Intervista a Fabio De Masi di Luigi Pandolfi
Fabio De Masi, economista italo-tedesco, ha insegnato macroeconomia presso la facoltà di economia della Berlin School of Economics and Law (HWR Berlin). Ora è dirigente ed europarlamentare del partito Die Linke. Abbiamo parlato con lui del futuro dell’Europa e del ruolo della Germania, di lotta al terrorismo e di migranti, delle prospettive della sinistra.
Prima di iniziare, vogliamo parlare delle sue origini italiane?
"Sono figlio di un sindacalista italiano e di una insegnante tedesca di italiano. Ho trascorso qualche anno della mia infanzia a Sanza, un piccolo paese vicino Battipaglia. La mia nonna italiana era piemontese e lì ha incontrato mio nonno, un partigiano antifascista della Seconda Guerra Mondiale. Io però sono cresciuto per lo più in Germania e ho vissuto per un po’ in Sud Africa. Per questo il mio italiano con il tempo è andato rovinandosi. Ma ci sto lavorando su."
Come e perché è approdato alla Linke?
"Fin dai 15 anni sono stato politicamente attivo. Crescere con una madre single che guadagnava poco mi ha insegnato quale impatto abbia sulla vita l’ingiustizia sociale. Mia mamma doveva lavorare molte ore e mio fratello maggiore ha dovuto badare a me e mi ha insegnato a leggere all’età di cinque anni. Le parole mi sembravano delle armi. Potevo quindi intraprendere solo tre strade: diventare un giornalista, un poeta o un attivista politico. Mio nonno ha avuto una giovinezza molto diversa dalla mia - l’ha trascorsa per lo più nel freddo fango piemontese. La storia della mia famiglia, con il possibile scontro sul campo di battaglia fra il mio nonno italiano e quello tedesco, ha inevitabilmente attirato la mia curiosità. Più tardi mi sono unito ad una campagna sindacale. Ero disilluso del giornalismo e troppo arrabbiato per fare della poesia. Ecco perché mi sono unito alla Sinistra. Successivamente ho studiato economia e ho capito che quello è il centro di tutto."
Di origini italiane, tedesco, economista e di sinistra. Ottimo punto di partenza per una chiacchierata sull’Europa e le sue prospettive. Ma, intanto, cos’è l’Europa oggi, dal punto di vista politico ed economico?
"L’Europa è una posto meraviglioso pieno di storia, di culture e lingue diverse. Ma l’Unione Europea oggi appare come un cavallo di Troia, con lo scopo di abbattere la democrazia popolare e creare un mercato interno che spinga i lavoratori a competere l’uno contro l’altro per salari più bassi e e svendere i beni pubblici oltre frontiera. Infine, con la situazione dei rifugiati, abbiamo visto come la politica estera fallimentare in Medio Oriente, l’attitudine benigna dell’Occidente e il supporto completo degli stati NATO, come quello della Turchia per lo Stato Islamico, la mancanza di infrastrutture pubbliche e di abitazioni e il fallimento del Sistema di Dublino nello stabilire delle responsabilità condivise, abbiano favorito quelli che vorrebbero mettere i rifugiati politici contro i lavoratori interni del paese. Si tratta di una situazione veramente pericolosa.
Dopo la vittoria di Syriza in Grecia, sembrava che un cambiamento dell’attuale politica europea fosse più facile. Grandi speranze, poi un misto di rabbia e disillusione, ma anche l’idea, fra molti, che una breccia, comunque, si sia aperta. Lei come giudica la vicenda della trattativa tra Atene ed i suoi “creditori”? C’erano alternative alla sottoscrizione del terzo memorandum?
