La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

mercoledì 5 agosto 2015

Renzi ha tagliato gli investimenti al Sud per finanziare il Jobs Act

Intervista a Gianfranco Viesti di Roberto Ciccarelli
Per Gian­franco Vie­sti, docente di eco­no­mia appli­cata all’Università di Bari, la rea­zione del pre­si­dente del con­si­glio Renzi sul Sud («Basta con i pia­gni­stei, l’Italia è ripar­tita») è inap­pro­priata. «Un pre­si­dente del con­si­glio deve sapere ana­liz­zare la realtà del suo paese e rico­no­scere le dif­fi­coltà dove ci sono – afferma — Se pren­diamo i dati della Svi­mez dal 2000 al 2014 tutto il paese cre­sce meno della Gre­cia e il Sud fa molto peg­gio negli ultimi cin­que anni. Non c’è una parte che sta male e una che sta bene. In Ita­lia c’è una parte più debole in un paese tutto debole».
Qual è il bilan­cio dell’azione del governo Renzi sul Sud?
Non è stato mai al cen­tro della sua atten­zione, né nelle grandi né nelle pic­cole cose. Non voglio assu­mere una posi­zione pre­con­cetta, però l’analisi di Renzi non mi convince:non è tutto un pro­blema di sem­pli­fi­ca­zioni, pri­va­tiz­za­zioni e ridu­zioni fiscali. Inten­dia­moci le sem­pli­fi­ca­zione sono molto impor­tanti. Se potes­simo tagliare un po’ le tasse sul lavoro, non quelle sulla prima casa, sarebbe una buona cosa. Ma i pro­blemi di fondo non stanno lì, ma in una cre­scita della pro­dut­ti­vità troppo mode­sta; nella dina­mica molto con­te­nuta degli inve­sti­menti pub­blici e pri­vati; nell’insufficiente sforzo dell’innovazione; in un cam­bio di passo dell’economia dopo l’euro che c’è stato, ma a mac­chie. L’Italia ha un’economia forte, ma dall’inizio del secolo non cre­sce più. Pur­troppo per noi da prima dell’austerità che le ha dato un colpo ter­ri­bile. Segni di cat­tivi risul­tati si vede­vano anche prima.


Venerdì il Pd si riu­ni­sce, sono stati annun­ciati 80 miliardi di inve­sti­menti e sem­bra che saranno sbloc­cati i fondi al Sud per la coe­sione ter­ri­to­riale. Che fine faranno, visto che manca un mini­stero?
Que­sta è una delle cose che più mi dispiac­ciono di Renzi. Dall’inizio ha rite­nuto che que­sto tema non meri­tasse un mini­stero ma un sot­to­se­gre­ta­rio forte, ma straor­di­na­ria­mente impe­gnato, come Del Rio. Del Rio poi è diven­tato mini­stro delle infra­strut­ture e Renzi si è dimen­ti­cato di asse­gnare la delega a qual­cun altro.

Forse andrà al sot­to­se­gre­ta­rio alla pre­si­denza del Con­si­glio De Vin­centi?
Magari ce l’avesse, è per­sona molto capace anche se anche lui iper-impegnato. La delega ce l’ha Renzi. Non è che una per­sona risolve tutto, però ser­vi­rebbe un poli­tico a tempo pieno, soprat­tutto di que­sti tempi, per gestire le risorse e tenere il fiato sul collo dei sog­getti attua­tori come fece Fabri­zio Barca da mini­stro della coe­sione ter­ri­to­riale con le ferrovie.

