di Raffaele Lupoli
La corsa delle primarie democratiche per la Casa Bianca si gioca anche sul “green”. E la contesa Hillary Clinton e Bernie Sanders si riaccende in prossimità del confronto diretto tra i due previsto per il 17 gennaio a Charleston. Gli ultimi sondaggi danno l’outsider Sanders a una manciata di voti da Clinton in Iowa, dove le primarie Dem prenderanno il via il primo febbraio. L’ex segretario di Stato, stando ai rilevamenti di Nbc News, Wall Street Journal e Marist Colleg, supera di tre punti il senatore socialista (48 contro 45), mentre le previsioni per il voto del 10 febbraio nel New Hampshire vedono davanti Sanders al 50% e a seguire Clinton al 45. E’ proprio per questa incertezza nei primi due Stati, vitali per il senatore socialista, che i due stanno, per la prima volta nella campagna, accentuando le differenze e scambiandosi – moderate – accuse.
Confortato dai sondaggi, il senatore del Vermont prova ad ancorare a sinistra la sua campagna elettorale, mettendo in luce le differenze con la sua avversaria. Lo aveva già fatto pochi giorni fa presentando il suo piano per proteggere i consumatori dalle grandi banche d’affari, quando ha detto che «la frode è un modello di business a Wall Street», aggiungendo: «Se Wall Street non metterà fine alla sua avidità, lo faremo noi per lei». Sanders ha definito usurari i tassi di interesse sulle carte di credito praticati attualmente proponendo l’introduzione di un tetto massimo del 15% e per stigmatizzare il fenomeno ha perfino scomodato Dante Alighieri: «Nella Divina Commedia Dante riserva un posto speciale nel settimo girone dell’Inferno per coloro che danno prestiti a tassi usurari» ha detto il candidato socialista.
Di queste ore, invece, è un’opzione radicale in campo energetico e ambientale. Prendendo di mira – come aveva fatto per Wall Street – i finanziamenti indiretti dell’industria petrolifera a sostegno di Hillary Clinton, Sanders è diventato il primo candidato alla presidenza a sottoscrivere l’impegno a rifiutare contributi elettorali da parte dell’industria dei combustibili fossili. Annie Leonard, direttore esecutivo di Greenpeace Usa – che assieme a una ventina di sigle ha promosso il “patto” per i candidati democratici e repubblicani lanciando l’hashtag #fixdemocracy – ha spiegato che quando accettano soldi dalle mega-industrie e in primis dalla lobby del petrolio, del gas e del carbone, i politici «stanno penalizzando in primo luogo i poveri, gli anziani e gli studenti che votano per la prima volta». Leonard ha auspicato che dopo Sanders, anche Hillary Clinton si aderisca all’appello e si impegni a sostenere una democrazia “people-powered” (alimentata dalle persone e non dalle lobby attraverso il denaro) e che disinvesta dalle fonti energetiche inquinanti. «Dobbiamo mettere i soldi “fuori” e portare le persone “dentro” la nostra democrazia. La nostra democrazia non deve più essere venduta all’asta al miglior offerente» ha concluso la dirigente ambientalista.
Va detto che nella campagna 2016, Hillary Clinton non ha accettato contributi diretti da società per azioni, incluse le compagnie petrolifere e del gas, in conformità con le norme in materia elettorale. Secondo il Center for Responsive Politics, finora la candidata democratica ha ricevuto 160mila dollari da persone che lavorano per i big delle fossili, contributi in ogni caso legittimi. Quasi ogni candidato repubblicano, spiegano i promotori di #fixdemocracy, riceve finanziamenti dal settore e Jeb Bush, Ted Cruz e Hillary Clinton sono i tre principali beneficiari dei contributi elettorali dei dipendenti di industrie del petrolio e gas.
Dal canto suo, l’ex first lady contesta al senatore del Vermont, Stato in cui il possesso di armi è parte del senso comune, una linea troppo soft in materia. E ora che Obama ha messo il tema al centro dell’agneda politica, c’è da scommettere che il confronto di domenica prossima a Charleston non farà sconti a nessuno dei due contendenti.
Gli impegni proposti ai candidati alla presidenza da #fixdemocracy
Prometto fedeltà a una democrazia “del, da, e per” il popolo.
Se eletto, mi impegno a lottare per una democrazia people-powered dove si ascolta ogni voce
Difendendo il diritto di voto per tutti, e
sostenendo misure di sostegno di buon senso, come il finanziamento pubblico per le campagne, e il ribaltamento della sentenza Citizens United (con la quale la Suprema Corte ha vietato ogni limite ai finanziamenti elettorali in quanto protetti dal primo emendamento della Costituzione americana, ndr) per garantire un governo “con e per la gente”, non per i grandi donatori.
E mi impegno a dimostrare che io lavoro per il popolo, rifiutando i soldi dalla lobby dei combustibili fossili e difendendo queste soluzioni per una democrazia “people-powered” durante la campagna elettorale.
Fonte: Left
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