di Francesco Cancellato
Per una volta, evitiamo di bordeggiare con polemicucce stucchevoli e create ad arte, dai trentacinque minuti di ritardo del sindaco all’incontro con la delegazione del Coni guidata dal presidente Malagò sino alla richiesta che l’incontro tra le due delegazione avvenisse in streaming, che è una pagliacciata senza senso sia che a chiederlo siano i Cinque Stelle, sia che siano i loro oppositori. Andiamo dritti al punto, per una volta: aveva senso o no fare le olimpiadi a Roma? La risposta, l’unica sensata, è no. Senza alcun se o ma.
E i motivi di una scelta simile sono sensati e perfettamente razionali sia che li esponga un tecnico come Mario Monti sia che a farlo sia una giovane politica probabilmente catapultata in un gioco più grande di lei come Virginia Raggi.
E i motivi di una scelta simile sono sensati e perfettamente razionali sia che li esponga un tecnico come Mario Monti sia che a farlo sia una giovane politica probabilmente catapultata in un gioco più grande di lei come Virginia Raggi.
Il primo motivo è di ordine strettamente contabile. Il conto economico di qualunque edizioni dei giochi olimpici - con la lodevole eccezione di Los Angeles 1984, edizione realizzata interamente con fondi privati - è vergato con una matita rosso fuoco. Barcellona 1992 perse 6 miliardi di dollari, Atene nel 2004 ne perse 10, Pechino nel 2008 addirittura 40. E se vogliamo andare ancora indietro nel tempo furono disastri economici anche le olimpiadi di Monaco 1972 e di Montreal 1976, in cui i costi lievitarono da 250 milioni a 2 miliardi di dollari.
Tutti passivi, questi, al netto dei ricavi e dei contributi del Comitato Olimpico e degli sponsor. Costi sulla collettività, in altre parole. Ha senso farlo, in un Paese in cui pare non ci siano soldi per abbassare le tasse, per un fondo contro la povertà degno di questo nome, per la banda larga, per l’istruzione e la ricerca? Quale assurdo entusiasmo infantile e cieco patriottismo - ”facciamogliela vedere noi, di cosa siamo capaci“ - può non tenere conto del rischio enorme che si addossa a chi dovrà ripianare il più che probabile buco che i giochi olimpici scaveranno? Non è un caso che anche Boston e Amburgo, città che in confronto a Roma scoppiano di salute, abbiano ritirato la loro candidaturadopo un referendum popolare. Americani e tedeschi anti-patriotici? No, semplicemente razionali.
Questo in generale. Poi c’è un problema Italia, che non può essere sottovalutato, né rubricato a un sentimento di rassegnazione nei confronti della mafia, della corruzione, delle inefficienze di burocrazia e giustizia. Perché ci sono, negarlo è da finti tonti. E con buona pace degli inguaribili ottimisti, se non li abbiamo risolti negli ultimi settant’anni non sarà un olimpiade a Roma a farci improvvisamente diventare scandinavi. Anche perché, al contrario, è proprio nei grandi eventi - meglio se sportivi - che diamo il peggio di noi.
Due esempi? Nel bilancio di previsione 2014 di Palazzo Chigi, tra le passività, c’erano ancora 61,2 milioni di euro da pagare relativi ai mondiali di calcio di Italia ’90 - presidente del comitato organizzatore Luca di Montezemolo. Si tratta di rate di mutui accesi nel 1987 per impianti che nel frattempo sono già stati demoliti come il Friuli di Udine e il Delle Alpi di Torino. E che dire dellemitiche Vele di Calatrava di Roma, simbolo di una cittadella dello sport che doveva costare 60 milioni di euro e ospitare i mondiali di nuoto del 2009 - presidente del comitato organizzatore Giovanni Malagò, per la cronaca - e che invece non ha ospitato un bel niente - per i mondiali è stato riadattato il Foro Italico - visto che è l’opera è ancora incompiuta e i costi per ultimarla sono lievitati a 462 milioni?
Già, perché c’è pure un problema Roma. Città allo sbando da almeno un decennio, con un fardello di 13 miliardi di debiti, con una manutenzione ordinaria che grida allo scandalo, municipalizzate come Atac e Ama con voragini contabili da ripianare, che impallidiscono nel confronto impietoso con le loro corrispettive milanesi Atm e A2A. E se non bastasse, con un’associazione a delinquere scoperta dall’inchiesta Mafia Capitale del 2014, che secondo gli inquirenti controllava ogni appalto che passasse per l’Urbe, grazie al canale privilegiato che si era costruita con le amministrazioni pubbliche.
E a ben vedere c’è pure un problema Movimento Cinque Stelle. Che con Virginia Raggi guidano la Capitale da pochi mesi. E che, con tutte le indulgenze che si devono a chi si ritrova senza alcuna esperienza pregressa a gestire una situazione disperata come quella in cui versa Roma, hanno dimostrato in questi mesi tutte le loro debolezze, la loro idiosincrasia con il potere e la sua gestione, le loro guerre interne. Da domani Raggi potrà concentrarsi sugli assessori che ancora mancano alla sua giunta, sulle deliberazioni lasciate in sospeso per troppo tempo, su una città che di fatto è oggi senza una guida, né un indirizzo chiaro. Dovrà farlo circondata dai nemici, che sono tanti e forti e che le tenderanno tranelli ogni volta che possono. Avesse aggiunto pure il carico delle Olimpiadi sarebbe stato da pazzi. Fortunatamente ieri ha dimostrato di non esserlo. Buon per lei, per Roma e per l’Italia.
Fonte: Linkiesta.it
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