La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 24 settembre 2015

Più gendarmi (europei) alle frontiere

di Carlo Lania
Divisa come non mai sull’accoglienza ai pro­fu­ghi, l’Europa ritrova l’unità nel chie­dere mag­giori con­trolli alle sue fron­tiere e aiuti per Tur­chia, Libano e Gior­da­nia. Aiuti il cui scopo prin­ci­pale è quello di tenere i pro­fu­ghi siriani nei campi alle­stiti nei pressi della fron­tiera con la Siria. «Così sono più vicini al loro Paese, piut­to­sto che venire fino a qui in Europa», ha spie­gato il pre­si­dente fran­cese Fran­cois Hollande.
Il giorno dopo la spac­ca­tura regi­strata al ver­tice di mini­stri degli Interni tocca ai capi di Stato e di governo, riu­niti anche loro a Bru­xel­les, pro­vare a rimet­tere insieme i pezzi dell’Unione euro­pea. Impresa in parte faci­li­tata dalla deci­sione di Unghe­ria, Roma­nia e Repub­blica Ceca di accet­tare le quote sta­bi­lite dalla com­mis­sione euro­pea e di non seguire la Slo­vac­chia sulla strada del ricorso alla Corte di giu­sti­zia euro­pea. Il che non signi­fica che i Paesi dell’est — i più duri nel con­tra­stare la distri­bu­zione dei pro­fu­ghi — abbiano get­tato la spu­gna. Siamo piut­to­sto di fronte a un cam­bio di stra­te­gia che que­sta vota potrebbe far brec­cia tra i 28. «Abbiamo Schen­gen, che è un accordo fir­mato da tutti che dice chia­ra­mente come fare a difen­dere le fron­tiere. Se non seguiamo le regole, tutta l’Ue piomba nel caos», ha spie­gato al ver­tice il pre­mier unghe­rese Vik­tor Orban pro­po­nendo anche che sia l’Europa a effet­tuare con­trolli in Gre­cia greca per impe­dire l’arrivo di nuovi profughi.
Non è la prima volta che Orban batte si que­sto tasto. Con­tra­ria­mente al pas­sato, però, sta­volta potrebbe essere ascol­tato. Quello del con­trollo delle fron­tiere è un tema che da sem­pre Bru­xel­les ha sul tavolo e rea­lizza stan­ziando perio­di­ca­mente nuovi fondi per Fron­tex. Sta­volta però sem­bra decisa ad andare oltre. Al ver­tice di ieri si è infatti discussa la pos­si­bi­lità di creare una forza da dislo­care lungo i con­fini sia ter­re­stri che marit­timi dell’Unione. A par­larne per primo è stato il com­mis­sa­rio all’Immigrazione Dimi­tri Avra­mo­pou­los (ma anche Hol­lande si è detto d’accordo) annun­ciando la crea­zione entro la fine dell’anno di un sistema «ope­ra­tivo ed effi­cace» di guar­dia di fron­tiera e costiera euro­pea. «Raf­for­zare il con­trollo delle fron­tiere esterne è fon­da­men­tale per far fun­zio­nare Schen­gen», ha spie­gato. Non si tratta dell’unica novità. Il com­mis­sa­rio ha infatti detto di voler pre­sen­tare entro marzo del pros­simo anno anche tre pro­po­ste legi­sla­tive che pre­ve­dono l’introduzione di una Blue Card per l’immigrazione legale, la riforma del trat­tato di Dublino e un mec­ca­ni­smo di ricol­lo­ca­zione per­ma­nete dei migranti.
C’è poi altro capi­tolo che Bru­xel­les con­si­dera fon­da­men­tale. Ed è quello rela­tivo agli aiuti ai Paesi in cui si trova il mag­gior numero di pro­fu­ghi siriani. E in cima alla lista c’è la Tur­chia, paese in cui si tro­vano due milioni di pro­fu­ghi siriani. «Se non si risolve con la Tur­chia l’Ue è persa», ammo­ni­vano fonti diplo­ma­ti­che prima dell’inizio del ver­tice, per niente con­vinte che nuovi fondi pos­sano bastare a risol­vere la crisi. Bru­xel­les ritiene che ser­vano subito due miliardi di euro, uno da ver­sare alle agen­zie dell’Onu che si occu­pano dei rifu­giati (Unhcr, Pam e le altre) e uno diret­ta­mente ad Ankara per­ché si attivi per fer­mare le par­tenze verso l’Europa. «Con 8 milioni di sfol­lati i Siria, oggi par­liamo di milioni di poten­ziali rifu­giati che cer­cano di rag­giun­gere l’Europa. Abbiamo rag­giunto un punto cri­tico», ha ricor­dato il pre­si­dente del con­si­glio euro­peo Donald Tusk.
A tutti i lea­der è comun­que chiaro che l’unico modo per met­tere dav­vero fine all’emergenza pro­fu­ghi è met­tere fine al con­flitto siriano. «Qual­siasi strada pos­si­bile per tro­vare una solu­zione in Siria deve essere per­corsa», ha detto Hol­lande rife­ren­dosi a un pos­si­bile coin­vol­gi­mento della Rus­sia. La guerra in Siria è stata anche uno dei temi affron­tati in una tele­fo­nata tra la can­cel­liera tede­sca Angela Mer­kel e il pre­si­dente degli Stati Uniti Barak Obama. Entrambi i lea­der hanno con­cor­dato sulla neces­sità di una tran­si­zione poli­tica in Siria.

Fonte: il manifesto 

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