Nello «Sblocca Ita­lia» Renzi pro­muove inve­sti­menti per auto­strade e tri­vel­la­zioni. Che tipo di svi­luppo sta pro­get­tando?
Sulle tri­vel­la­zioni sono per­plesso: trovo ragio­ne­vole la pro­te­sta di molte comu­nità per­ché sem­bra una deci­sione che cala dall’alto e in alcuni casi si scon­tra con l’opposizione sociale sull’Adriatico o in Basi­li­cata. Ma ammet­tiamo che vi sia una cul­tura radi­cal­mente con­tra­ria in maniera esa­ge­rata e che alcuni inter­venti si deb­bano fare come il con­te­stato gasdotto Tap. Certo non è il mas­simo dell’astuzia farlo arri­vare su una spiag­gia. Renzi ha una cul­tura lea­de­ri­stica ed è con­vinto che il pro­blema dell’Italia sia la man­canza di qual­cuno che decide. Non sono d’accordo, uno che prende le deci­sioni ci vuole, ma dopo che ha creato con­senso nei ter­ri­tori e con i cit­ta­dini. Capi­sco che pos­siamo avere avuto un eccesso di ral­len­ta­menti, ma la cul­tura del com­mis­sa­rio che arriva e decide non è giu­sta demo­cra­ti­ca­mente e non credo che por­terà a molti risultati.

In quali set­tori sono neces­sari gli inve­sti­menti?
Nelle opere di tra­sporto, nelle fer­ro­vie e nei porti, nell’intermodalità e nelle aree urbane più che nei nuovi assi stra­dali, con qual­che ecce­zione. Biso­gna capire che le cose impor­tanti non sono i fondi euro­pei o le misure spe­ciali, ma la scuola, la sanità, l’ambiente, l’ordine pub­blico, cioè poli­ti­che pub­bli­che ordi­na­rie di suf­fi­ciente dimen­sione e di buona qua­lità. Que­sto governo ha molto la cul­tura del sin­golo progetto.Credo che que­stra cul­tura non sia suf­fi­ciente senza una visione della dire­zione da pren­dere. Però cer­ta­mente non gua­sta. Pren­diamo Pom­pei, Bagnoli e Taranto. I risul­tati sono molto alterni. A quanto ne so, a Pom­pei hanno fatto qual­cosa, Bagnoli è ferma, Taranto ci sono stati i primi incon­tri. Mi pia­ce­rebbe che su que­sta cul­tura pren­desse impe­gni più pre­cisi. Rico­no­sco che que­sta idea del pro­getto con un nome ha aspetti posi­tivi, indi­vi­dua chia­ra­mente un oggetto di inter­vento, può pro­durre risul­tati che si vedono. Il ren­zi­smo è in parte andato incon­tro ad una rea­zione com­pren­si­bile rispetto agli eccessi di pro­grammi senza pro­getti pre­cisi. Però, in que­sta ita­lia, in que­sto momento, senza una visione i pro­getti sono ben­ve­nuti, ma non bastano.

Sem­bra che il Sud sia stato desti­nato al turi­smo. È soste­ni­bile un’economia votata all’intrattenimento?
Cer­ta­mente no. Un’economia euro­pea a medio red­dito deve cre­scere con tutta la gamma delle atti­vità eco­no­mi­che e tra que­ste la più impor­tante è l’industria intesa in senso ampio. Per me indu­stria è anche Goo­gle e Bla­bla car. Nel Mez­zo­giorno c’è ancora un bel pezzo di indu­stria, nono­stante la crisi. Troppo poca, meno di prima, ma incom­men­su­ra­bile rispetto a quella greca, con tutto il rispetto per i nostri vicini. Aero­nau­tica, auto­mo­bile, agroa­li­men­tare, un pez­zet­tino di made in Italy, pre­senze molto pre­ziose da rilan­ciare con un ter­mine non ren­ziano, che invece a me piace, di poli­tica indu­striale. Ciò detto, il turi­smo non è il dia­volo. Al sud deve cre­scere, facendo però atten­zione a non farlo diven­tare come quello nella Spa­gna del sud. Lo si può fare attra­verso la de-stagionalizzazione, i beni cul­tu­rali, il cibo, la natura e l’aumento delle pre­senze stra­niere che sono in enorme cre­scita negli ultimi due anni gra­zie ai voli low cost a Napoli, Cata­nia e Bari.

