La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 4 gennaio 2016

Le principali sfide di politica estera in Medio Oriente nel 2016

di Juan Cole
La mia personale sensazione è che l’impegno degli Stati Uniti in medio Oriente è probabile che rimanga così forte più o meno per un altro paio di decenni. Dato che i combustibili fossili vengono sostituiti dalle energie rinnovabili, il ruolo smisurato che svolge il petrolio del Golfo nelle faccende del mondo, diminuirà. La regione è relativamente scarsa di risorse (anche se apparentemente il suo fosfato potrebbe, col tempo, diventare più prezioso). Il canale di Suez rimarrà un argomento di considerazione strategica, e la connessione interna con Israele, anche se potrebbe indebolirsi a causa della svolta fascista di quest’ultimo, non si attenuerà completamente. L’istinto del Presidente Obama che il futuro economico e diplomatico degli Stati Uniti è principalmente nei paesi affacciati sul Pacifico, è probabilmente giusto ma prematuro di circa 20 anni.
Nel 2016, però, è probabile che il Medio Oriente sarà il problema che creerà contrasti nella politica estera americana. Mentre riconosco che l’enorme svolta dell’Iran come una piuma importantissima sul cappello dell’amministrazione, sono un critico di molte delle altre politiche di Obama nella regione. Siamo alleati di alleati di al-Qaida in Siria, alleati con i Sauditi nel bombardare lo Yemen, alleati con gli Sciiti in Iraq, alleati con gli irriducibili occupanti israeliani nella Cisgiordania palestinese, e in alcune arene dove sarebbe utile un poco di diplomazia, non abbiamo fatto molto. Queste politiche sono dannose e si contraddicono tra di loro, e questa amministrazione ha soltanto un anno per cambiarne alcune.
La guerra civile siriana è una fonte di instabilità nel mondo ed è necessario che venga portata a una conclusione. Anche se non ci sono valide opzioni militari per gli Stati Uniti in Siria, e che la guerra civile ha assunto sempre di più il carattere di una guerra su procura tra Russia e Iran da una parte e tra Arabia Saudita e Turchia, dall’altra, presenta delle opportunità per la diplomazia. Sembra ci sia una frattura nell’establishment statunitense, con il Pentagono e le sue agenzie di intelligence come la DIA (Defense Intelligence Agency) che sono contrari ai piani sauditi-turchi per la Siria, ma con la CIA di John O. Brennan che è essenzialmente un aiuto per la politica saudita. Il presidente Obama ha una sfortunata tendenza a stare lontano da queste lotte fino all’ultimo minuto. E’ necessario che dica a Brennan di smettere di armare i cosiddetti gruppi ribelli “controllati” [dalla CIA] con missili T.O.W. anticarro e altri armamenti potenti, dato che tutte le prove dimostrano che queste munizioni prendono la strada verso al-Qaida e Daesh (ISIS o ISIL). In quanto onesto mediatore, gli Stati Uniti dovrebbero operare con la Russia & l’Iran per cercare una transizione lontana da Bashar al-Assad e da un governo con il solo partito Baath, diretta verso elezioni in cui i siriani sunniti dovrebbero ottenere una rappresentatività. Il piano di Russia e Iran di mantenere il regime al suo posto e di far ritirare i ribelli non è pratico ed è astorico; il regime ha perduto la sua legittimità, ma anche il piano saudita-turco di trasformare la Siria multiculturale (forse il 14%-18% di sciiti e il 5% di cristiani e il 10% di Curdi di sinistra e il 60% di Sunniti laici) in un emirato talebano non è pratico (è mostruoso, dato che l’altra metà della popolazione subirebbe una pulizia etnica). E’ chiaro ora che nessuna delle due parti è probabile che ottenga una vittoria completa ed anni di altri di combattimenti è improbabile che trasformerebbero la popolazione religiosa sunnita rurale in Baathisti o in Sciiti Alawiti oppure in Salafiti. Soltanto grazie a una fine negoziata della guerra civile e a elezioni nazionali, la Siria potrà essere riportata al suo ordine. In precedenza analoghe zone di conflitto sono state in grado di operare una transizione se non all’ordine, a una situazione meno pericolosa e non c’è motivo per cui la Siria non possa farlo. E’ necessario che Obama faccia pressione su Riyadh/Ankara e su Mosca/Iran per portarle al tavolo dei negoziati. Il suo istinto non è opporsi a un alleato stretto o di mettere in gioco il suo prestigio – questo è il motivo per cui la sua diplomazia riguardo a Israele/Palestina non è arrivata mai da nessuna parte – ma la Siria è una minaccia ancora più grande per l’ordine globale e, di fatto, per le nostre libertà civili a causa del terrorismo che da essa emana.
