La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

lunedì 13 giugno 2016

Sudan del Sud: nazione nuova, guerra lunga

di Nick Turse 
Ne ho incontrati alcuni nella cittadina di Pibor l’anno scorso. Questi veterani forgiati in battaglia avevano appena completato due o tre anni di servizio militare. Mi hanno raccontato i rigori della vita del soldato, dell’AK-47 in spalla, delle situazioni che li avevano condotti a prendere le armi. Negli Stati Uniti nessuno di questi soldati avrebbe avuto l’età per arruolarsi nell’esercito. Nessuno aveva più di 16 anni. Le forze ribelli nel Sudan meridionali ha cominciato a utilizzare bambini soldato molto prima della secessione dal Sudan nel 2011. Gli Stati Uniti, d’altro canto, hanno approvato nel 2008 una legge che vieta di fornire assistenza militare a nazioni che utilizzano bambini soldato. La legge era intitolata Legge sulla Prevenzione dei Bambini Soldato, o CSPA, ma dopo l’indipendenza del Sudan del Sud la Casa Bianca ha autorizzato deroghe annuali che hanno mantenuto il flusso di aiuti alla nazione più nuova del mondo nonostante il suo utilizzo di bambini soldato.
Il presidente Obama ha dichiarato nel 2012 che la deroga di quell’anno era “nell’interesse nazionale degli Stati Uniti”.
La mossa del presidente è stata criticata da attivisti dei diritti umani e da altri. Il deputato Jeff Fortenberry, repubblicano del Nebraska e autore della CSPA, ha descritto l’utilizzo di bambini soldato come una “pratica impensabile”. Gli USA “non devono essere complici di questa pratica”, ha affermato. “L’intento della legge è chiaro; l’autorità di derogare dovrebbe essere usata come un meccanismo per riformare lo status quo, non come un modo per mantenerlo”. A motivo delle prescrizioni della legge, le deroghe sono state emesse dalla Casa Bianca anziché dal Dipartimento di Stato, cosicché è stato Obama il bersaglio della maggior parte delle critiche.
Hillary Clinton, che era segretario di stato quando è stata autorizzata la prima deroga, apparentemente non è mai stata richiesta di commenti su di esse e il Dipartimento di Stato non ha mai offerto alcuna spiegazione circa il suo ruolo. La Clinton aveva passato anni a giurare di difendere i diritti dei bambini in tuto il mondo; nel 2012 si è scagliata contro “la schiavitù dell’era moderna” nell’introduzione a un rapporto del Dipartimento di Stato sul traffico di esseri umani che prendeva di mira “l’arruolamento o l’utilizzo illegale di bambini” da parte delle forze armate. Tuttavia non risulta aver spiegato pubblicamente il suo ruolo nel consentire che il Sudan del Sud e altri paesi ricevano sostegno militare nonostante utilizzino bambini come combattenti. In realtà di Dipartimento di Stato ha avuto un ruolo centrale nell’autorizzare le controverse deroghe, secondo due fonti, tra cui un ex funzionario del Dipartimento di Stato.
Da candidata alla presidenza, la Clinton ha fatto della sua esperienza in politica estera il pezzo forte della sua campagna. Sotto esame, tuttavia, l’acume della Clinton è stato costantemente posto in discussione, dal suo voto, da senatrice USA, a favore della Guerra dell’Iraq (che ha condotto al collasso di quel paese in una condizione quasi di stato fallito), alla sua incessante spinta a favore dell’intervento in Libia (che ha condotto al collasso di quel paese in una condizione di stato quasi fallito); per non citare la sua gestione del “reset” russo, della cosiddetta “svolta in Asia” e della Primavera Araba, tra altri temi.
