La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 20 settembre 2015

Le fortune accademiche dei ricercatori embedded

di Andrea Capocci
Un team inter­na­zio­nale di psi­chia­tri gui­dato da Joanna Le Noury dell’università gal­lese di Ban­gor e Jon Jurei­dini dell’università di Ade­laide (Austra­lia) ha ana­liz­zato i dati di uno stu­dio sugli effetti della paro­xe­tina, dimo­stran­done l’inefficacia e i pesanti danni col­la­te­rali. La paro­xe­tina è un far­maco molto dif­fuso nella cura alla depres­sione tra gli ado­le­scenti: nello scorso anno, solo negli Usa le pre­scri­zioni del far­maco hanno supe­rato i due milioni.
I dati ana­liz­zati, in realtà, non sono affatto nuovi, ma risal­gono ad un trial(cioè la veri­fica dell’efficacia dei far­maci sui pazienti dopo la som­mi­ni­stra­zione) molto con­tro­verso, noto come «Stu­dio 329». Lo stu­dio si svolse tra 1994 e il 1997 e un’analisi dei risul­tati, finan­ziata dalla casa far­ma­ceu­tica Glaxo-SmithKline, era già stata pub­bli­cata nel 2001. Secondo i ricer­ca­tori che ave­vano ela­bo­rato i dati allora, la paro­xe­tina era «ben tol­le­rata ed efficace».
Ma i dati dello stu­dio non erano stati pub­bli­cati, cosic­ché nes­suna veri­fica indi­pen­dente era stata pos­si­bile. Ora i numeri ori­gi­nali sono stati divul­gati e gli psi­chia­tri che hanno ripe­tuto l’analisi hanno sco­perto che le con­clu­sioni del 2001 erano quan­to­meno fuor­vianti. Nel com­plesso il far­maco non aveva mostrato effetti posi­tivi signi­fi­ca­tivi sul gruppo di circa cento ado­le­scenti stu­diato. I com­por­ta­menti sui­cidi, però, erano tre volte più frequenti.
Lo «Stu­dio 329» era stato già oggetto di con­te­sta­zioni da parte della comu­nità scien­ti­fica. Le varie inchie­ste con­dotte con­tro la casa far­ma­ceu­tica ave­vano dimo­strato che essa aveva con­di­zio­nato la ricerca del 2001. Mar­tin Kel­ler, il primo autore della ricerca, era già finito sotto i riflet­tori per aver svolto atti­vità scien­ti­fica senza dichia­rare i suoi col­le­ga­menti con le case far­ma­ceu­ti­che. Molti aspetti frau­do­lenti dello stu­dio erano emersi anche in altre azioni legali con­tro la Glaxo-Smithkline, che nel 2012 fu anche con­dan­nata a una multa di tre miliardi di dol­lari per le cam­pa­gne di mar­ke­ting ingan­ne­vole a favore della paroxetina.
Eppure, l’importante «Acca­de­mia ame­ri­cana di psi­chia­tria dell’infanzia e dell’adolescenza» non ne prese mai le distanze. Al con­tra­rio, pro­prio una degli autori dello «stu­dio 329», Karen Wag­ner, ne è stata desi­gnata alla pros­sima presidenza.
Secondo il Bri­tish Medi­cal Jour­nal, che ha pub­bli­cato ieri il contro-studio che dimo­stra la fal­si­fi­ca­zione, anche il mondo uni­ver­si­ta­rio ame­ri­cano rimase silente, dimo­strando com­pli­cità con la Glaxo-Smithkline. Ad esem­pio, la sta­tu­ni­tense Brown Uni­ver­sity, di cui Mar­tin Kel­ler è tutt’ora pro­fes­sore eme­rito, non ha mai aperto un’inchiesta for­male nei suoi con­fronti, nono­stante gli scan­dali che lo coinvolgevano.
Per rom­pere l’omertà è stata neces­sa­ria la cam­pa­gna «All­Trials» soste­nuta da un gruppo di rivi­ste scien­ti­fi­che, enti di ricerca, fon­da­zioni indi­pen­denti su ini­zia­tiva di Ben Gol­da­cre, gior­na­li­sta del quo­ti­diano inglese Guar­dian assai noto per le sue bat­ta­glie con­tro le frodi in ambito medico. La peti­zione per ren­dere pub­blici tutti i dati sui trial far­ma­ceu­tici, lan­ciata nel 2013, ha rac­colto finora 86mila firme indi­vi­duali e l’adesione di oltre sei­cento enti e asso­cia­zioni. Il tema è par­ti­co­lar­mente rile­vante in quanto sono le stesse case far­ma­ceu­ti­che a finan­ziare molti trial sull’efficacia dei pro­pri far­maci. Esse man­ten­gono dun­que la pro­prietà sui dati che, in caso di esito nega­tivo, pos­sono rima­nere segreti. Il con­flitto di inte­ressi, a tutto danno dei pazienti, è evidente.
La Glaxo-SmithKline però è l’unica casa far­ma­ceu­tica che ha ade­rito all’iniziativa All­Trials, accet­tando di pub­bli­care i dati reali sui pro­pri far­maci. Pro­prio il suo atteg­gia­mento col­la­bo­ra­tivo l’ha por­tata oggi nel mirino delle accuse. Que­sto forse con­vin­cerà molte altre case far­ma­ceu­ti­che a non ade­rire alla campagna.

Fonte: il manifesto 

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