La strategia di Obama in Iraq sta finalmente dimostrando qualche successo, con la riconquista di Ramadi, avvenuta questa settimana, a opera di un esercito iracheno e appoggiato dagli Stati Uniti. La campagna di Ramadi ha arruolato combattenti siriani insieme all’esercito nazionale e ha escluso le milizie sciite inflessibili, una fondamentale necessità politica, se Ramadi, sunnita, deve essere riportata nell’orbita di Baghdad. In seguito alla perdita subita da Daesh, di Samarra, Tikrit e Beiji la città sede di raffinerie di petrolio, e alla perdita di Ramadi, Daesh in realtà ha soltanto alcune città minori come Falluja e Hit, più la importante metropoli di Mosul. Sembra chiaro che Daesh verrà ridotto militarmente e territorialmente nel prossimo anno o fra due, anche se è probabile che rimanga una potente organizzazione terrorista.
Però il presidente Obama e l’establishment della politica estera statunitense non si deve accontentare di ricostruire l’esercito iracheno e di dargli appoggio aereo sul campo di battaglia. L’Iraq è andato politicamente a pezzi. Questo crollo in parte è una conseguenza dei favoritismo dell’era di Bush nei riguardi dei fedeli sciiti e dei Curdi.
Gli Stati Uniti hanno di nuovo una certa influenza in Iraq e dovrebbero usarla mentre la gente di lì pensa che Washington sia necessaria per fare pressione per avere un nuovo grande patto nazionale. E’ necessario che la costituzione irachena venga riscritta dagli iracheni, per evitare il perpetuo parlamento senza maggioranza assoluta prodotto dalle recenti elezioni (un blocco curdo, un blocco sunnita e due blocchi sciiti, ognuno con un quarto di seggi, dove tutti si disprezzano reciprocamente e si rifiutano di formare una coalizione, garantisce uno stallo). Vanno attuate misure per incoraggiare i partiti a cercare elettori in una vasta gamma di etnie. E’ necessario che Baghdad dominata dagli Sciiti abbia una riconciliazione con i sunniti iracheni in stile Sudafrica. La ricchezza del petrolio deve diventare più trasparente ed essere investita in modo più evidente in tutto il paese (sono stato a Baghdad circa tre anni fa e non ho visto alcun prova di una nuova costruzione!). In quanto alla Siria, potenze esterne come Iran e Arabia Saudita devono essere convinte che la pace sociale irachena è nel loro interesse. Se gli Stati Uniti non si muovono rapidamente per cercare di avere un nuovo patto sociale e politico in Iraq, allora, dopo che Daesh sarà sconfitto, il paese andrà di nuovo in pezzi e da esso arriveranno minacce alla sicurezza globale, come ugualmente succede nell’Afghanistan che non ha fatto le riforme.