"“Negoziazione” è un eufemismo - dobbiamo parla di ricatto. La BCE ha gradualmente tagliato i fondi alle banche greche e i creditori hanno dovuto soltanto aspettare che il governo di Syriza rimanesse senza fondi. Adesso Syriza deve mettere in campo ulteriori misure di austerità e in questo modo il ricatto continua. Nel momento in cui ci sarà un ritardo nei pagamenti, l’Euro-gruppo semplicemente bloccherà il pagamento della tranche successiva di soldi. Date queste premesse, è difficile immaginare come Syriza possa trovare all’interno del memorandum spazio per una austerità “dal volto umano”, figuriamoci rinegoziare il debito greco. Io non voglio discutere sulla possibilità o meno di trovare un’alternativa al terzo memorandum. Però ogni governo di sinistra che arriverà al potere con l’euro si troverà nella stessa situazione di Syriza. La sinistra europea ha bisogno di imparare dalla lezione greca. Abbiamo bisogno di stabilire una strategia forte e credibile per rispondere ai ricatti che provengono dalla Banca Europea e dall’Euro-gruppo. E ciò potrebbe includere una uscita controllata dalla moneta comune, un piano B, soprattutto considerata la volontà del governo tedesco di continuare con le misure di austerity nell’Eurozona."
Moneta unica in assenza di unità politica. Sono in molti a pensare che questa situazione non sarà sostenibile nel prossimo futuro. C’è, però, chi pensa che il problema possa risolversi accelerando sul processo di unificazione politica e chi, invece, giudica questa prospettiva del tutto velleitaria. Secondo lei, oggi è più facile o più difficile un salto verso gli Stati Uniti d’Europa?
"I piani della Commissione riportati nel Relazione dei Cinque Presidenti vanno verso una unificazione ancora maggiore della Eurozona. Ma in realtà queste proposte tenderebbero a peggiorare la situazione, perché eliminerebbero gli spazi per una politica alternativa. Le decisioni sarebbero prese dall’Euro-gruppo e da burocrati non eletti che toglierebbero completamente il potere ai sindacati. I parlamenti avrebbe ancor meno influenza sulla governance economica. Io non credo che la creazione degli Stati Uniti d’Europa possa essere di aiuto. Gli Stati Uniti d’America non sono un posto migliore. L’Unione Europea non è un bicchiere che puoi riempire di acqua, né tantomeno di champagne. E’ un insieme di trattati decisi e disposti dal governo tedesco. Più Unione Europea significherebbe più Angela Merkel. Io vedo la necessità di una Unione Europea coordinata in modo più ampio, contro le tasse che peggiorano la crisi dei rifugiati e voglio che i beni pubblici siano protetti dall’Unione Europea, che spinge invece per una vendita in svalutazione. Sono anche fortemente favorevole per la proclamazione di referendum nazionali contro il marcato libero e gli accordi di investimenti come il TTIP con gli Stati Uniti, visto che la democrazia è ancora radicata negli stati nazionali."
Si parla di una strategia della Germania volta a ridefinire il profilo dell’Europa, rafforzando l’egemonia tedesca a danno dei paesi periferici. Perfino l’ipotesi di un grexit, perorato da Schäuble nel corso della trattativa sul debito greco, andrebbe letta in questo senso. Lei cosa ne pensa? Davvero stanno così le cose?
"Schäuble vuole una Europea tedesca e il mantenimento permanente dell’austerity. Per averla ha bisogno che le altre nazioni europee, come ad esempio la Francia, si sottomettano alla Germania. I suoi piani sull’uscita della Grecia dalla UE vanno visti in questo senso: vogliono spaventare la Francia e gli altri paesi e sottometterli alle volontà della Germania, a meno che essi non preferiscano uscire dal club."
Parliamo della sinistra. In Europa, dalla Grecia alla Spagna, passando per il Portogallo, si registrano segnali di ripresa per una sinistra che ha come obiettivo il superamento dell’attuale governance comunitaria. Eppure, proprio, la questione greca, ha dimostrato che il livello nazionale sia ormai insufficiente per ottenere risultati apprezzabili e rapidi in questa direzione. Qual è la sua opinione?
