di Angelo Mastrandrea
Primo effetto collaterale del nuovo Memorandum imposto dai creditori alla Grecia è una circolare del viceministro per la Previdenza sociale Pavlos Haikalis che taglia le pensioni minime di quasi cento euro: da 486 euro a 392,7, quasi cento euro in meno e una batosta per il 2015, visto che i pensionati se le vedranno decurtare retroattivamente dal primo gennaio. Così, una delle «linee rosse» poste dall’esecutivo a difesa di quel po’ che rimane dello Stato sociale ellenico viene superata. Non che sia tutta farina del sacco della Syriza di governo: si tratta dell’applicazione di una norma del 2010 che solo ora viene applicata. Ma è chiaro che l’aria è cambiata e si tratta solo di «un assaggio di quello che accadrà a ottobre, quando sarà presentato il progetto di riforma del welfare», come scrive il giornale To Vima (orientato verso il centrodestra e dunque non esattamente filogovernativo), che ha tirato fuori la circolare.
Ma prima bisognerà vedere se e in che modo il governo guidato da Alexis Tsipras arriverà a ottobre. Proprio ieri il premier ha chiesto il voto di fiducia, previsto venerdì, dopo che il Paese sarà stato messo in sicurezza: approvato il nuovo Memorandum dal Bundestag tedesco e dagli altri Parlamenti europei che lo hanno messo al voto, arriveranno i soldi che serviranno a pagare un’altra rata da 3,5 miliardi alla Bce e a ricapitalizzare per 10 miliardi le banche elleniche. La maggioranza si gioca sul filo di lana: per raggiungere la soglia minima di 120 deputati dovrebbe recuperare un paio di dissidenti, ma comunque vada il governo sarebbe destinato a ballare, vista l’esiguità dei numeri e i mal di pancia più estesi dell’area apertamente dissenziente. In ogni caso Tsipras sarebbe costretto a governare aggrappato alla stampella dell’opposizione, che ha poca voglia di tornare al voto e assumersi l’onere di applicare un Memorandum che, comunque lo si considera, prevede misure sociali molto pesanti. I riflettori sono puntati su Syriza, e in particolare sulle due figure più decisive del momento: la Presidente del Parlamento Zoe Konstantopoulou (ieri difesa a spada tratta dalle donne del partito, che in un comunicato hanno denunciato attacchi «sessisti» contro di lei) e l’ex ministro delle Finanze Yanis Varoufakis. Nessuno dei due può essere arruolato nella minoranza interna che punta a costituire una nuova coalizione anti-Memorandum, ma se le posizioni dell’agguerrita avvocata per i diritti civili sono state molto apprezzate dalla Piattaforma di sinistra (anche se lei non ha mai appoggiato l’uscita della Grecia dall’euro), per il secondo il discorso è diverso. Varoufakis ha votato contro il Memorandum, ma non ha mai avuto un buon feeling con l’ex ministro dell’Energia Panagiotis Lafazanis (leader della minoranza) e ha sempre affermato di non voler nuocere a Tsipras, dando l’impressione di voler rimanere a combattere la sua battaglia all’interno del partito, da posizioni anti-Memorandum.
Nella partita si è inserita ieri pure una voce autorevole quale quella dell’ex partigiano novantaduenne Manolis Glezos. L’uomo che tirò giù la bandiera nazista dal Partenone, che già dopo l’Eurogruppo del 20 febbraio rompendo con Tsipras si era «scusato» con i greci perché il governo aveva accettato di proseguire le trattative con la ex troika, ha esortato Syriza a «rinsavire», a opporsi a un Memorandum che «lega i greci mani e piedi e li rende schiavi per interi decenni», e ha attaccato duramente la strategia del governo, «volubile e vacillante», e la leadership del partito: «Ha cancellato e distrutto speranze e sogni». «Non lasciamo che la sinistra diventi soltanto una parentesi di sette mesi», ha scritto in un appello che invita ad ascoltare tutte le correnti di Syriza e a convocare un congresso, convinto che «nonostante le intense discussioni che ci saranno, una soluzione si troverà».
Fonte: Il manifesto
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