di Federico Iarlori
E’ il momento di Jean-Luc Mélenchon. Il candidato della France insoumise, ex ala sinistra del Partito socialista, da cui è uscito nel 2008, sta scalando la classifica delle intenzioni di voto dei francesi. Partito come fanalino di coda dei cosiddetti “grandi” candidati qualche settimana fa, Mélenchon ha prima superato il candidato socialista Benoit Hamon e in questi giorni - stando agli ultimi sondaggi - avrebbe addirittura sopravanzato anche il leader della destra moderata François Fillon(17%), attestandosi al 18%, subito dietro al duo di testa Le Pen/Macron (24%). Un fenomeno definito “sorprendente” dalla stampa e dall’opinione pubblica, ma che si può facilmente riassumere in tre punti.
1) I vasi comunicanti. A voler osservare superficialmente l’evoluzione delle intenzioni di voto, è evidente che la scalata di Mélenchon non ha minimamente intaccato l’elettorato di Marine Le Pen, né quello di Emmanuel Macron - entrambi stabili, in testa, al 24%. Anche Fillon, nonostante le ennesime rivelazioni sull’impiego fittizio della moglie, non si è praticamente mai schiodato dal 17%. L’unico a precipitare nei sondaggi è stato il candidato socialista Hamon, sceso drammaticamente sotto la soglia del 10%. Mélenchon, quindi, avrebbe rubato voti al “collega” di sinistra e non ai suoi autentici avversari ideologici. Pensandoci bene, non è troppo sorprendente. Hamon, infatti, dopo aver vinto a sorpresa le primarie del PS, si è ritrovato isolato all’interno del suo stesso partito. Perfino Manuel Valls, che aveva dichiarato che avrebbe accettato l’esito delle primarie, qualunque esso fosse stato, lo ha abbandonato per Macron, paventando una possibile elezione del Front national. E' ovvio che una parte dell’elettorato di sinistra, quindi, non ritiene più che Hamon possa rappresentare ancora quel “voto utile” per impedire la vittoria delle destre.
2) Largo ai giovani. Nonostante i suoi 65 anni, Mélenchon sembra un ragazzino. L’idea di affidare la gestione della sua campagna elettorale a un gruppo di studenti e militanti poco più che trentenni, sta dando i suoi frutti. Su YouTube, tanto per fare un esempio, i video del candidato della France insoumise fanno regolarmente il botto - il suo canale conta quasi 280mila abbonati. Ma non solo. Anche la scelta di moltiplicare i suoi comizi utilizzando degli ologrammi è stata una scelta vincente: sia perché la stampa ha versato fiumi di inchiostro sull’argomento, sia perché la trovata piace, incuriosisce e fa l’occhiolino ad un pubblico giovane altrimenti sempre più disinteressato nei confronti della politica. E non parliamo neanche del videogioco Fiscal Kombat (CLICCA QUI per giocare), che è diventato un vero e proprio fenomeno mediatico.
3) Dédiabolisation di sinistra. Conosciuto per i suoi toni forti e il suo stile collerico e impertinente, Mélenchon ha intelligentemente cambiato strategia di comunicazione. Già a partire dal primo dibattito televisivo, quello con i cinque “favoriti” all'Eliseo, il candidato della France insoumise ha deliberatamente deciso di abbassare i toni nel tentativo di prendere le distanze da quella connotazione “estremista” con cui i media e l’opinione pubblica hanno sempre etichettato l’uomo politico e il suo movimento. Basta ascoltarlo per rendersi conto che il suo tono è diventato molto più pacato e solenne e il suo personaggio decisamente più "presidenziabile". Insomma, un’autentica dédiabolisation - per riprendere il termine con cui ci si riferisce all'operazione messa in atto da Marine Le Pen per rendere più "presentabile" il Front national - di sinistra.
Secondo alcuni opinionisti, il bacino di elettori alla portata di Mélenchon si sarebbe esaurito e la sua scalata dovrebbe realisticamente fermarsi qui. Eppure, le proiezioni che lo vedrebbero affrontare Marine Le Pen al secondo turno, lo darebbero vincitore. Ecco quindi - contrariamente a ciò che si diceva - un altro elemento che potrebbe spostare ancora più elettori e fare di Mélenchon l’uomo in grado di sconvolgere gli equilibri di un'elezione mai così incerta.
Fonte: Linkiesta
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