"Le esperienze della Grecia e del Portogallo mostrano che la vittoria alle elezione o la formazione dia un governo di sinistra rappresentano un minuscolo passo verso il cambiamento del corrente regime politico. Per un piccolo paese è davvero difficile lottare e resistere alla pressione delle forze della UE che vogliono l’austerità. La sinistra deve essere consapevole di questo. Deve essere onesta con sé stessa, e sapere che vincere le elezioni rappresenta soltanto l’inizio della vera lotta. Dobbiamo sviluppare un piano B credibile, per rispondere agli inevitabili ricatti della Torika e dell’Euro-gruppo. Senza questo, ogni governo di sinistra è destinato a fallire."
Cambiamo argomento. L’attentato di Parigi sta esasperando il dibattito in Europa sulla questione dei profughi, della sicurezza e dell’immigrazione in generale. Il rischio potrebbe essere un cedimento delle istituzioni alla pressioni che certe forze politiche xenofobe e islamofobe, ma anche di una certa stampa, che in questo frangente hanno tutto l’interesse di cavalcare le paure dei cittadini. Nel frattempo la Francia ha iniziato a bombardare massicciamente in Siria. Come giudica la situazione? Quali risposte dovrebbe dare l’Europa di fronte alla minaccia terroristica?
"E’ stata la politica occidentale nel Medio-Oriente che ha dato via al terrorismo islamico. E’ stata la guerra in Iraq che ha creato il Daesh/IS, e l’intervento dell’Occidente e dei suoi alleati nella guerra siriana non ha fatto altro che rinforzarlo. Dobbiamo renderci conto che le guerre non fermano il terrorismo, ma contribuiscono a crearlo. Se la UE fosse seria nel combattere il terrore, farebbe qualsiasi cosa per ottenere una risoluzione pacifica del conflitto. E allo stesso tempo, taglierebbe i finanziamento e imporrebbe l’embargo a quegli stati che finanziano e supportano il Daesh e gli altri gruppi terroristici. Riallacciare la questione del terrorismo a quella dei rifugiati è un tentativo disgustoso di sfruttare gli attacchi di Parigi. Molti rifugiati che arrivano in Europa stanno scappando daquegli stessi terroristi. Dobbiamo accogliere e proteggere queste persone. Ma allo stesso tempo, soprattutto la sinistra, non deve permette che gli europei più poveri vengano fomentati contro i rifugiati. Il peso di accogliere milioni di rifugiati deve essere condiviso da quelle forze che se lo possono permettere, dalle corporazioni più larghe e ricche. Abbiamo bisogno di una UE che coordini la tassazione sulla ricchezza e che combatta seriamente le strategie delle multinazionali, non soltanto per finanziare le adeguate misure sulla situazione dei rifugiati, ma anche per combattere la crisi economica."
E in Germania? Come si vive in Germania questa situazione?
"Penso che molti non credano che la Merkel abbia un piano. Le associazioni dei lavoratori già chiedono esenzioni a eventuali salari minimi per i rifugiati. Questo favorirebbe senz’altro la destra. Perciò per difendere al meglio i rifugiati è necessario affrontare il governo sulla mancanza di politiche adeguate su beni primari, quali le abitazioni, le scuole e gli investimenti, e così impedire ciò che vuole la destra, cioè un ulteriore impoverimento dei più deboli."
Un consiglio per la sinistra in Italia…
"Io non ho il diritto di farlo. Il mio consiglio è di essere fermamente a favore del mondo del lavoro e di chi il lavoro lo perde. Abbiamo bisogno di un populismo di sinistra, nel senso che è necessario essere popolari nei confronti della “main street”, la strada maggiore del popolo, e non di Wall Street, la strada degli affari e della finanza. Abbiamo bisogno di una forza politica che dia voce al popolo nella sua sfiducia nei confronti delle élite politiche con un un linguaggio chiaro. Dove la sinistra non è capace di offrire tutto questo, la destra è più forte. Dove lo fa, può vincere."
Traduzione dall’inglese a cura di Irene Viola
Fonte: Linkiesta
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