Sinora, tuttavia, c’è stata scarsa menzione della gestione del Sudan del Sud da parte della Clinton. Con forte sostegno statunitense, il Sudan del Sud è diventato un paese indipendente mentre lei era Segretario di Stato e presto è finito nella spirale di una disastrosa guerra civile che ha coinvolto un gran numero di bambini soldato. Le deroghe alla CSPA e il più vasto assortimento di sostegno militare e diplomatico che sono stati concessi al Sudan del Sud e al governo del suo presidente, Salva Kiir, non sono riusciti a impedire una discesa nella violenza che è costata più di 50.000 vite e ha costretto più di 2,4 milioni di persone a fuggire dalle proprie case.
Nel corso di un’importante conferenza sul Sudan del Sud nel 2011 la Clinton ha parlato dell’”opportunità di rendere possibile ai bambini [del Sudan del Sud] immaginare un futuro diverso”. Tuttavia in quello stesso anno l’amministrazione Obama ha sfruttato una tecnicalità per ottenere una deroga alla CSPA a favore del Sudan del Sud, poiché la lista dei paesi soggetti alla legge quell’anno era stata stilata prima che la nuova nazione divenisse indipendente. Non ci sarebbe stato alcun “futuro diverso” per i bambini soldato del Sudan del Sud nel 2011, né l’anno successivo, quando la Casa Bianca ha autorizzato una deroga per il Sudan del Sud così come per la Libia e lo Yemen devastati dalla guerra.
Quale ruolo hanno avuto la Clinton e il Dipartimento di Stato?
Daniel Mahanty, che ha lavorato all’Ufficio della Democrazia, Diritti Umani e Lavoro sotto la Clinton, ha confermato che il Dipartimento di Stato, in consultazione con la Casa Bianca, controllava il processo. Il Dipartimento di Stato redigeva tutti i documenti delle deroghe e tutte le raccomandazioni al presidente erano fatte per conto del Segretario di Stato e con la sua piena approvazione. “Avremo già stilato la lettera dal presidente al Congresso che dice quali deroghe invocherà”, mi ha detto Mahanty. “Così va al segretario [di stato], poi alla Casa Bianca e dalla Casa Bianca al pubblico”.
Joe Becker, la direttrice della divisione per la difesa dei diritti dei bambini presso Human Rights Watch ha seguito da vicino il processo che sta dietro le deroghe e crede anch’egli che il Dipartimento di Stato della Clinton abbia avuto un ruolo centrale. “E’ il dipartimento di stato che trasmette le raccomandazioni a Obama che su chi dovrebbe esentare”, mi ha detto.
Contattati da The Intercept, funzionari chiave del Dipartimento di Stato all’epoca delle deroghe non hanno risposta alle richieste di commenti e il personale della campagna elettorale della Clinton non ha fornito informazioni sul suo ruolo. The Intercept si è rivolto a Johnnie Carson, il vicesegretario di stato per gli affari africani sotto la Clinton, ma non si è reso disponibile a parlare. Tra gli altri funzionari che non hanno offerto commenti ci sono stati Cheryl Mills, capo dello staff della Clinton e consigliere del Dipartimento di Stato;Jake Sullivan, ex direttore della pianificazione politica al Dipartimento di Stato e vice capo dello staff della Clinton; e Karen Hanrahan che ha lavorato come vice assistente segretario dell’Ufficio della Democrazia, Diritti Umani e Lavoro.
Il Dipartimento di Stato ha affermato di non essere in grado di fornire informazioni sul ruolo della Clinton. “Non ho alcun documento delle discussioni del Segretario Clinton”, ha detto un portavoce del Dipartimento di Stato in risposta alla mia richiesta su se lei avesse offerto indirizzi al presidente o manifestato qualche riserva sulle deroghe. “Guardiamo avanti, anziché rimestare nel passato, la maggior parte del quale è difficile da stabilire”, mi ha detto. “Non commentiamo sulle decisioni interne”.
La Casa Bianca è stata similmente opaca riguardo alle deroghe, anche se ha manifestato un tacito assenso al coinvolgimento del Dipartimento di Stato. “E’ un processo inter-agenzie”, ha dichiarato a The Intercept un funzionario della Casa Bianca.
