di Roberto Ciccarelli
Fare un tirocinio da McDonald’s e rispondere ai quiz Invalsi saranno requisiti per essere ammessi all’esame di maturità a partire dal prossimo anno scolastico. Insieme alla riforma del sostegno e dell’iter di formazione dei nuovi insegnanti (addio Tfa e Pas, arrivano i Fit; confermato il concorso 2018), sono queste le principali novità contenute negli otto decreti attuativi della «Buona scuola» di Renzi approvati ieri dal governo Gentiloni. L’«alternanza scuola-lavoro», ovvero i tirocini e stage in azienda, è stata resa obbligatoria dalla riforma vergata dall’ex ministro dell’istruzione Stefania Giannini ed è diventata materia di esame con la subentrante Valeria Fedeli al Miur.
Si conclude il lungo processo di riforma neoliberale dell’istruzione superiore basata sulla formazione alla precarietà e al lavoro gratuito e sulla riduzione del sapere a «pillole», oggetto di una valutazione e certificazione da parte dei docenti trasformati in somministratori di test, come in una scuola guida. Avere legato l’esito dei quiz, come dei «tirocini» in azienda, al voto della maturità sarà – probabilmente – un ostacolo alle proteste degli studenti e un formidabile vincolo al auto-disciplinamento per sottrarsi al ricatto di un «cattivo voto» alla maturità. Non poteva esserci modo peggiore per celebrare il cinquantesimo anniversario dalla scomparsa di Don Milani: in nome della precarizzazione precoce degli adolescenti italiani, la scuola «renzizzata» rafforza la sua identità di istituzione totale, di fabbrica di precarietà e lavoro gratuito. Un dispositivo di governo coerente con il mercato del lavoro stabilmente precario che attende questi ragazzi una volta conclusa la prova di «maturità». Maturi, sì. Alla precarietà a vita con il Jobs Act.
L’insieme dei provvedimento, approvati senza accordo con i sindacati, ha provocato uno strappo con chi ha provato a creare una relazione con il Miur dall’insediamento del governo Gentiloni. Dopo l’opposizione ferma di Cobas, Usb e Unicobas, anche Flc-Cgil torna in battaglia. Il sindacato intende riaprire una «discussione pubblica sulla missione della scuola».
«A nulla sono valsi gli appelli su cui individuare obiettivi condivisi – sostiene Flc-Cgil – È sbagliata la scelta di procedere con tutte le deleghe della legge 107/15 e riteniamo un errore grave che il Governo le abbia approvate». E poi il messaggio politico al governo e alla neo-ministra Fedeli, già esponente della Cgil: «Questa legge produce diseguaglianze, si apre inevitabilmente una lunga stagione conflittuale con il mondo della scuola che si snoderà parallelamente alle vicende politiche che condurranno alle elezioni».
Nella valutazione dei sindacati pesano anche le nuove modalità della selezione dei docenti: «Le risorse stanziate sono insufficienti – sostiene la Gilda – Grave che l’abilitazione all’insegnamento sia stata sostituita da una semplice specializzazione: è una modifica per legge dello status giuridico dei docenti che vengono così dequalificati a laureati specializzati, in contrasto con l’attuale modello di riconoscimento delle abilitazioni adottato negli altri Paesi dell’Unione Europea». Sulla riforma del sistema integrato 0-6 anni il giudizio è drastico: «Non c’è nessun potenziamento contrariamente a quanto promesso». «Peggio non si poteva fare. È stato inutile fare audizioni»aggiunge l’Anief . Per gli studenti della Rete della Conoscenza quello del governo è un «golpe». Protestano anche contro le risorse insufficienti stanziate per il diritto allo studio. Saranno in piazza il 9 maggio in tutto il paese.
Per il premier Gentiloni la riforma è «una notevole iniezione di qualità». C’è stato «un ampio confronto servito a migliorare i testi» ha aggiunto Fedeli. Renzi, ignaro dello strappo con i sindacati, ha continuato ad esercitarsi nel suo mondo parallelo. Ritiene che la riforma «0-6 anni» servirà ai«bambini che nascono poveri a sognare». E poi: «Il sistema scolastico cambierà definitivamente». Non servirà a sognare, ma a disciplinare più duramente i precari del futuro.
Fonte: Il manifesto
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