La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 22 settembre 2016

Sangue e carbone. La pace in Colombia

di Luca Manes
Un primo punto sui crimini e le devastazioni che anni e anni di estrazione del carbone da parte delle multinazionali occidentali avevano comportato in Colombia, in particolare nelle regioni del Cesar e della Guajira, lo avevamo fatto lo scorso maggio. Ovvero allorché Re:Common aveva lanciato il rapporto “Profondo Nero” e il video “La Via del Carbone”, realizzato da Bruno Federico e Nadja Drost. Purtroppo non basta il processo di pace con le FARC, dopo la presunta smobilitazione di alcuni gruppi paramilitari, per far cessare la violenza.
L’atto più recente si è consumato domenica 11 settembre. Cesar Néstor Ivan Martinez, attivista di una comunità afro-colombiana, è stato ucciso davanti ai suoi familiari. Le modalità sono pressoché identiche a quelle usate per l’omicidio del sindacalista Candido José Mendez quindici anni fa, a partire dal luogo, il villaggio di Chiriguanà. Candido era il padre dell’attivista Maira Mendez Barboza, che lo scorso maggio è stata in vari paesi europei, tra cui l’Italia, per raccontare la sua vicenda e denunciare le violazioni dei diritti umani in corso in Colombia legate allo sfruttamento della polvere nera.
Nonostante varie richieste, Maira non era riuscita a parlare con l’Enel, la nostra società energetica che, proprio dal Cesar, importa il carbone estratto dalla Drummond. La compagnia statunitense è stata spesso nell’occhio del ciclone per presunti “rapporti inconfessabili” con i paramilitari. E’ molto fresca la notizia che l’organismo governativo colombiano Centro Nacional de Memoria Historica, nella sua pubblicazione “La Maldita Tierra”, ha rilanciato tre nuovissime testimonianze di ex paramilitari che puntano il dito contro Drummond e la svizzera Prodeco/Glencore. Già in passato membri dei gruppi che hanno insanguinato il Cesar avevano ammesso di essere stati al soldo delle multinazionali.
Entrando nel dettaglio, nel documento del Centro Nacional si legge che il paramilitare Alias Mario ha dichiarato che il suo capo, Jorge 40, avrebbe incontrato diversi rappresentanti delle compagnie – tra questi anche il responsabile delle comunicazioni esterne della Drummond Alfredo Araujo e il responsabile della sicurezza della Prodeco Manuel Gutiérrez. Dopo uno di questi abboccamenti Jorge 40 avrebbe affermato che il gruppo “sarebbe cresciuto più rapidamente di quanto previsto”. El Mono Mancuso ha detto che lo stesso Jorge 40 gli avrebbe affidato il compito di trattare con James Adkins, capo della sicurezza della Drummond, per capire come la compagnia potesse finanziare le AUC, e che inoltre era prassi comune che le società estrattive pagassero una sorta di tassa a fronte della quale ricevevano protezione. Inoltre Alias Chucho ha fatto sapere che, grazie alle informazioni fornite direttamente dalla Prodeco, ha assassinato un leader del sindacato.
Un rapporto della Ong olandese Pax , anch’esso lanciato negli ultimi giorni, fa invece il punto sulla situazione attuale nell’area. L’assassinio di Cesar Néstor Ivan Martinez non è che la punta dell’iceberg. Come dimostra Pax, le minacce contro esponenti della popolazione locale sono incessanti, specificatamente nei confronti di parenti delle vittime, sindacalisti, persone che richiedono la restituzione delle loro terre, attivisti e avvocati per i diritti umani. I paramilitari continuano a mettere in atto pratiche analoghe a quelle degli anni Novanta, pur di mantenere il controllo del territorio e garantire sicurezza a chi li paga per questo. Fra il 2012 e il 2016 Pax ha mappato oltre 23 casi che hanno comportato minacce di morte tramite sms o aggressioni con machete e armi da fuoco nei confronti di circa 200 persone (compresi 6 tentati omicidi con l’impiego di armi da fuoco).
Nel frattempo in Colombia ci si prepara al referendum di inizio ottobre che dovrebbe ratificare l’accordo di pace tra il governo di Bogotà e le FARC. Uno dei punti nodali dell’intesa riguarda la possibilità che “terze parti” siano chiamate a rispondere penalmente della loro condotta durante il pluridecennale conflitto al cospetto di un “Tribunale di Pace”, creato ad hoc. Su alcuni quotidiani del paese sudamericano è già circolata una lista di 57 nomi di corporation che potrebbero finire sotto la lente d’ingrandimento del ministero della Giustizia. Tra queste, oltre alla Coca Cola e alla Chiquita, ci sarebbero pure Drummond e Glencore.

Articolo pubblicato su Recommon.org 
Fonte: comune-info.net 

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