Il 9 luglio 2011, Giornata dell’Indipendenza del Sudan del Sud, il presidente Obama ha diffuso una comunicazione di forte sostegno nonostante l’uso di bambini soldato da parte del paese. “Ho fiducia che i legami di amicizia tra Sudan del Sud e Stati Uniti non faranno che approfondirsi negli anni a venire”, ha annunciato. “Mentre i sudanesi del Sud intraprendono il difficile lavoro di costruzione del loro nuovo paese, gli Stati Uniti promettono la propria collaborazione alla loro ricerca di sicurezza, sviluppo e amministrazione sensibile che possano soddisfare le loro aspirazioni e rispettare i loro diritti umani”.
La Clinton è stata analogamente calorosa.
“Scommetto sul Sudan del Sud, e non mi piace perdere le scommesse”, ha detto alla Conferenza Internazionale di Impegno a favore del Sudan del Sud, tenutasi nel 2011 a Washington, D.C.. Era, ha detto, un onore per lei accogliere il presidente Kiir negli Stati Uniti. “Abbiamo un’occasione di far crescere la prima generazione di sudanesi del sud che non ha conosciuto e, se Dio vorrà, non conoscerà mai la guerra.”
Obama e altri sostenitori del Sudan del Sud speravano che la loro tolleranza riguardo ai bambini soldati e ad altri problemi dell’esercito e del governo del paese sarebbe stata un compromesso di breve termine. Come ha descritto la situazione Nate Haken, un membro di alto livello del Fondo per la Pace: “La retorica era particolarmente rosea all’epoca. Erano tutti presi dall’euforia… e i compromessi erano calcolati”.
Ciò nonostante il contrasto irritante: sostenere silenziosamente un esercito che usava bambini soldato e contemporaneamente deplorare a gran voce l’uso di bambini soldato.
In un discorso del 25 settembre 2015, davanti alla Clinton Global Initiative, Obama ha parlato di un problema che egli ha detto “dovrebbe preoccupare ogni nazione … sto parlando dell’ingiustizia, dell’oltraggio del traffico di esseri umani, che deve essere chiamato con il suo vero nome: schiavitù moderna”. Il presidente ha aggiunto: “Quando un bambino è rapito, trasformato in un bambino soldato, costretto a uccidere o a essere ucciso, quella è schiavitù… E’ barbarie ed è male e non ha posto in un mondo civilizzato.” Prevedibilmente sono seguiti gli applausi.
Tre giorni più tardi, e con molta minore fanfara, il presidente ha autorizzato una deroga alla CSPA a favore del Sudan del Sud.
Dietro le quinte l’amministrazione Obama riteneva necessario concedere deroghe, consentendo al Sudan del Sud di camminare con le proprie gambe prima di fare richieste al suo esercito.
“Una deroga consentiva la continua fornitura, da parte degli Stati Uniti, dell’assistenza necessaria per garantire la riforma del settore della sicurezza”, secondo il funzionario della Casa Bianca. “Questa assistenza, che forniva addestramento su diritti umani e la protezione dei bambini, era anche intesa ad accrescere la capacità di comando e controllo dell’esercito, che a sua volta aumentava la sua capacità di prevenire ed eliminare i bambini soldato dai suoi ranghi”.
Ma quest’ultima cosa non è mai avvenuta; i bambini soldato sono rimasti nell’esercito mentre gli aiuti degli Stati Uniti affluivano all’Esercito Popolare di Liberazione del Sudan, o SPLA, e nelle casse del governo del presidente Kiir: quasi 620 milioni di dollari di assistenza statunitense nel 2012. Nel 2013 Nel 2013 gli aiuti USA hanno toccato il massimo a più di 556 milioni di dollari. In quel settembre Obama ha concesso un’altra deroga alla CSPA, questa volta sotto forma di un memorandum al nuovo Segretario di Stato John Kerry.