Il presidente Obama avendo sfidato le lobby di Israele riguardo al suo patto con l’Iran per limitare le loro attività di arricchimento nucleare, dovrebbe andare avanti. Una guerra civile sta covando in Cisgiordania e sta crescendo la probabilità di una pulizia etnica di vasta portata di 2,5 milioni di palestinesi privi di uno stato. Gerusalemme sta diventando un punto critico globale che potrebbe intorbidire l’intero mondo musulmano. Le politiche di occupazione abusiva di Israele in Cisgiordania e il furto di terra palestinese su larga scala, mentre nega la cittadinanza ai palestinesi come stato, sono uniche tra le malvage politiche statali del mondo. (Ci sono altri luoghi dove un governo indesiderato tiene delle persone in un regime di occupazione, ma in tutti quei casi i governi hanno esteso la cittadinanza alla popolazione occupata. Israele è l’unico maggior paese occupante che tiene i suoi prigionieri senza uno stato e completamente privi dei diritti di cittadini). La politica di Israele sta tentando di cancellare gradualmente dalla storia perfino il 22% della Palestina rimasta nel 1949 e di sostituirla completamente sia territorialmente che demograficamente con Israele, è mostruosa e non pratica e causa enormi mal di testa agli Stati Uniti, per non parlare del fatto che promuove attacchi a questo paese (gli USA) perché siamo implicati in questo male. Il presidente Obama dovrebbe semplicemente smettere di bloccare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che condannano le politiche predatorie israeliane nel territorio palestinese e di permettere a quell’organismo mondiale di dare a Israele le stesse sanzioni imposte all’Iran (la differenza è che non si è mai dimostrato che l’Iran abbia fatto qualcosa di sbagliato). Obama può semplicemente dare istruzioni a Samantha Power (ambasciatrice degli Stati uniti all’ONU) di non porre il veto a risoluzioni approvate per il problema palestinese dalla schiacciante maggioranza del Consiglio di Sicurezza dell’ONU; Washington non deve neanche firmare la risoluzione o riconoscere gli obblighi della Convenzione di Ginevra e di altri strumenti di legge internazionale. Può soltanto dichiarare la propria neutralità. E’ una faccenda semplice, ma cambierebbe tutto ed è pienamente nell’ambito dell’ autorità di Obama.
Gli Stati Uniti dovrebbero prendere le distanze dalla guerra condotta dai sauditi in Yemen che ha comportato bombardamenti indiscriminati contro i civili e ha messo pressione su Riyadh per arrivare a un accordo negoziato con gli Houthi e i lealisti.
del deposto presidente Ali Abdullah Saleh. Se la guerra in Yemen continuerà, milioni di persone verranno trasferite, aggiungendosi alla crisi mondiale dei profughi, migliaia potrebbero morire di fame o di sete, e al-Qaida nella Penisola Araba potrebbe finire per governare intere province (è il più determinato degli affiliati di al-Qaida ad attaccare gli Stati Uniti e l’Occidente ed è stato implicato nel massacro di Charlie Hebdo dello scorso gennaio).
Il presidente Obama ha ammesso che lui e i suoi alleati hanno sbagliato a intervenire in Libia e poi, più o meno, ad andare via. Non fu fatto nessun tentativo di portare le milizie in un esercito nazionale, e si diede poco sostegno ai parlamentari eletti. La società civile non fu rafforzata. Ora Daesh ha un esiguo punto di appoggio in qualche città costiera. Quello che non capisco è il motivo per cui questa riflessione da parte del presidente non produce nessuna nuova politica libica. Per quanto posso vedere, Washington ha continuato a prendere le distanze dai risultati in quella nazione, alcuni dei quali sono molto pericolosi. Sorprendentemente, la pista diplomatica in Libia tramite l’ONU ha avuto qualche successo provvisorio. E’ però necessario che Gli Stati Uniti facciano di più. Si chiama strategia politica.
