La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 12 marzo 2017

I diversi significati del termine populismo

di Prabhat Patnaik
Spesso la stessa parola è usata da persone diverse con significati differenti e questo può essere fonte di grande confusione. La Banca Mondiale ha approfittato di questa opportunità, adottando espressioni che sono state utilizzate con un certo significato, soprattutto a sinistra, e piegandole in una direzione molto diversa in modo da creare una deliberata confusione e sfruttare il sentimento positivo che un termine nella sua accezione iniziale aveva risvegliato. "Aggiustamento strutturale" è un buon esempio di tale appropriazione da parte della Banca Mondiale. Nel suo uso iniziale suggeriva che la soluzione del mercato era inadeguata nei paesi del Terzo mondo e, con ciò, era necessario un "cambiamento strutturale" associato a cambiamenti nei rapporti di proprietà, come la riforma agraria.
Ma la Banca Mondiale ha usato il termine "aggiustamento strutturale" per dire esattamente il contrario, e cioè per evitare eventuali modifiche nei rapporti di proprietà e introdurre ovunque il "libero mercato".
Il termine "società civile" usato da Hegel, e spesso citato da Marx, è un altro esempio evidente. "La società civile" nei suoi scritti era distinta dallo Stato e riferita all'insieme delle relazioni sociali (che secondo Marx sono determinate, in ultima analisi, dai rapporti di proprietà entro i quali è svolta la produzione). Ma oggi il termine è usato principalmente per fare riferimento a organizzazioni non governative, designate come "organizzazioni della società civile".
Un destino molto simile viene ora sperimentato, purtroppo, dalla parola "populismo". Al giorno d'oggi la parola viene usata per parlare della tendenza a creare, o assecondare, uno stato d'animo che è anti-casta, anti-intellettuale, contemporaneamente irrazionale e a vocazione maggioritaria. Perciò viene detto Donald Trump risveglia il "populismo" o che il referendum sulla Brexit riflette i sentimenti "populisti". In entrambi i casi il riferimento è al rilancio di sentimenti razzisti o xenofobi tra gruppi di maggioranza, sentimenti che possono essere stati dormienti o inattivi per un certo tempo, ma ora deliberatamente riattivati. La parola "populismo" in questa accezione è vicina a parole come "fascismo", "semi-fascismo", "quasi-fascismo" e così via. In effetti, dato il contesto di crisi economica che ha colpito duramente il popolo e ha creato le condizioni per la nascita del "populismo" in questo senso, e dato anche che la promozione di un tale "populismo" viene associato a un "nazionalismo" che non contrasta in alcun modo l'egemonia della finanza, l'affinità con il "fascismo" è molto forte.
Ma anche se in questi giorni la parola "populismo", spesso viene usata come eufemismo per "fascismo" o "semi-fascismo" non è sempre stato così. [...] Questo però è molto diverso dal modo in cui la parola è stata tradizionalmente intesa nella letteratura marxista. "Populismo" qui non si riferisce ad uno spirito anti-intellettuale, ma a una tendenza intellettuale ben precisa, che vede il popolo, soprattutto i contadini, come un gruppo più o meno omogeneo non ancora diviso in classi e che non ha sperimentato alcun processo di forte differenziazione. I narodniki russi erano "populisti" in questo senso. Essi credevano che si potesse compiere un passaggio diretto dalla comune del villaggio russo, il mir, al socialismo senza passare attraverso una fase di sviluppo capitalistico. Vera Zasulic, un'importante populista scrisse a Karl Marx per un suo parere su tale possibilità.
I narodniki erano rivoluzionari. La tendenza intellettuale del "populismo" da loro connotata non ha nulla a che fare con il fascismo, il semi-fascismo o quasi-fascismo; erano "populisti" solo in contrasto con i socialdemocratici: vedevano nei contadini la forza di avanguardia rivoluzionaria in opposizione alla classe operaia, ritenuta dai socialdemocratici la principale forza rivoluzionaria. Vedevano i contadini come indifferenziati e presagivano un passaggio diretto dalla mir al socialismo. In realtà, molti di loro, inclusa Vera Zasulich, in seguito aderirono al partito socialdemocratico, così come Plekhanov, Axelrod, Lenin, Martov e Potresov, che erano del comitato editoriale dell'Iskra, il giornale dei socialdemocratici russi.
Lenin scrisse la sua opera Lo sviluppo del capitalismo in Russia come una critica intellettuale della teoria populista, in cui sosteneva, sulla base di dettagliate argomentazioni, che il capitalismo era in rapido sviluppo in Russia. Ciò avrebbe portato alla disintegrazione del mir russo, lasciando il posto alla differenziazione tra i contadini, mentre era emersa una classe operaia, come in altri paesi capitalisti, capace di fornire una guida alla rivoluzione russa, anche nella sua fase democratica.