Nel suo libro di memorie Hard Choices [Scelte difficili] pubblicato nel 2014 la Clinton ha scritto una breve sezione riguardo al Sudan del Sud che non ha citato le controversie deroghe riguardo ai bambini soldato. Il passaggio in effetti ha illustrato, prevalentemente per omissione, i fallimenti in Sudan del Sud.
“Sono volata a Juba, la nuova capitale del Sudan del Sud, per cercare di mediare un accordo”, ha scritto.“C’erano voluti anni di paziente diplomazia per por fine alla guerra civile e accompagnare la nascita di una nuova nazione, e non potevamo permettere che quel risultato finisse a pezzi a quel punto”.
Era l’agosto del 2012, poco più di un anno dopo la prima Giornata dell’Indipendenza del Sudan del Sud, il prodotto, a parte qualsiasi accompagnamento statunitense, di due conflitti brutali con il Sudan infuriati dal 1955 al 1972 e dal 1983 al 2005, lasciando milioni di morti e di sfollati. Ma era anche vero che per più di vent’anni una coalizione bipartitica negli Stati Uniti si era fatta campione dei ribelli meridionali. E quando la nuova nazione si è staccata dal Sudan gli Stati Uniti hanno riversato miliardi di dollari di aiuti, comprese centinaia di milioni in assistenza militare e alle forze di polizia.
A quel punto i sudanesi erano a rischio di un’altra guerra, questa volta per il petrolio pompato al sud e lavorato al nord. La nazione più nuova del mondo aveva tagliato la produzione di petrolio e la Clinton era là per far riaprire il rubinetto. Con gli USA che allora tentavano di strangolare economicamente l’Iran esercitando pressioni su altri paesi perché non ne acquistassero il petrolio, la Clinton voleva assicurare che il petrolio del Sudan del Sud restasse sul mercato.
“Ma il nuovo presidente del Sudan del Sud, Salva Kiir, non voleva cedere”, ha scritto nelle sue memorie. “L’ho ascoltato spiegare tutti i motivi per cui il Sudan del Sud non poteva scendere a compromessi con il Nord riguardo a un accordo sul petrolio. Dietro tutti gli argomenti a proposito dei prezzi e della raffinazione c’era una semplice realtà umana: questi combattenti per la libertà segnati dalle cicatrici delle battaglie non potevano costringersi a mettere una pietra sopra gli orrori del passato”.
Cogliendo il suo momento, la Clinton ha scritto di aver fatto un trabocchetto a Kiir, tirando fuori un editoriale di apertura del New York Times scritto da un compatriota del Sudan del Sud e di averglielo passato. “Quando ha cominciato a leggerlo i suoi occhi si sono spalancati. Indicando il nome dell’autore ha detto: ‘E’ stato soldato con me’. ‘Sì’, ho replicato, ‘ma ora è un uomo di pace. E ricorda che voi avete combattuto insieme per la libertà e la dignità, non per il petrolio”.
Il suo stratagemma, ella ha sottinteso, aveva funzionato. Kiir ha rapidamente ripreso i negoziati e raggiunto un accordo. I lettori sono lasciati con pochi dubbi sul fatto che questo sia stato uno dei classici trionfi della Clinton in politica estera, l’esperienza diplomatica che ora la rende la scelta logica quale nuovo presidente degli Stati Uniti. E’ un racconto commovente, un esempio di come “scelte difficili” possano produrre risultati felici, salvo che la storia si è incasinata parecchio appena prima della pubblicazione delle memorie della Clinton. Inserita nella sezione delle sue memorie riguardante il Sudan del Sud c’è una frase che appare un’aggiunta dell’ultimo minuto: “A fine 2013 divisioni tribali e faide personali sono esplose in uno spasmo di violenze che minaccia di fare a pezzi il paese”.
