La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 18 agosto 2015

Dalla Nato a Goldman Sachs via Ttip

di Manlio Dinucci
Dopo essere stato dal 2009 al 2014 segre­ta­rio gene­rale della Nato (sotto comando Usa), Anders Fogh Rasmus­sen è stato assunto come con­su­lente inter­na­zio­nale dalla Gold­man Sachs, la più potente banca d’affari statunitense.
Il cur­ri­cu­lum di Rasmus­sen è pre­sti­gioso. Come primo mini­stro danese (2001–2009), si è ado­pe­rato per «l’allargamento della Ue e della Nato con­tri­buendo alla pace e pro­spe­rità in Europa». Come segre­ta­rio gene­rale, ha rap­pre­sen­tato la Nato nel suo «picco ope­ra­tivo con sei ope­ra­zioni in tre con­ti­nenti», tra cui le guerre in Afgha­ni­stan e Libia, e, «in rispo­sta all’aggressione russa all’Ucraina, ha raf­for­zato la difesa col­let­tiva a un livello senza pre­ce­denti dalla fine della guerra fredda».
Rasmus­sen inol­tre ha soste­nuto il «Par­te­na­riato tran­sa­tlan­tico su com­mer­cio e inve­sti­menti (Ttip)» tra Stati uniti e Ue, base eco­no­mica di «una comu­nità tran­sa­tlan­tica integrata».
Com­pe­tenze pre­ziose per la Gold­man Sachs, la cui stra­te­gia è allo stesso tempo finan­zia­ria, poli­tica e mili­tare. Suoi diri­genti e con­su­lenti, dopo anni di lavoro alla grande banca, sono stati messi in posti chiave nel governo Usa e in altri: tra que­sti Mario Dra­ghi (gover­na­tore della Banca d’Italia, poi pre­si­dente della Banca cen­trale euro­pea) e Mario Monti (nomi­nato capo del governo dal pre­si­dente Gior­gio Napo­li­tano nel 2011).
Non c’è quindi da stu­pirsi che la Gold­man Sachs abbia le mani in pasta nelle guerre con­dotte dalla Nato. Ad esem­pio, in quella con­tro la Libia: si è prima impa­dro­nita (addu­cendo per­dite del 98%) di fondi sta­tali per 1,3 miliardi di dol­lari, che Tri­poli le aveva affi­dato nel 2008; ha quindi par­te­ci­pato nel 2011 alla grande rapina dei fondi sovrani libici (sti­mati in circa 150 miliardi di dol­lari) che Usa e Ue hanno «con­ge­lato» al momento della guerra. E, per gestire attra­verso il con­trollo della «Cen­tral Bank of Libya» i nuovi fondi rica­vati dall’export petro­li­fero, la Gold­man Sachs si appre­sta a sbar­care in Libia con la pro­get­tata ope­ra­zione Usa/Nato sotto ban­diera Ue e «guida italiana».
In base a una lucida «teo­ria del caos», si sfrutta la cao­tica situa­zione pro­vo­cata dalle guerre con­tro Libia e Siria, stru­men­ta­liz­zando e inca­na­lando verso Ita­lia e Gre­cia (tra i paesi più deboli della Ue) il tra­gico esodo dei migranti con­se­guente a tali guerre. Esso serve come arma di guerra psi­co­lo­gica e pres­sione eco­no­mica per dimo­strare la neces­sità di una «ope­ra­zione uma­ni­ta­ria di pace», mirante in realtà all’occupazione mili­tare delle zone stra­te­gi­ca­mente ed eco­no­mi­ca­mente più impor­tanti della Libia. Come la Nato, la Gold­man Sachs è fun­zio­nale alla stra­te­gia di Washing­ton che vuole una Europa assog­get­tata agli Stati uniti.
Dopo aver con­tri­buito con la truffa dei mutui sub­prime a pro­vo­care la crisi finan­zia­ria, che dagli Stati uniti ha inve­stito l’Europa, la Gold­man Sachs ha spe­cu­lato sulla crisi euro­pea, con­si­gliando «gli inve­sti­tori a trarre van­tag­gio dalla crisi finan­zia­ria in Europa» (si veda il rap­porto riser­vato reso noto dal Wall Street Jour­nal nel 2011). E, secondo docu­men­tate inchie­ste effet­tuate nel 2010–2012 da Der Spie­gel, New York Times,Bbc, Bloom­berg News, la Gold­man Sachs ha camuf­fato, con com­plesse ope­ra­zioni finan­zia­rie («pre­stiti nasco­sti» a con­di­zioni cape­stro e spac­cio di «titoli tos­sici» Usa), il vero ammon­tare del debito greco. In tale fac­cenda, la Gold­man Sachs si è mossa più abil­mente di Ger­ma­nia, Bce e Fmi, il cui cap­pio messo al collo della Gre­cia è evidente.
Reclu­tando Rasmus­sen, con la rete inter­na­zio­nale di rap­porti poli­tici e mili­tari da lui tes­suta nei cin­que anni alla Nato, la Gold­man Sachs poten­zia la sua capa­cità di influenza e penetrazione.

Fonte: Il manifesto

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