Il populisti e il fenomeno Trump sono distanti come l'olio e l'acqua. Nessun legame può unirli. Così, quando il termine "populismo" viene utilizzato per il fenomeno Trump, assume un senso completamente diverso dall'uso che se ne fa per descrivere i narodniki. Non rendersi conto di questa distinzione può essere fonte di grande confusione tra le fila marxiste.
La tendenza intellettuale del "populismo", come è intesa nella letteratura marxista, non si limitava solo ai populisti dei tempi passati. Si tratta di una tendenza forte e duratura, in particolare per le società contadine ancora esistenti. Tutte le teorie che enfatizzano il primato della contraddizione tra "città versus campagna", cadono in questa categoria, poiché vedono una "campagna" indifferenziata sfruttata da una "città" indifferenziata. Anche forme declinate, in cui oggi appare più spesso il primato della contraddizione "città versus campagna", come ad esempio il "settore organizzato" che sfrutta il "settore non organizzato" o il "settore formale" che sfrutta il "settore informale", in voga in un momento in cui la classe operaia organizzata era vista come "classe privilegiata", il beneficiario di uno "scambio ineguale" imposto su un settore non organizzato dal settore organizzato, può in generale (anche se discutibilmente) essere classificato come appartenente a una tradizione "populista".
Quando lo sviluppo del capitalismo è debole, come nella Russia pre-rivoluzionaria (dove, nonostante le opere di Lenin, non si può negare che rispetto all'Europa occidentale la Russia ha avuto un più basso livello di sviluppo capitalistico) o nelle economie coloniali, ossia, quando la classe operaia era una piccola forza e la questione dell'esistenza o meno di una "classe privilegiata" non era nemmeno molto importante, la tendenza verso il "populismo", verso la percezione della società in termini di "campagna contro città", diventa particolarmente forte. In realtà, molti scritti di Gandhi possono essere descritti come rientranti nel genere "populista", nel senso marxista.
In periodi più recenti, V.M. Dandekar, l'economista che ha sostenuto, sulla base degli scritti di J.K. Galbraith, che l'India contava su un settore organizzato, costituito sia dal "capitale organizzato" che dal "lavoro organizzato", che sfruttava il settore non organizzato, si può dire appartenga a questo tipo di "populismo". Tale "populismo" nel contesto indiano, tuttavia, è sempre impreciso, dal momento che anche i lavoratori organizzati, sono perennemente stati un gruppo emarginato che si è estinto completamente sotto l'effetto del neoliberismo. Il fatto che i "lavoratori" nel loro complesso siano stati fortemente oppressi dalle nuove condizioni, rende del tutto inadeguata qualsiasi allusione al primato della contraddizione "campagna-città".
Nella Russia stessa, anche dopo la rivoluzione bolscevica, c'è stato un aumento del "populismo" tradizionale, o l'emergere di ciò che è stato chiamato "neo-populismo", in particolare negli scritti di A.V. Chayanov, che hanno negato l'esistenza di qualsiasi tendenza alla differenziazione tra i contadini, sostenendo invece che le divaricazioni osservate nel quadro della fattoria erano dovute a differenze nella dimensione della famiglia. Ciò era completamente in contrasto con la tradizione intellettuale marxista sulla questione agraria, articolata tra gli altri da Kautsky e Lenin, che vede la produzione capitalistica di merci apportare una differenziazione all'interno del gruppo dei contadini con una divisione tra una classe proto-capitalista di contadini ricchi da un lato e una classe semi-proletaria di contadini poveri, dall'altro.
Tutta questa linea di pensiero, che costituisce una seria tradizione intellettuale, con la quale il marxismo è stato in continuo confronto e conflitto, e che i marxisti hanno generalmente considerato come "populismo", deve essere distinta dai movimenti in stile Trump che prolificano in tutto il mondo nella congiuntura attuale e che vengono descritti con la stessa parola. Altrimenti detto: abbiamo di nuovo un identico termine per descrivere fenomeni completamente diversi; dobbiamo stare in guardia contro la possibile confusione che ciò può generare.

Articolo pubblicato su peoplesdemocracy.in
Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare
Fonte: marx21.it 

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