Intervista a Stefano Fassina di Daniela Preziosi
Fassina, Raggi ha fatto bene a dire no a Roma 2024?
"Era un atto dovuto per gli impegni presi in campagna elettorale. Stupisce che si sottovaluti questa elementare questione democratica. Ed è imbarazzante che ora il Pd faccia appello al referendum, dopo averlo bocciato sia alla camera che in consiglio comunale."
Ma se il no era un atto dovuto perché lei chiedeva il referendum cittadino?
"Perché su una scelta così importante un passaggio di partecipazione diretta sarebbe comunque stato utile. Ma, ripeto, dal suo punto di vista Raggi è stata coerente."
Grillo non c’entra niente in questa decisione?
"Ha pesato, ma non ha capovolto l’orientamento. L’M5S aveva detto no sin dal 2015."
Però Raggi l’ha tirata per le lunghe. Fino allo sgarbo al presidente del Coni.
"Un comportamento scorretto. Si possono avere le posizioni più distanti ma il rispetto delle istituzioni fa parte della qualità di una classe dirigente."
L’assessore Paolo Berdini sul manifesto ha proposto un patto fra Roma e il governo su un programma di opere.
"Una proposta che va assolutamente raccolta. Le Olimpiadi hanno generato debiti in tutte le città che le hanno ospitate, per ragioni strutturali non di corruzione. Londra, per ultima, ne è uscita con 10 miliardi di debito. È inaccettabile dire che ora si deve bloccare tutto. Le risorse che sarebbero state disponibili a debito debbono costituire la dote di un patto per Roma in quanto capitale d’Italia."
La sindaca cosa dovrebbe fare?
"Porre Roma come questione nazionale. Assumere la proposta di Berdini e, al primo punto, affrontare il problema del debito."
Ma ancora non c’è l’assessore al bilancio, e cioè chi materialmente dovrebbe maneggiare il dossier.
"Infatti sono partiti male e ora si rischia di pregiudicare il bilancio del 2017. Raggi avrebbe già dovuto attivare un confronto con il ministero dell’Economia e con Cassa depositi e prestiti per recuperare quei 250 milioni di interessi che i romani pagano di mutuo. La perdita dell’assessore Minenna è enorme. Le valutazioni disinvolte di quelli che sono stati fino a ieri al governo di Roma sono improbabili. Ma comunque sono preoccupato. I conflitti che paralizzano la giunta non derivano solo dall’inesperienza ma anche dal fatto che una parte dei 5 stelle romani ha una relazione troppo stretta con la destra che ha avuto responsabilità di governo."
Dall’altra parte c’è Renzi. Roma sarà stritolata da un conflitto politico?
"Gli ingredienti per una guerriglia di logoramento ci sono tutti. Ma sarebbe un danno enorme per Roma e per l’Italia. Giocare al tanto peggio aggraverebbe la crisi di sfiducia. Il governo dovrebbe invece incalzare la sindaca mettendoci responsabilità vera, risorse, e lasciandole l’onere della prova."
Il consiglio comunale si farà sentire?
"Il consiglio è stato da subito marginalizzato, vissuto dalla sindaca come una sorta di male necessario. Anche per come il gruppo di maggioranza interpreta il suo ruolo, senza un minimo di autonomia."
Renzi e Marino, Grillo e Raggi. Un film già visto?
"In qualche misura sì. Il Pd non si è saputo sganciare dalle dinamiche del Nazareno: se avesse accettato la candidatura di Tocci oggi sarebbe un’altra storia. Ma a Roma c’è un problema di classe dirigente, non solo politica. Quella che c’è ha l’ossessione per i grandi eventi perché si aggrappa ai vecchi motori della rendita e della spesa pubblica, ormai inservibili. Milano e Torino hanno saputo reinventarsi. Oggi Roma dovrebbe misurarsi sui driver dello sviluppo sostenibile, della cultura, dell’innovazione tecnologica, del terziario di qualità."
Il no di Raggi intanto sarà uno stop al vecchio modello?
"Certo. Ma ora giudicheremo la giunta sui sì. Cioè su quali vettori vuole prospettare il futuro di Roma."
Fonte: Il manifesto
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