di Vittorio Agnoletto
Cinquantanove delle 65 vittime di Bolzaneto si sono rifiutate di arrivare ad un accordo transattivo con lo Stato, vogliono arrivare ad una nuova sentenza che condanni per l’ennesima volta lo Stato italiano ad adeguarsi alle convenzioni internazionali e ad inserire nella nostra legislazione il reato di tortura. Sei tra le vittime hanno accettato un accordo con lo Stato e un risarcimento di 45.000 euro. Si può capire, sul piano umano, che, dopo 16 anni di attesa, qualcuno accetti una simile soluzione. In tale accordo lo Stato italiano ammette che le violenze da parte dei pubblici ufficiali a Bolzaneto ci sono state, si impegna a fare una legge sulla tortura, a svolgere future e accurate indagini nel futuro se si verificassero ancora casi simili, a intervenire sulla formazione delle forze dell’ordine per evitare il ripetersi di casi quali Bolzaneto.
E’ certamente importante che a 17 anni di distanza lo Stato riconosca che a Bolzaneto ci sono state delle violenze, ma questa è ormai verità storica acclarata e confermata in varie sentenze. Tutte le altre dichiarazioni contenute nell’atto transattivo suonano come pure parole al vento finalizzate solo a giungere ad un accordo che spinga le vittime a ritirarsi dal processo. Quali credibilità possono avere simili dichiarazioni quando a due anni dalla sentenza della Corte Europea dei diritti che imponeva all’Italia di approvare una legge sulla tortura e di inserire i codici di riconoscimento sulle divise delle forze dell’ordine nulla è stato fatto?
Anzi le proposte avanzate fino ad ora sono una totale presa in giro dei dettati della Corte Europea: la proposta di legge sulla tortura, comunque archiviata, in primo luogo istituiva un generico reato di tortura rivolto a chiunque, mentre nella convenzione internazionale e in Europa è chiaro che si deve trattare di un reato specifico rivolto ai pubblici ufficiali; ed inoltre inseriva dei termini di tempo dopo i quali il reato sarebbe caduto in prescrizione, mentre secondo la Corte Europea e la convenzione internazionale il reato di tortura non deve avere prescrizione. Nel processo per i fatti di Bolzaneto molti pubblici ufficiali hanno evitato la condanna definitiva e il carcere proprio grazie alla prescrizione.
Per quanto riguarda i codici di riconoscimento anche in questo caso siamo di fronte ad un’ennesima presa in giro; è di pochi giorni fa la proposta del ministro Minniti di istituire dei codici di riconoscimento di reparto anziché quelli individuali come avviene negli altri Paesi Come se a Bolzaneto e alla Diaz non si conoscessero i nomi dei reparti di polizia coinvolti; ben diverso è poter avere dei codici individuali in base ai quali i magistrati possano risalire alla responsabilità individuale degli eventuali reati. E questo, non finiremo mai di ripeterlo, dovrebbe essere un obiettivo prima di tutto di coloro che indossano la divisa per servire con onestà la nostra Costituzione.
Due sono gli obiettivi veri delle ipocrite dichiarazioni del governo: da un lato cercare di convincere altre vittime a lasciare il processo, dall’altra parte sollevare l’ennesimo fuoco di paglia per le prossime 48 ore facendo credere che l’Italia sia veramente decisa ad approvare una legge sulla tortura in sintonia con le convenzioni internazionali. Poi trascorso qualche giorno non se ne parlerà più proprio come avvenne due anni fa dopo che l’Italia fu condannata dalla Corte Europea.
Calerà il silenzio fino alla prossima condanna.
Fonte: popoffquotidiano.it
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