I con­tri­buti nel jobs act sono utili per fare cre­scere l’occupazione in que­sti con­te­sti?
Non ne sono entu­sia­sta. Il Jobs Act è una scelta poli­tica che spo­sta il potere con­trat­tuale verso i datori di lavoro e lo toglie ai lavo­ra­tori. La defi­sca­liz­za­zione è una poli­tica molto costosa. Ma se uno vuole but­tare i soldi lo fa adesso visto che l’occupazione è molto bassa. Visto da sud non è stata una grande scelta: i soldi sono stati presi da risorse desti­nate al sud. In più si tratta di una misura iden­tica su tutto il ter­ri­to­rio nazio­nale e dif­fi­cil­mente gene­rerà incre­menti occu­pa­zio­nali nelle regioni più deboli. Le imprese non assu­mono per­ché non c’è domanda, non per­ché le regole sul mer­cato del lavoro sono vin­co­lanti. Negli ultimi 20 anni l’Italia è radi­cal­mente cam­biata e le parti sociali sono state molto fles­si­bili accet­tando con­tratti di tutti i tipi.

Di recente si è occu­pato del sistema uni­ver­si­ta­rio. Dopo la scuola, il governo sem­bra inten­zio­nato a inter­ve­nire di nuovo sugli ate­nei. Con quale approc­cio, secondo lei?
La cosa che mi lascia ester­re­fatto è che la poli­tica ber­lu­sco­niana sul merito e valu­ta­zio­neè stata pro­se­guita negli stessi dien­tuici ter­mini dal governo Monti, Letta e poi da quello renzi sullì’università.

Come se lo spiega?
C’è un dise­gno impli­cito di rio­gra­niz­za­zione del sistema uni­ver­si­ta­rio ispi­rato all’orientamentio selet­tivo che secondo me è pro­fon­da­mente sba­gliato. Ci vor­rebbe invece un raff­for­za­mento qua­li­ta­tivo. A sud ci sono uni­ver­sità che fun­zio­nano male. Loro dicono che biso­gna chiu­derle, io dico che biso­gna migliorarle.

Da dove nasce que­sto orien­ta­mento sull’università?
La mia è un’ipotesi inter­pre­ta­tiva. Abbiamo classi diri­genti che hanno perso la fidu­cia nell’Italia e si curano di alcuni pez­zet­tini, spe­rando che ce la fac­ciano. Per que­sto inter­ve­nire a Sud è così inte­res­sante. Signi­fica cre­dere in un sistema nazio­nale che piano piano si raf­forza. Non ho par­ti­co­lare fidu­cia in que­sto governo, ma l’italia è in grande movi­mento e non biso­gna per­dere la spe­ranza. Non si tratta di spa­rare a zero nè essere con­ser­va­tori. L’Italia prima di Renzi non era una mera­vi­glia. Se non ci piace quello che sta facendo, biso­gna cam­biarla diver­sa­mente, non difen­dere solo l’esistente.

Secondo lei che tipo di atteg­gia­mento biso­gna avere a sini­stra rispetto alla spen­ding review?
Io credo che non dob­biamo rifiu­tare la parola effi­cienza, ma dob­biamo discu­tere qual è il senso delle ope­ra­zioni che si fanno. C’è una spen­ding review di destra e una di sini­stra. Quella di destra riduce il più pos­si­bile l’intervento pub­blico. Quella di sini­stra aumenta il più pos­si­bile l’efficacia dell’intervento pub­blico, anche rispar­miando, che non fa male.

La spen­ding review di Renzi che taglierà 2,3 miliardi nel 2016 è di destra o di sini­stra?
Ho molte per­ples­sità sulla cop­pia Gutgeld-Perotti che la sta facendo. Li vedo troppo cen­trati sull’ottenimento di risparmi per potere tagliare le tasse. È una posi­zione del tutto ragio­ne­vole che defi­ni­rei un pochino di destra. La spen­ding review dovrebbe essere molto più incen­trata sull’intervento sulla qua­lità. Se si taglia la spesa sani­ta­ria a pre­scin­dere dalle con­di­zioni mate­riali non è detto che miglioro la salute delle per­sone ma la peg­gioro. Nel sud si con­su­mano troppi far­maci per­ché c’è una bassa sco­la­rità e una minore cul­tura della salute, per que­sto la spesa far­ma­ceu­tica pro capite è più alta. Un governo rifor­ma­tore dovrebbe aumen­tare la qua­lità media degli ospe­dali par­tendo da quelli che ce l’hanno più bassa.

È quello che stanno facendo Gut­geld e Perotti?
Al momento non mi risulta..

Fonte: il manifesto

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