di Francesco Saraceno
I lettori del mio blog sanno che sono sempre stato scettico nei confronti del programma di quantitative easing (QE) della BCE. In diverse occasioni ho sostenuto che l’economia dell’eurozona si trova in una trappola della liquidità, e che rendere il credito più economico e più abbondante non avrebbe cambiato un granché. La ragione è abbastanza ovvia. Si può abbassare il costo del credito quanto si vuole, ma se manca la domanda da parte di famiglie e imprese, le enormi iniezioni di liquidità serviranno solamente a creare nuove bolle speculative. Cercare di stimolare l’attività economica (e l’inflazione) con il QE è come spingere una corda.
Più volte ho detto che senza un robusta politica fiscale espansiva la ripresa non potrà che essere modesta. Due recenti sondaggi della BCE offrono diversi elementi a sostegno della teoria della trappola della liquidità. Il più recente (aprile 2016) è l’Eurozone Bank Lending Survey. Ecco un estratto dal comunicato stampa:
"Continua il rilassamento dei termini e delle condizioni sui nuovi presti alle imprese, mentre si intensifica quello sui mutui e sul credito al consumo, grazie soprattutto ad una restrizione ulteriore dei margini di prestito."
Fin qui, niente di nuovo. Con il QE ed i tassi d’interesse negativi, trattenere liquidità diventa sempre più costoso per le istituzioni finanziarie, che dunque rilassano le condizioni del credito. Ma allora perché non vediamo una ripresa dell’attività economica e dell’inflazione? La risposta la dobbiamo andare a cercare nell’altro lato del mercato, nella domanda di credito. E la troviamo, chiara e tonda, in un altro rapporto della BCE, il Survey on the access to finance of enterprises in the euro area:
"Il 27% delle piccole e medie imprese dell’area euro consultate ha indicato “Trovare clienti” come la loro preoccupazione principale nel periodo esaminato, rispetto al 25% del sondaggio precedente. Tra i problemi meno importati figuravano “Accesso al credito” (10%, in calo dall’11%), seguito da “Regolamentazione”, “Competizione” e “Costi di produzione” (tutti al 14%), “Disponibilità di manodopera qualificata” (18%) e “Concorrenza” (17%). “Accesso al credito” veniva giudicato ancora meno un problema dalle aziende di grandi dimensioni (7%, come nel sondaggio precedente)."
Devo aggiungere altro? Concludo con una nota finale che secondo me merita di essere approfondita meglio: pare che trovare manodopera qualificata stia diventando sempre più difficile in Europa. E se questi fossero i primi segni del deterioramento del nostro “capitale umano” (termine orrendo, lo so), dopo otto anni di crisi che hanno ridotto la formazione, lo sviluppo di nuove competenze, ecc.?
Quando, prima o poi, la crisi sarà veramente finita, faremo bene a tenere d’occhio la “Disponibilità di manodopera qualificata”. Com’era quella storia delle riforme strutturali che migliorano la crescita potenziale?
Articolo pubblicato sul blog dell’autore il 3 giugno. Tradotto in esclusiva per Oneuro/Eunews da Thomas Fazi.
Fonte: Oneuro Eunews
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