
di Manlio Dinucci
«È una bomba atomica, la forza da cui il Sole trae la sua energia»:
così il presidente Harry Truman descrive la terrificante arma
che, il 6 agosto 1945, gli Usa sganciano su Hiroshima, seguita due
giorni dopo da una bomba al plutonio su Nagasaki. La principale
ragione dell’impiego dell’arma nucleare non è costringere alla resa il
Giappone, ormai allo stremo, «senza perdita di vite americane», ma
impedire che l’Urss partecipi all’invasione del Giappone ed estenda
la sua influenza alla regione del Pacifico.
Gli Stati uniti cercano di trarre il massimo vantaggio dal fatto
che, in quel momento, sono gli unici a possedere l’arma atomica.
Appena un mese dopo il bombardamento nucleare di Hiroshima
e Nagasaki, al Pentagono già calcolano che occorrerebbero oltre
200 bombe nucleari contro un nemico come l’Urss. Gli Usa hanno già 11
bombe quando, il 5 marzo 1946, il discorso di Winston Churchill sulla
«cortina di ferro» apre ufficialmente la guerra fredda.
Nel 1949 gli
Stati uniti hanno abbastanza atomiche (oltre 200) da attaccare
l’Unione sovietica che però, nello stesso anno, effettua la sua prima
esplosione sperimentale.
Comincia la corsa agli armamenti nucleari. Il vantaggio a favore
dell’Occidente cresce quando, nel 1952, la Gran Bretagna effettua la
sua prima esplosione nucleare. Nel 1960 la Francia fa esplodere la
sua prima bomba al plutonio. Inizia in questo periodo lo
schieramento dei più micidiali vettori nucleari: i missili
balistici intercontinentali. Negli anni Sessanta, i paesi dotati
di armi nucleari passano da quattro a sei: la Cina fa esplodere la
sua prima bomba nel 1964; Israele comincia a produrre segretamente
armi nucleari probabilmente nel 1966. Negli anni Settanta, i paesi
in possesso di armi nucleari aumentano da sei a otto: l’India
effettua il suo primo test nel 1974; il Sudafrica effettua
segretamente un test congiunto con Israele nel 1979. Inoltre, nel
1998, il Pakistan ammetterà di possedere armi nucleari,
precedentemente costruite.
Dal 1945 al 1991, l’anno in cui la disgregazione dell’Urss segna la
fine della guerra fredda, vengono fabbricate circa 130mila testate
nucleari: 70mila dagli Stati uniti, 55mila dall’Unione sovietica. Altre
5mila vengono fabbricate da Gran Bretagna, Francia, Cina,
Israele, India, Pakistan e Sudafrica. Successivamente, dal «club
nucleare» esce il Sudafrica, ma vi entra la Corea del Nord.
Mentre il clima della guerra fredda comincia a cambiare, Usa
e Urss firmano nel 1987 il Trattato sulle forze nucleari intermedie,
che elimina i Pershing 2 e i Cruise statunitensi schierati in
Europa occidentale, anche a Comiso, e gli SS-20 schierati sul
territorio sovietico. Questo importante risultato è dovuto
principalmente all’«offensiva del disarmo» lanciata dall’Unione
sovietica di Gorbaciov: il 15 gennaio 1986, essa propone di attuare
un programma complessivo per la messa al bando delle armi nucleari
entro il 2000. Se gli Stati uniti accettassero tale proposta, si
avvierebbe un reale processo di disarmo. A Washington approfittano
invece della disgregazione dell’Urss e della conseguente crisi russa
per acquisire nei confronti di Mosca un crescente vantaggio anche
nel campo delle forze nucleari. Trattati come lo Start I, firmato nel
1991, stabiliscono delle riduzioni quantitative degli arsenali
nucleari, ma rendono possibile il loro ammodernamento. Campo in
cui gli Usa pensano di poter prevalere, mentre a un certo punto si
trovano di fronte una Russia che ha di nuovo la capacità di
ammodernare il proprio arsenale. Washington rilancia così il
programma nucleare militare, investendovi miliardi di dollari.
Si arriva così alla situazione odierna. Secondo la Federazione
degli scienziati americani, gli Usa mantengono 1.920 testate
nucleari strategiche pronte al lancio (su un totale di 7.300), in
confronto alle 1.600 russe (su 8.000). Comprese quelle francesi
e britanniche, le forze nucleari Nato dispongono di circa 8.000
testate nucleari, di cui 2.370 pronte al lancio. Aggiungendo quelle
cinesi, pachistane, indiane, israeliane e nordcoreane, il numero
totale delle testate nucleari viene stimato in 16300, di cui 4.350
pronte al lancio. Sono stime approssimative per difetto, in quanto
nessuno sa esattamente quante testate nucleari vi siano in ciascun
arsenale. E la corsa agli armamenti nucleari prosegue con la
continua modernizzazione degli arsenali e la possibilità che
altri paesi, anche firmatari del Tnp, li costruiscano. Per questo la
lancetta dell’«Orologio dell’apocalisse», il segnatempo simbolico
che sul Bulletin of the Atomic Scientists indica a quanti minuti
siamo dalla mezzanotte della guerra nucleare, è stata spostata da 5 a
mezzanotte nel 2012 a 3 a mezzanotte nel 2015, lo stesso livello
del 1984 in piena guerra fredda. Quello che scientificamente si sa
è che, se la lancetta arrivasse a mezzanotte, suonerebbe l’ora
della fine dell’umanità.
Fonte: il manifesto
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