La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

domenica 2 agosto 2015

Land grab italiano. Rabbia delle comunità

di Luca Manes
Un nuovo rap­porto scritto da alcuni ricer­ca­tori ita­liani e pub­bli­cato da Re:Common dimo­stra che il con­tro­verso pro­getto «Sen­huile» in Sene­gal è sull’orlo del collasso.
Il pro­getto, avviato quat­tro anni fa da inve­sti­tori ita­liani e sene­ga­lesi, è da sem­pre for­te­mente con­te­stato dalle comu­nità coin­volte. Gli inve­sti­tori affer­mano di essersi assi­cu­rati i diritti per 45mila ettari di ter­reno, seb­bene la com­pa­gnia abbia col­ti­vato solo una por­zione del mega-appezzamento. Come se non bastasse, l’ex ammi­ni­stra­tore dele­gato della Sen­huile, pre­ce­den­te­mente caduto in disgra­zia e oggetto di un pro­ce­di­mento penale, ha a sua volta citato in giu­di­zio l’azienda con una serie di motivazioni.
In Sene­gal Sen­huile è sino­nimo di acca­par­ra­mento di terre. Da quando è nato il pro­getto ha cono­sciuto solo intoppi. Nel 2011, le comu­nità locali hanno insce­nato una pro­te­sta in quanto fer­ma­mente con­tra­rie all’accordo che con­ce­deva all’azienda 20mila ettari di terra nell’area di Fanaye.
Solo intoppi
Due abi­tanti del vil­lag­gio sono stati uccisi e il pro­getto è stato poi sospeso e spo­stato in una nuova loca­lità nel Ndiael. Lì, alcuni bam­bini della zona sono anne­gati nei canali di irri­ga­zione del pro­getto, privi delle dovute pro­te­zioni, men­tre dei sospetti di finan­zia­mento ille­cito hanno scosso la cre­di­bi­lità della società. Il nuovo rap­porto dimo­stra che gli sforzi di pub­bli­che rela­zioni dell’azienda sono inef­fi­caci e che il pro­getto si è impan­ta­nato in una situa­zione di con­flitto e nelle più pro­fonde contraddizioni.
Ecco alcuni dei punti chiave emersi nella ricerca. In primo luogo la società ha licen­ziato il suo ammi­ni­stra­tore dele­gato, Ben­ja­min Dum­mai, che è stato suc­ces­si­va­mente arre­stato per appro­pria­zione inde­bita, ma che ora sta facendo causa alla «Sen­huile» per 14 capi di impu­ta­zione, tra cui l’aumento fit­ti­zio del capi­tale sociale a fini frau­do­lenti ed il rici­clag­gio di denaro. In secondo luogo, nelle ultime set­ti­mane, gli inve­sti­tori ita­liani hanno messo in chiaro che le loro pro­prietà ter­riere sene­ga­lesi vanno oltre i 20mila ettari attri­buiti nella regione del Ndiael.
Affer­mano di aver man­te­nuto i diritti per i 20mila ettari ori­gi­na­ria­mente ceduti a Fanaye.
Fanno inol­tre sapere di aver recen­te­mente acqui­sito 5mila ettari in Fass Ngom. Eppure l’anno scorso la società è riu­scita a col­ti­vare solo 1.500 ettari, sol­le­vando seri inter­ro­ga­tivi sul per­ché le auto­rità hanno con­cesso loro tanta terra. Al momento in tutte le aree gestite dalla Sen­huile gli agri­col­tori e i pastori non rie­scono a svol­gere rego­lar­mente le loro atti­vità, con ovvie con­se­guenze per la loro sussistenza.
Ci sono inol­tre delle voci insi­stenti che indi­cano come il pro­getto potrebbe essere «girato» a una società degli Stati uniti o dell’Africa Occidentale.
Terzo punto: Tam­pieri (la società pro­prie­ta­ria del con­sor­zio «Sen­huile») ha tra­scorso l’ultimo anno pun­tando sulle pub­bli­che rela­zioni per ingra­ziarsi le sim­pa­tie degli abi­tanti dei vil­laggi inte­res­sati dal pro­getto, ma gli incon­tri sul campo con le comu­nità mostrano una forte con­trad­di­zione tra ciò che dice l’azienda e l’esperienza delle persone.
Con­se­guenze nefaste
Le peg­giori con­se­guenze del pro­getto sono legate alla per­dita di vite umane. Il mese scorso, un pastore di 16 anni è anne­gato nel ten­ta­tivo di attra­ver­sare un canale di irri­ga­zione rea­liz­zato dalla Sen­huile. La sua fami­glia si pre­para a spor­gere denun­cia. La società ha licen­ziato alcuni lavo­ra­tori e respinge la richie­sta dei 37 vil­laggi dell’area inte­res­sata di porre fine al progetto.
Que­sto rap­porto è stato pro­dotto in col­la­bo­ra­zione con il Col­lec­tif pour la Défense du Ndiaël, Grain, l’Inve­sti­ga­tive Repor­ting Pro­ject Italy (IRPI), l’associazione Sunu­gal, e il col­let­tivo Wal­king on the South(Wots?), gruppi ita­liani, sene­ga­lesi ed inter­na­zio­nali che da anni lavo­rano per dimo­strare che il pro­getto è dan­noso e illegittimo.
«Dopo tre anni dall’ottenimento della licenza in Sene­gal, il pro­getto Senhuile-Senethanol ha pro­vo­cato una guerra tra azio­ni­sti. Tra Dum­mai e la Tam­pieri in c’è stato uno scam­bio di accuse che getta ombre inquie­tanti sulla gestione del pro­getto, sia riguardo la vec­chia che l’attuale gestione Tam­pieri ha speso almeno 30 milioni di euro, eppure l’andamento del pro­getto rischia di avere riper­cus­sioni anche sull’immagine dell’azienda.
La rea­zione rab­biosa di Dum­mai al suo licen­zia­mento lascia pre­sa­gire che il con­flitto tra le parti andrà avanti ancora a lungo». ha dichia­rato Lorenzo Bagnoli, gior­na­li­sta free lance dell’Irpi.
«Quale che sia la posi­zione di ognuno in merito a que­stioni quali lo “svi­luppo” o la gestione della risorsa “terra”, non è accet­ta­bile che una plu­ra­lità di sog­getti con­ti­nui a mostrare le realtà fat­tuali di campo e le prove con­crete d’irregolarità inces­santi com­messe dall’impresa» ha dichia­rato Davide Cirillo, ricer­ca­tore e mem­bro del col­let­tivo ita­liano Wots?, che da tempo lavora a stretto con­tatto con le comu­nità senegalesi. 

Fonte: il manifesto

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