Quelle “divisioni tribali e faide personali” hanno avviato la spirale di una guerra civile che ha contrapposto le forze guidate da Kiir – membro della tribù più grande del paese, i Dinka – alle forze leali a Riek Machar, il vicepresidente da lui licenziato in precedenza nel 2013 e di etnia Nuer, la seconda tribù più grande del paese. Kiir ha affermato che la violenza è stata originata da un fallito colpo di stato di Machar maun’indagine completa di una commissione dell’Unione Africana non ha trovato alcuna prova di ciò. Ha in effetti trovato invece prove che “soldai Dinka, membri della guardia presidenziale e altre forze di polizia hanno condotto perquisizioni casa per casa, uccidendo soldati e civili Nuer nelle case o in prossimità di esse” a Juba. Da lì i crimini di guerra si sono estesi in tutto il paese con lo SPLA di Kiir e lo SPLA-All’Opposizione di Machar, pieno di disertori dello SPLA, che hanno fatto guerra ai civili in cittadine quali Bor, Bentiu e Malakal.
Gli USA avevano profuso sostegno a piene mani alle forze di sicurezza del Sudan del Sud, specialmente allo SPLA, negli anni precedenti il conflitto. Vi erano inclusi addestramento ed equipaggiamento della guardia presidenziale, impiego di istruttori stranieri per addestrare le reclute dello SPLA, sviluppo di forze fluviali, addestramento di commando da parte di truppe etiopiche, creazione di un’accademia per sottufficiali con addestramento a cura di appaltatori privati e in seguito di personale militare statunitense, dispiegamento di una “squadra di consulenti di addestramento” per guidare la ristrutturazione dei servizi segreti dell’esercito, ripristino di un centro di addestramento presso il College Comando e Stato Maggiore dello SPLA e costruzione dei quartieri generali di due divisioni dello SPLA, secondo un rapporto generale concentrato sugli anni 2006-2010 della Mappa delle Armi Leggere dell’Istituto di Laurea in Studi Internazionali e sullo Sviluppo di Ginevra.
Nel corso di questi anni e successivamente, membri dello SPLA sono stati implicati in miriadi di violazionidei diritti umani, tra cui uccisioni stragiudiziali, violenze sessuali e torture. Un rapporto del 2012 del Dipartimento di Stato della Clinton, ad esempio, segnalava che oltre a reclutare bambini soldato, le forze di sicurezza del Sudan del Sud commettevano anche assassinii arbitrari o illegali, torturavano e violentavano donne, arrestavano e incarceravano arbitrariamente persone e “torturavano, picchiavano e molestavano oppositori politici, giornalisti e operatori dei diritti umani”. Lo SPLA ha anche ignorato la sua promessa del 2010 di smobilitare tutti i bambini soldato entro la fine dell’anno, lasciando i bambini in servizio nell’esercito.
“Dopo il 2005 io penso che l’assenza di critica pubblica – da parte degli USA – dello SPLA per i suoi abusi e poi l’assistenza militare accordate allo SPLA da appaltatori privati e altri siano state stupide”, ha detto Alex de Waal, direttore esecutivo della Fondazione per la Pace Mondiale presso la Scuola Fletcher di Legge e Diplomazia presso l’Università Tufts. “E’ stato del tutto controproducente. Avrebbero dovuto trovare un altro modo per cercare di professionalizzare l’esercito. Era chiaro che non avrebbe funzionato.”
Dopo l’indipendenza del Sudan del Sud, compromessi sono stati ripetutamente compiuti dagli USA e tuttavia il paese è effettivamente finito a pezzi o, meglio, è stato ridotto a pezzi dagli stessi leader e istituzioni che gli USA appoggiavano. De Waal ritiene che l’amministrazione Obama abbia avuto, per molti versi, le mani legate da un Congresso ingestibile. Tuttavia il Dipartimento di Stato della Clinton è stato lungi dall’essere senza peccato per la discesa nella guerra civile. “C’è parecchio che avrebbero potuto fare per promuovere la democratizzazione”, ha affermato de Waal. “Hanno realmente messo la democrazia in secondo piano quando avrebbero potuto mettere la democrazia e i diritti umani al primo posto”.