Il governo degli Stati Uniti dovrebbe fare sul serio per promuovere la public diplomacy (l’insieme delle attività intraprese da uno Stato per comunicare con il pubblico estero) in Medio Oriente e nel mondo musulmano. Un po’ della gran parte di atteggiamenti antagonisti verso gli Stati Uniti sono nati dalla cattiva politica americana, come in Palestina, ma una parte è frutto di ignoranza o di teorie cospirative. La maggior parte degli iracheni pensa che gli Stati Uniti stiano attivamente aiutando Daesh a Ramadi e a Mosul, il che è stupido, ma è una convinzione profondamente radicata. Gli egiziani sembra che pensino che hanno evitato per un pelo di vedere gli Stati Uniti suddividere il loro paese. La gente non sa moltissimo dei veri Stati Uniti. A causa delle preoccupazioni per la sicurezza, le ambasciate degli Stati Uniti sono diventate delle fortezze e i diplomatici hanno molta minore possibilità di interagire con i cittadini locali. Non penso che il governo degli Stati Uniti sia molto bravo a diffondere il suo messaggio. Ma se il Qatar può finanziare un eccellente canale su YouTube di notizie di attualità come AJ+ per i Millenials o generazione Y, (le persone nate tra gli anni ’80 e i primi anni del 2000 – https://it.wikipedia.org/wiki/Generazione_Y), perché gli Stati Uniti non possono farlo? Perché non si rilasciano contratti per la public diplomacy ai nostri Centri Nazionali di Risorse accademici, dove si concentra la competenza americana circa le lingue e le culture straniere, invece di tagliare i loro bilanci già magri? Non dico che dovrebbero essere classificati tra la propaganda, ma soltanto nella presentazione equilibrata delle realtà (AJ+ non è particolarmente ideologico). Forse pensate questo che si sta già facendo. Per quanto ne so, non è vero. Quando dirigevo il Global American Institute, feci nota che la maggior parte dei testi fondamentali sul pensiero politico degli Stati Uniti non si possono trovare in lingua araba, e in gran parte è ancora così. Secondo me è bizzarro che pochi altri sembra che se ne preoccupino.
L’amministrazione è necessario che cerchi di essere notevolmente più propositiva nel combattere l’ondata di intolleranza e di razzismo che sta inondando la politica americana. L’odio per i musulmani, gli immigrati dal centro e sud America sta traboccando producendo cromi dettati da odio, con gravi possibili implicazioni di politica estera. Penso che il presidente Obama si sia spesso trattenuto perché non vuole essere considerato un fautore del razzismo e perché non vuole alimentare le fiamme dei febbricitanti teorici della cospirazione, i “birthers” (sono coloro che credono che Obama non sia realmente nativo degli Stati Uniti e quindi non eleggibile alla presidenza, n.d.t.). Ora, però, la situazione è troppo pericolosa per lasciare che dominino queste considerazioni. Tutti abbiamo visto che cosa avvenne quando Ike Eisenhower era stato esitante ad affrontare i maccartisti ( i seguaci del maccartismo*) in modo diretto. Il presidente Obama deve chiedersi: che cosa avrebbe detto il Reverendo Martin Luther King in queste circostanze e poi dirlo. Malgrado la sua reputazione di grande oratore, da molto tempo non sento un bel discorso di Obama. Ha parenti musulmani. Ha avuto i voti dei Latinos. E’ afro-americano. E’ ora di sostenere loro e tutti noi con un discorso e un insieme importante di politiche. Dato che i conservatori hanno approvato tutte quelle leggi che proteggono i diritti religiosi delle persone, il Dipartimento di Giustizia dovrebbe istituire un gruppo che controlli che il governo locale non interferisca nei diritti dei Musulmani. La legge federale proibisce già la discriminazione contro le persone per motivi di razza, ma dopo Ferguson sappiamo che ci sono intere città che funzionano come case da gioco per la ricca popolazione , bianca e prendono il 3% per la Camera dagli Afro-americani. A parte denunciarlo in un libro bianco, che cosa ha realmente fatto il Dipartimento di Giustizia riguardo a questi inganni sulla razza?

Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale : Informed Comment
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY NC-SA 3.0

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