
di Luca Kocci
Inchiodano i crocefissi sulle pareti delle aule scolastiche
perché sono un segno della «nostra civiltà», ma aggrediscono papa,
vescovi e preti quando si schierano dalla parte degli immigrati.
Rivendicano le «radici cristiane» dell’Europa, ma se qualche
cristiano afferma che la «fortezza Europa» deve abbattere i muri di
protezione e di separazione lo marchiano come complice degli
scafisti e amico dei terroristi.
È il cattolicesimo dei fascio-leghisti, sempre più
compenetrati gli uni negli altri dopo la «svolta nazionale» di
Salvini, a cui si sono prontamente accodati nostalgici del
ventennio e residuati in camicia nera sedotti dalla possibilità
di superare la barriera dello zero virgola delle loro fiacche
prestazioni elettorali. Ma anche dei perbenisti borghesi che
iscrivono i figli nella scuola cattolica e poi sbraitano se il
vescovo decide di ospitare un gruppo di profughi vicino all’istituto
frequentato dai loro rampolli.
Un cattolicesimo svuotato del Vangelo, trasformato in
religione civile di un’Italia «Dio, Patria e famiglia», in piena
sintonia con quel pezzo di Chiesa gerarchica, conservatrice
e maschilista che ha opportunisticamente lasciato fare, quando
non benedetto. Poche battaglie, strumentalmente selezionate: sì
alla «famiglia naturale»; sì al crocefisso e al presepe in ogni
aula; sì al finanziamento pubblico delle scuole paritarie; no agli
immigrati, soprattutto se islamici, quindi no alle moschee; no agli
omosessuali che rivendicano i propri diritti; no alla «ideologia
del gender», senza sforzarsi di capire davvero di cosa si tratta.
Alcuni episodi delle ultime settimane rivelano la
contraddizione di una religione senza fede, brandita come una clava
dai fascio-leghisti e da quella «vecchia piccola borghesia» –
cantava Claudio Lolli – «contenta se un ladro muore o se si arresta
una puttana, se la parrocchia del Sacro Cuore acquista una nuova
campana».
Il primo nell’ex Veneto bianco, area Marca trevigiana. A metà
luglio, alcuni abitanti di Quinto di Treviso, spalleggiati dal
leghista presidente della Regione Luca Zaia, protestano con
veemenza e respingono il trasferimento di un centinaio di
profughi in un condominio. Pochi giorni fa due vescovi, monsignor
Gardin (Treviso) e monsignor Pizziolo (Vittorio Veneto),
scrivono una lettera aperta, per condannare la rivolta: siamo
cristiani «nella maniera che ci è richiesta dal Vangelo o secondo un
cristianesimo accomodante che ci siamo rimodellati sulle nostre
ideologie o sulle nostre chiusure?», chiedono i due vescovi,
«sconcertati di fronte alla deformazione di un cristianesimo
professato a gran voce, e magari «difeso» con decisione nelle sue
tradizioni e nei suoi simboli, ma svuotato dell’attenzione ai
poveri, agli ultimi».
Non si scompone Zaia: «I vescovi, che rispetto in quanto
cattolico, io li capisco perché il Vangelo predica la
solidarietà, ma i veneti hanno capito che molti di questi che noi
aiutiamo come profughi non sono affatto in difficoltà. I vescovi
hanno dato tutto quello che potevano dare? I seminari sono tutti pieni
di immigrati e di profughi? Non mi risulta. Chi è senza peccato
scagli la prima pietra». Pochi giorni prima il capo di Zaia, Matteo
Salvini, segretario della Lega Nord e paladino dei presepi nelle
scuole, dopo aver criticato il papa sempre sul tema immigrati, se
l’era presa con don Formenton, un prete veneto da anni trapiantato
in Umbria, che all’indomani della protesta anti-immigrati di Quinto (e
di Roma, con i fascisti di Casa Pound ad alzare le barricate contro
il trasferimento di un gruppo di rifugiati in un centro di
accoglienza), aveva affisso sul portone della sua parrocchia
a Sant’Angelo in Mercole (Spoleto), un cartello: «In questa Chiesa
è vietato l’ingresso ai razzisti, tornate a casa vostra!», e le
parole di Gesù del Vangelo di Matteo «Ero straniero e non mi avete
accolto… Lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno».
