La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 29 agosto 2016

Storia di un accordo tra zombie

di Alfredo Luís Somoza
I primi sono stati Manuel Valls e François Hollande lo scorso giugno quando avevano dichiarato che, allo stato attuale dell'arte, la Francia non firmerebbe il Ttip perché non tutela l'agricoltura e la cultura nazionale. Poi è arrivato il voto per la Brexit nel paese che è stato sempre il più grande sponsor europeo all'accordo con gli Usa e la Gran Bretagna. Ma il vero de profundis è stato ora intonato dal leader socialdemocratico e Vice della Merkel Sigmar Gabriel, che ha detto senza giri di parole che la trattativa Usa-Ue è su un binario morto, anche se sicuramente rimarrà "in vita" a livello formale. Un trucco per non riconoscere il fallimento inventato dal Wto con mantiene in vita artificiale il Doha round su agricoltura e servizi dall'ormai lontano 2003.
Dall'altra parte dell'Atlantico il Ttip forse è ancora meno voluto. Sicuramente da Donald Trump e da Bernie Sanders, ma ultimamente è sensibilmente calato l'interesse di portarlo avanti da parte di Hillary Clinton.
Ma perché questo negoziato che sarebbe stato il più importante nella storia del commercio internazionale ora viene insabbiato? La prima e scontata riposta è che trattandosi di un'intesa tra due colossi, nessuno dei due è riuscito a prevalere sull'altro nel negoziato in corso. In buona sostanza, quando gli Usa o l'Ue negoziano trattati internazionali, lo fanno da una posizione di forza e sempre con un saldo attivo per loro. Negli Usa, con il Ttip per la prima volta si sta negoziando un accordo con un gruppo di paesi economicamente, tecnologicamente e demograficamente alla pari, e in alcuni settori addirittura più forti. Per l'Europa, si tratta della prima volta in cui si mettono seriamente in discussione 40 anni di regolamentazione del mercato interno e la stessa logica della coesione comunitaria così faticosamente costruita.
Con il Ttip a un certo punto hanno scoperto entrambi che non stavano firmando un accordo con il Messico o con il Camerun, ma qualcosa che poteva mettere in discussione protezionismi, rendite di posizione, monopoli commerciali costruiti in entrambe le sponde dell'Atlantico in decenni. Anche l'opinione pubblica ha avuto la sua parte. Verso il Ttip si è registrata in questi anni una contrarietà crescente che rispecchia l'andamento dei sondaggi sulla popolarità dell'accordo rilevati dall'autorevole fondazione tedesca Bertelsmann: i favorevoli sono crollati dal 53% al 15% negli Usa e dal 55% al 17% in Germania. Un clamoroso cambiamento nell'opinione pubblica dovuto al capillare lavoro di informazione e controinformazione dei cittadini promosso da migliaia di associazioni sia in Europa sia negli Stati Uniti.
Per l'Europa, e soprattutto per l'Italia, uno dei punti dolenti è il capitolo agricolo con due paletti invalicabili per sottoscrivere l'accordo: il riconoscimento dei marchi di tutela europei sull'agroalimentare e il divieto agli Ogm. Due temi che negli Usa non vengono nemmeno presi in considerazione. Altro argomento scottante, l'opposizione di Washington all'apertura del mercato interno degli appalti alle imprese europee.
Ma il nodo centrale della questione è legato al cambiamento della stagione politica mondiale. Di fronte alla crisi economica che non si è chiusa, ai paesi Brics che arrancano, all'aumento della conflittualità globale, siamo all'inizio di un'era neo-protezionistica. Un neo-protezionismo che si legge chiaramente nello slogan America First di Donald Trump, ma anche nel Buy American di Barack Obama, e che in Europa si ripresenta puntualmente a partire dalla Francia: il bastione della difesa della peculiarità culturale e agricola europea a suon di miliardi di sovvenzioni e di barriere doganali tenute alte.
I due blocchi centrali dell'Occidente, che storicamente hanno fatto della retorica liberoscambista un'arma contro il protezionismo degli altri, dalla Cina al Brasile, oggi hanno reciprocamente paura di deregolamentare i propri mercati interni. Questo stallo permette di misurare la distanza tra il dire e il fare in politica economica: il "mercato senza rete" che gli Stati dell'Occidente auspicano per i paesi che una volta erano del Terzo mondo, a casa loro può ancora aspettare. E questo, per i cittadini europei soprattutto, per ora è un bene.

Fonte: Huffington post - blog dell'Autore 

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