La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 21 settembre 2016

Il mondo non cresce più, e l’Italia ancor meno

di Claudio Conti
L'economia non ascolta le ragioni politiche né, tantomeno, quelle sociali. O c'è spazio per fare profitti, oppure chi se ne frega se la gente ha fame (e freddo, o cerca un tetto o un altro posto in cui sopravvivere), o se i governi rischiano di crollare. La presentazione, a Parigi, nel nuovo Outlook dell'Ocse (l'organizzazione che riunisce i 30 paesi più industrializzati del mondo, praticamente quasi tutto il Pil del pianeta) non lascia spazio a ottimismo: il mondo non cresce più, o perlomeno non cresce a un ritmo tale da poter compensare la distruzione globale di lavoro umano derivante dall'innovazione tecnologica.
Anzi, nonostante questa capacità produttiva moltiplicata (in realtà, grazie anche a questa superiore capacità produttiva), la “crescita” va rallentando ancora. Detto altrimenti, la grande disponibilità di "offerta" a prezzi bassi si scontra con l'impossibilità della "domanda" di comprare, visto il congelamento salariale globale (soprattutto nei paesi di più vecchia industrializzazione e maggiore consumo).
"La debole progressione degli scambi e le distorsioni del sistema finanziario offuscano le prospettive di crescita globale. L'economia mondiale dovrebbe crescere meno rapidamente rispetto al 2015, solo una leggera accelerazione è attesa nel 2017". Nelle sue stime l'Ocse lancia quindi un'"allerta sul fatto che il mondo è tenuto in trappola da una crescita debole".
In generale, il Pil mondiale è visto crescere solo del 2,9% nel 2016 e del 3,2% nel 2017, quasi integralmente per effetto della produzione cinese e degli altri paesi di nuova industrializzazione (avvantaggiati ancora dai bassi livelli salariali, anche se quelli interni vanno crescendo ad un ritmo inimmaginabile qui, nel “vecchio mondo”). La stima è dunque una revisione al ribasso di 0,1 punti rispetto alle previsioni di soli tre mesi fa.
Il dato è oggettivo (per quanto sia solo una previsione, forse persino ottimistica, visti gli scenari di crisi aperti in questo momento). Molto meno l'identificazione delle cause, che dipende dagli occhiali – neo liberisti puri – indossati dagli analisti dell'Ocse.
Basta guardare come esaminano la situazione dell'economia europea: la zona euro dovrebbe crescere solo dell'1,5% nel 2016 e dell'1,4% nel 2017, rispettivamente 0,1 e 0,3 punti in meno rispetto alle precedenti stime di giugno. Non si vede insomma nessuna “luce in fodo al tunnel”, ma anzi un buio che diventa più fitto.
Il caso italiano è quasi da autopsia. Il Pil del 2016 vedrà al massimo un +0,8%, ben lontano dalle stime di inizio anno (sia governative che dei massimi istituti internazionali). Stesso trend nel 2017, che pure in precedenza era insignito di aspettative ben migliori. La sforbiciata rispetto alle stime di giugno è infatti dello 0,6% sul 2017. Altri tre mesi – il tempo di produrre il nuovo Outlook – e potrebbe essere addirittura azzerato
Il modo di analizzare il problema, dicevamo, è davvero indicativo. La revisione al ribasso delle stime di crescita italiane è infatti attribuita al fatto che le attese "su investimenti e scambi non si sono rivelati così fruttuosi come si prevedeva". In Italia, insomma, non si investe abbastanza – e non serve essere laureati in economia per capire che se non ci sono investimenti privati (quelli pubblici sono vietati dalla Ue, visto il livello del debito italico) – e anche l'import-export non è andato come “si prevedeva”.
Invece di interrogarsi sul perché le proprie previsioni – come sempre – non si avverano, la capoeconomista dell'Ocse preferisce lanciare oscure minacce politiche sulla popolazione che a breve – Renzi permettendo – dovrà votare al referendum sulla controriforma piduista della Costituzione: secondo lei c'è “scarsa fiducia" nei confronti del paese, ancheper l'"incertezza politica" sugli esiti del prossimo referendum costituzionale.
Il bello è che l'avvertimento arriva dopo una serie di sperticati elogi al governo in carica (sono stati compiuti "notevoli progressi in materia di diritto del lavoro. Questo ha avuto un effetto sulla ripresa del tasso di occupazione dando vita a un nuovo slancio. L'idea era che questo slancio continuasse nel 2016 ma le nostre speranze sono andate deluse"), che ha fatto esattamente quel che gli veniva imposto dalla Troika. Ma ciò nonostante – o meglio, proprio per questo – è finito in un budello di crescita zero. Come il resto dell'eurozona.
L'Ocse può stare tranquilla: finché Renzi è a Palazzo Chigi, l'Italia continuerà ad obbedir tacendo. Certo non può pretendere che la popolazione ne sia contenta e che lo tenga lì ancora a lungo…

Fonte: Contropiano 

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