La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

giovedì 24 settembre 2015

Volkswagen, così fan tutte

di Vincenzo Comito
Dun­que si è sco­perto che la Volk­swa­gen, la grande impresa dell’auto tede­sca, che con­trolla anche i mar­chi Audi, Skoda, Por­sche, fal­si­fi­cava, non si sa bene da quanto tempo, i test sta­tu­ni­tensi sulle emis­sioni inqui­nanti dei suoi modelli a moto­riz­za­zione die­sel. La società teu­to­nica si è subito pre­sen­tata all’opinione pub­blica come rea con­fessa, indi­cando che anche molte altre delle sue vet­ture, per un totale di 11 milioni di unità, che cir­co­lano nel resto del mondo pre­sen­ta­vano lo stesso problema.
In ogni caso il danno eco­no­mico per una società che stava pro­prio in que­sti mesi rag­giun­gendo il tra­guardo di primo pro­dut­tore mon­diale del set­tore, davanti a Toyota e a Gene­ral Motors, appare ele­va­tis­simo. L’evento sem­bra a prima vista molto sor­pren­dente sia per la fama che il gruppo aveva acqui­sito sul mer­cato mon­diale, sia per la sco­perta che anche die­tro il mira­colo tede­sco, di cui la società era uno dei cam­pioni più rap­pre­sen­ta­tivi, si pote­vano celare dei segreti inconfessabili.
Sull’episodio si pos­sono fare molte ipo­tesi e porre molti inter­ro­ga­tivi, non­ché avan­zare una con­sta­ta­zione. Intanto la sco­perta delle ano­ma­lie è avve­nuta per caso da parte dell’Epa, l’agenzia sta­tu­ni­tense inca­ri­cata dei con­trolli ambien­tali, o magari, come qua e la si fa inten­dere, per le denunce in pro­po­sito alle auto­rità Usa da parte di un mem­bro della fami­glia Por­sche escluso dai gio­chi di potere nel gruppo? O invece non abbiamo per nulla a che fare con una mossa casuale o occa­sio­nale? Siamo così forse di fronte ad un ten­ta­tivo da parte degli ame­ri­cani per cer­care di far fuori un con­cor­rente peri­co­loso nel set­tore o anche, più in gene­rale, di dare una lezione ad un paese, la Ger­ma­nia, che forse stu­dia troppo da vicino l’ipotesi di allar­gare gli spazi di auto­no­mia poli­tica e di avvi­ci­narsi alla Cina? In que­sta dire­zione ten­dono a por­tarci anche certe ana­lisi di esperti di geo­po­li­tica, par­tendo in par­ti­co­lare dal caso ucraino.
Ma è pos­si­bile comun­que pen­sare che una com­pa­gnia come la Vol­k­wa­gen possa aver por­tato avanti nel tempo da sola un com­por­ta­mento così delit­tuoso e così ad alto rischio? La cosa appare a prima vista inve­ro­si­mile e ci spinge a svol­gere un ragio­na­mento che ci porta un po’ lontano.
Con lo scop­pio della crisi, ormai circa otto anni fa, si sco­pre che alla sua ori­gine sta per una parte almeno il set­tore ban­ca­rio. Da allora, tra l’altro, sono stati sco­perti tanti scan­dali di tipo finan­zia­rio, molto di fre­quente com­messi da molte ban­che in com­butta tra di loro (mi ven­gono a tale pro­po­sito in mente, ad esem­pio, l’episodio della fis­sa­zione frau­do­lenta del Libor sul mer­cato di Lon­dra e quello rela­tivo al mer­cato dei cambi, sem­pre su Londra).
Si può così tran­quil­la­mente affer­mare che quello finan­zia­rio è un busi­ness por­tato avanti per larga parte da un’associazione a delin­quere, che agi­sce in totale impu­nità gra­zie anche alla com­pli­cità dei poteri pub­blici e delle auto­rità di con­trollo dei vari paesi.
Ora tocca all’auto; chi si occupa pro­fes­sio­nal­mente del set­tore sa da diversi anni che, ad esem­pio, la gran parte delle imprese che ope­rano nel nostro con­ti­nente pre­senta uffi­cial­mente dei dati rela­tivi ai livelli di inqui­na­mento lar­ga­mente sot­to­va­lu­tati rispetto alla realtà, com­piendo varie acro­ba­zie poco lecite. I deboli ten­ta­tivi di Bru­xel­les di con­trol­lare meglio la que­stione e anche di ren­dere più strin­genti le norme in pro­po­sito si scon­trano da tempo con l’opposizione della Ger­ma­nia, ma anche con quella di diversi altri paesi euro­pei.
Ai casi dell’auto e della finanza si deve aggiun­gere ora anche quello della cosid­detta «eco­no­mia della con­di­vi­sione», da Uber a Lyft, a Airbnb ecc.. Molte delle imprese ope­ranti da qual­che anno nel set­tore, per affer­marsi sul mer­cato, non rispet­tano, que­sta volta non in maniera occulta, ma pub­bli­ca­mente, le nor­ma­tive fis­sate in pro­po­sito dai vari governi, con esiti peral­tro i più vari nella dif­fe­renti regioni del mondo.
Che quindi quello del pas­sare sopra le leggi, quando sia neces­sa­rio o anche oppor­tuno, in maniera occulta o anche palese, non sia alla fine che un modo di essere nor­male del sistema capi­ta­li­stico, almeno di quello contemporaneo?

Fonte: il manifesto 

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