Un accordo di pace tra il governo e i ribelli, firmato nell’agosto del 2015, e persino il recente ritorno di Machar al governo non hanno sino ad ora fermato il bagno di sangue di una guerra che si è frazionata in una serie di sub-conflitti e di una violenza periferica – compresi scontri etnici e tribali – attuata da una pletora di gruppi armati con alleanze variabili e una molteplicità di fini.
Nessuno sa quanti sudanesi del sud siano morti nella guerra. Le stime variano da 50.000 a 300.000. Si aggiunga a ciò che 2,4 milioni di persone sono state costrette ad abbandonare le loro case e fino a 5,3 milioni – quasi metà della popolazione – rischiano di una “grave insicurezza alimentare” nei prossimi mesi. Circa 6,1 milioni di persone, in totale, necessitano di assistenza. Anche il numero di bambini sotto le armi è salito alle stelle, passando da centinaia a più di 12.000 nei ranghi dello SPLA, delle forze di opposizione o di altre milizie.
“Gli Stati Uniti sembrano fare in continuazione lo stesso genere di errori”, ha detto Haken del Fondo per la Pace. “Catalizziamo grandi cambiamenti senza capire, o almeno combattere, le implicazioni di lungo termine, che si tratti di Iraq o Libia o del Sudan del Sud. Decisamente dobbiamo fare meglio”.
I candidati alla presidenza Donald Trump, il probabile nominato Repubblicano, o il rivale Democratico della Clinton, senatore Bernie Sanders, faranno meglio?
Warren Gunnels, uno dei responsabili politici della campagna elettorale di Sanders, ha dichiarato a The Intercept che il senatore “appoggia con forza” la CSPA e da presidente “rispetterà sia lo spirito sia l’intento di questa legge”. Sanders, egli afferma, appoggia anche la prosecuzione degli aiuti umanitari ai sudanesi del sud. La campagna di Trump non ha risposto.
Sui bambini soldato la permissività può avere effetti di vasta portata, afferma Mahanty, che ha concluso i suoi 15 anni di carriera presso il Dipartimento di Stato creando e dirigendo l’Ufficio della Sicurezza e dei Diritti Umani. “Ci sono rischi nel continuare a concedere deroghe”, ha affermato. “Certamente si danneggia la propria credibilità quando si tenta di impegnarsi in parti dell’Africa che non beneficiano di una deroga”.
Ha indicato che un’applicazione più rigorosa della CSPA nel caso di paesi come il Myanmar ha fatto la vera differenza per i bambini. “Quando combinata con altre forme di azione collettiva, ha avuto un impatto tangibile sul progresso del miglioramento del processo di prevenzione o nello sradicare i bambini dai ranghi.”
E una presidente Hillary Clinton farebbe meglio del Segretario di Stato Hillary Clinton nel caso del Sudan del Sud? Difficile saperlo. Per più di un mese la sua campagna non ha risposto a ripetute richieste di commenti da parte di The Intercept. Dopo che The Intercept aveva contattato numerosi grandi intimi della Clinton il portavoce della campagna Nick Merrill alla fine è entrato in contatto.
“Fatemi approfondire un po’”, ha scritto in una e-mail dopo che gli avevo inviato una lista di domanda. Dopo molteplici solleciti ha scritto: “Non mi sono dimenticato di te”.
La campagna della Clinton non ha ancora fornito alcuna risposta.

Parte 2 [in inglese]: “We Can Assassinate You at Any Time” — Journalists Face Abduction and Murder in South Sudan [“Possiamo assassinarvi in qualsiasi momento” – I giornalisti rischiano il sequestro e l’omicidio nel Sudan del Sud].
La redazione di questo articolo da parte di Nick Turse, che è autore di ‘Next Time They’ll Come to Count the Dead: War and Survival in South Sudan” [La prossima volta verranno a contare i morti: guerra e sopravvivenza nel Sudan del Sud], è stata resa possibile dalla Fondazione Lannan.

Da ZNetitaly – Lo spirito della resistenza è vivo
Originale: The Intercept
Traduzione di Giuseppe Volpe
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons CC BY-NC-SA 3.0

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