di Ângelo Alves
Le elezioni legislative olandesi del 15 marzo sono state le prime di una lunga serie di processi elettorali nelle principali potenze dell'Unione Europea. Come con la discussione in corso sul futuro dell'UE, anche la discussione sulle elezioni olandesi e francesi è stata ed è segnata dal tema dell'estrema destra e dei “nazionalismi”. E' dalla fine del 2016 che i principali media e i sondaggi che si sono succeduti davano come certo un pronunciato aumento del PVV di estrema destra e persino la sua vittoria. Ma non è accaduto. Se il PVV diventa la seconda forza in Olanda questo non si deve a una spettacolare crescita (cresce di 3 punti percentuali e 5 deputati rispetto al 2012, ottenendo il 13,1%, in calo rispetto al 15,7% del 2010), ma alla fragorosa sconfitta del partito della socialdemocrazia (PvdA del presidente dell'Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem) che perde 20 punti percentuali e 29 deputati rispetto al 2012, ottenendo il 5,7% dei voti.
La brutale erosione elettorale del PvdA è accompagnata dalla perdita di peso elettorale del VVD (il partito di destra del primo ministro del governo di coalizione VVD/PvdA) che sebbene sia il più votato (21,2%) perde 5 punti percentuali e otto deputati.
La brutale erosione elettorale del PvdA è accompagnata dalla perdita di peso elettorale del VVD (il partito di destra del primo ministro del governo di coalizione VVD/PvdA) che sebbene sia il più votato (21,2%) perde 5 punti percentuali e otto deputati.
Non si intende con questa lettura minimizzare i pericoli associati alla crescita dell'estrema destra in Europa. Questa tendenza esiste, deve essere combattuta ed è indissociabile dall'approfondimento della crisi del capitalismo e dall'accentuazione del carattere reazionario del potere politico in Europa, in particolare nella sfera sopranazionale. Ma è importante sottolineare tre elementi.
Il primo è quello della strumentalizzazione della questione del nazionalismo per cercare di contrastare l'erosione dei cosiddetti “partiti tradizionali” difensori delle politiche e dei pilastri dell'UE. Il che significa che l'alternativa all'estrema destra è la destra e lo status quo. Ciò si è manifestato in modo evidente nelle elezioni olandesi, è già riscontrabile nella campagna delle elezioni francesi ed è presente nel libro bianco della Commissione Europea.
Il secondo elemento è il cinismo che caratterizza la presunta preoccupazione di alcuni per la crescita dell'estrema destra, esattamente gli stessi che appoggiano il regime fascista ucraino e i golpisti brasiliani, che attuano e appoggiano politiche dell'UE apertamente reazionarie, vomitando attacchi xenofobi ingiuriosi contro i popoli del Sud d'Europa, come Dijsselbloem e Schauble.
Il terzo elemento è che la vera lotta che l'UE e le sue truppe d'assalto ideologico stanno conducendo non è contro l'estrema destra. Al contrario, la presunta lotta contro l'estrema destra e i nazionalismi – prodotti dall'evoluzione stessa dell'UE – è usata per attaccare coloro che, collocandosi veramente e autenticamente nel campo ideologico opposto, contestano il processo di integrazione capitalistica in Europa, difendono il progresso sociale, la democrazia e la sovranità e la reale cooperazione e solidarietà tra stati e popoli con uguali diritti. In nome di una falsa lotta contro l'estrema destra, si attaccano coloro che combattono il fascismo e le sue più profonde cause, ed è per questo che si promuove mediaticamente l'estrema destra. Questo la dice lunga sulla natura politica dell'Unione Europea.
Articolo tratto da avante.pt
Traduzione di Marx21.it
Fonte: marx21.it
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