Salvini commenta su Facebook: «Don Gianfranco Formenton attacca
la Lega, parlando di razzismo, odio, squadrismo, Hitler
e Mussolini “Vietato l’ingresso ai razzisti” si legge all’ingresso
della “sua” chiesa. Forse il parroco preferisce gli affaristi alla
Mafia Capitale? Preferisce gli scafisti, gli schiavisti,
i terroristi? Povera Spoleto e povera Chiesa, se questo è un
prete…».
Dalla Lega a Forza Nuova. A fine luglio alcuni militanti del
movimento politico fondato da Roberto Fiore e Massimo Morsello
affiggono di fronte alla cattedrale di Avezzano (Aq) un manifesto
contro il vescovo, monsignor Santoro, reo di una pastorale di
accoglienza verso i migranti: «Per il vescovo prima i clandestini,
per Forza Nuova prima gli italiani». Forza Nuova non è nuova ad
iniziative di questo tipo: l’anno scorso striscioni con la scritta
«No fiabe gay. Proteggiamo i nostri bambini» vennero issati davanti
alle librerie Paoline di Treviso, Trieste e Verona perché negli
scaffali erano i vendita alcuni libri contro la violenza di genere
e l’omofobia.
E qualche anno prima i neofascisti si erano arrabbiati con un
altro prete, don Armando Zappolini, che nella sua parrocchia
a Perignano (Pisa) accanto al presepe aveva piazzato un cartello
a sostegno della legge per la cittadinanza ai bambini stranieri
nati in Italia: «Gesù, bambino nato in Italia nella notte fra il 24
e il 25 dicembre da genitori palestinesi senza documenti di
soggiorno, non potrà diventare cittadino italiano». Eppure Forza
Nuova è movimento che rivendica la propria cattolicità: il 20
giugno era in piazza a Roma, insieme ai neocatecumenali e ad altri
gruppi cattolici, “per la famiglia e contro il gender”; e l’8
agosto i forzanovisti calabresi concluderanno il proprio Campo
d’azione – durante il quale è prevista la proiezione di Sodom.
La rivoluzione antropologica in atto, documentario a cura
dell’associazione cattolica Pro Vita – a Belmonte Calabro (Cs) con
il rito del «presente» a Michele Bianchi (gerarca fascista calabrese
morto nel 1930) al termine di una messa officiata da don Giulio Tam,
prete lefevriano – quindi fuori dalla Chiesa cattolica – espulso
anche dalla Fraternità San Pio X, che dice del proprio look: «la mia
tonaca è una camicia nera taglia XXL».
Il terzo episodio a Crema, dove il vescovo, monsignor Cantoni,
su richiesta della prefettura, decide di accogliere in un ex
convento di suore una ventina di giovani profughi
extracomunitari. Ma non aveva considerato, il vescovo, che
accanto al convento c’è una scuola cattolica, e che
i cattolicissimi genitori dei bambini si sarebbero ribellati:
proteste in municipio e in Curia, raccolta di firme, minacce di
ritirare dalla scuola i propri figli al grido «gli immigrati dove ci
sono i nostri figli non li vogliamo».
Il vescovo fa dietrofront, ma bacchetta le «reazioni
sconsiderate e irrazionali», dettate dal «demone della paura
dell’altro, del diverso da noi, dello straniero».
Si può chiedere alla Chiesa, se davvero è lontana da questo
cattolicesimo antievangelico, di impiegare la stessa energia
e la stessa determinazione usata in altre situazioni e contro altri
«nemici» per isolare questi «buoni cattolici»?
Fonte: il manifesto
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