Intervista a Stefano Rodotà di Silvia Truzzi
La Corte costituzionale ha deciso di rinviare la decisione sull’Italicum e contemporaneamente in Parlamento si torna a discutere di legge elettorale: delle manovre attorno alla riforma abbiamo parlato con Stefano Rodotà. Secondo alcuni il rinvio è un favore a Renzi, visto che è quasi certo che per alcuni profili la legge elettorale verrà dichiarata incostituzionale.
"La Consulta ha una preoccupazione fondata: c’è un fortissimo intreccio tra valutazione politica e valutazione costituzionale. Rinviare la decisione significa tenere distinti i due aspetti. La confusione non sarebbe stata opportuna: così il giudizio di costituzionalità non andrà a sovrapporsi alle dinamiche politiche."
Sull’Italicum c’è un’apertura della maggioranza a rivedere una legge, passata con il voto di fiducia ed entrata in vigore a luglio, un anno e tre mesi dopo la sua approvazione. Se fanno e disfano le leggi nell’arco di sei mesi, forse il problema non è il bicameralismo?
"I sostenitori del Sì dicono: il bicameralismo perfetto è fonte di lungaggini e di compromessi. Ovviamente il tema non è il bicameralismo perfetto, bensì il consenso politico che fa maturare i provvedimenti. Quando c’ è stato il consenso le leggi sono passate alla velocità della luce. Sono sempre stato contro il bicameralismo perfetto, ma ora si vuole sostituire questo sistema – che aveva una sua logica – con un bicameralismo confuso e pasticciato che prevede moltissime procedure di approvazione delle leggi. Un numero che varia tra sette e undici: nemmeno gli studiosi più esperti riescono a contarle con precisione. Quanto all’apertura della maggioranza sull’Italicum – dopo l’ imposizione della fiducia – mi sembra che il governo voglia solo prendere tempo, non vedo indicazioni politicamente forti. Il guaio è che tutto viene utilizzato, con disinvoltura, a seconda delle convenienze del momento: un atteggiamento che discredita le istituzioni. Un segno d’ irresponsabilità, come il non aver ancora fissato la data della consultazione."
Lei ha scritto che i referendum sono un gioco a somma zero, un Sì contro un No, un vincitore e un vinto. Il conflitto è nella loro stessa natura.
"Due Italie sono a confronto in questo momento e la discussione sulla Costituzione diventa divisiva. Mentre ai tempi della Costituente la preoccupazione è stata proprio non dividersi, tanto che rimase l’ accordo sui temi fondamentali malgrado l’estromissione di socialisti e comunisti dal governo. Vi sono questioni come quelle legate alla Carta – che devono avere un orizzonte ampio: non possono essere utilizzate in modo congiunturale, per risolvere un problema contingente."
Dice: “Il balletto intorno alla personalizzazione del referendum è futile”.
"È così fin dall’ inizio! Il presidente del Consiglio continuerà a invadere ogni spazio pubblico. Ma i cittadini riescono ad avere migliori conoscenze nonostante una clamorosa asimmetria informativa tra le ragioni del Sì e quelle del No. Quanto alla marcia indietro di Renzi – che ora dice ‘non parlo di me’ – mi pare un segno d’insincerità e di mediocrità politica. Lo sono anche le argomentazioni sul risparmio, che vengono smentite dalla Ragioneria generale dello Stato, figlie dell’ approssimazione culturale oltre che dell’ uso strumentale."
Dicono che nessun articolo della Costituzione che riguardi i poteri del premier è toccato dalla riforma.
"Il problema è il combinato disposto tra riforma e legge elettorale: questo è ovvio. Ci sono passaggi che possono sembrare minori ma incidono sulla dinamica costituzionale. Da una democrazia rappresentativa andiamo verso una democrazia di investitura, con logica iper maggioritaria, da cui discende il dominio del governo sul Parlamento.
Quando si parla di sessanta giorni per discutere una proposta del governo, si ipotizza una pura funzione di ratifica da parte del Parlamento; e quando si dice ‘sapremo chi governa la sera delle elezioni’, quando la legge elettorale prevede che venga indicato il nome del ‘capo’ del partito, siamo all’investitura. Il contrario di una Repubblica parlamentare."
Fonte: Il Fatto Quotidiano
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