di lingua tedesca.
Quindi non è sorprendente che Che Guevara nei giorni in cui fu ucciso, nella selva boliviana, stesse leggendo Il giovane Hegeldi Lukács, di cui ha lasciato brevi ma indicative note di lettura. Sicuramente altre opere di Lukács erano note al Che, unitamente ai Quaderni del carcere e alle Lettere dal carcere di Gramsci.
Questa simbiosi filosofica tra Gramsci e Lukács ha trovato il suo massimo rappresentante nel filosofo brasiliano Carlos Nelson Coutinho, il quale dichiarava di essere teoricamente “bigamo”. Il marxismo “bigamo” di Coutinho si è diffuso in quel sub-continente culturale che è il Brasile, dando luogo a un fecondo proliferare di studi gramsciani e lukácsiani. L’aspetto più sorprendente di questa diffusione è che è avvenuta nelle facoltà di Servizi Sociali, di Sociologia, di Scienze politiche e con due sole esclusioni, Belo Horizonte e Maceiò, mai in facoltà di Filosofia. Questo dimostra che il pensiero di Gramsci e di Lukács è studiato da operatori sociali, quindi è visto nel suo aspetto più pratico/teorico, piuttosto che come teoria pura. Il pensiero di Gramsci e di Lukács esce dalle università, dalle accademie, ed entra nella società civile come strumento critico per l’interpretazione di una realtà complessa come quella brasiliana di oggi. Anche nel dibattito politico brasiliano i riferimenti, soprattutto a Gramsci, sono frequenti e ben ponderati.
I Quaderni del carcere e le Lettere dal carcere sono tradotte in portoghese ormai da vari decenni. Sono presenti anche ampie antologie degli scritti pre-carcerari di Gramsci. Grazie all’interesse per il pensatore sardo sono presenti nel mercato librario brasiliano anche interessantissimi saggi critici su Gramsci, che hanno meritato la traduzione in italiano, come è il caso dello stesso Coutinho o di Marcos Del Roio, per citare solo i più significativi.
Nel caso dello spagnolo, l’Argentina rimane all’avanguardia nella diffusione delle opere di Gramsci e Lukács. L’edizione critica dei Quaderni del carcere è uscita in Messico, all’inizio del secolo, ma la casa editrice Gorla di Buenos Aires sta pubblicando una selezione molto ampia degli scritti pre-carcerari di Gramsci. Gli studiosi argentini di Gramsci sono particolarmente numerosi e non soltanto nella capitale, ma anche in altre città argentine come Mendoza e Cordoba.
Per le opere lukácsiane, invece, si è abbandonata l’abitudine di tradurre dall’italiano e si traduce direttamente dal tedesco. Alcuni testi lukácsiani erano stati pubblicati negli anni Sessanta in Messico o in Spagna, ma adesso Miguel Vedda, professore di Letteratura tedesca a Buenos Aires, sta ripubblicando nuove traduzioni dei testi lukacsiani o lanciando testi inediti in spagnolo. Vedda ha formato attorno a sé un gruppo di ricercatori che hanno acquisito una competenza eccezionale sul pensiero del filosofo ungherese, e adesso Buenos Aires è diventata un centro avanzato di ricerca su Lukács.
L’università argentina si è consorziata con due università brasiliane, Belo Horizonte e Brasilia, per sviluppare un centro di ricerca interuniversitario su Lukács. Centri di ricerca brasiliani lukácsiani sono nell’università di Maceiò, dove si pubblica un annuario e varie opere sul filosofo ungherese e a Marilia, all’interno dello Stato di San Paolo, dedicato all’Ontologia dell’essere sociale di Lukács, a Brasilia, dedicato alla critica letteraria lukácsiana. Sarebbe troppo lungo elencare tutte le facoltà brasiliane che hanno ricercatori lukácsiani o gramsciani.
In Messico agiscono alcuni ricercatori gramsciani, soprattutto a Puebla, e lukácsiani. La ricerca messicana non ha punte di rilievo come l’Argentina o il Brasile, ma è pur sempre molto significativa, essendo vicinissima agli Stati Uniti, dove lo spagnolo è una lingua estremamente diffusa.
Altri centri di ricerca gramsciana e lukacsiana sono presenti in Cile, Venezuela, Colombia e Uruguay. Inoltre, tra le varie università latinoamericane si realizza un programma di scambio di studenti di dottorato, in modo che la formazione universitaria di più alto livello permette di completare il corso di studio o nel continente o in Europa. Nel caso di Lukács, però, è unanime la lamentela che l’Europa non offra più nessuno studioso di rilievo per completare una ricerca sul pensiero del filosofo ungherese. Per fortuna, in Italia un discreto numero di studiosi universitari gramsciani e l’Istituto Gramsci a Roma possono offrire ai dottorandi latinoamericani un valido sostegno per la ricerca.
Altro fenomeno interessante, che riguarda direttamente la cultura italiana, è il richiamo dei cervelli: i primi studiosi gramsciani e lukácsiani, come Gianni Fresu, hanno preso la via brasiliana, non trovando collocazione nell’università italiana, genericamente ostica verso le ricerche marxiste; si sono trasferiti in Brasile per arricchire la formazione scientifica dei giovani brasiliani, impoverendo di conseguenza quella dei giovani italiani. D’altronde la nostra accademia, soprattutto nel campo della filosofia, si è ristretta nelle sue beghe concorsuali e non si apre più ai problemi della società civile, come faceva alcuni decenni fa.

Note
Rimando al mio libro, L’Altro Occidente. Sette saggi sulla filosofia della liberazione, prol. E. Dussel, Roma, Aracne, 2010, pp. 305.

Fonte: La Città futura 

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