La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 11 aprile 2017

Davide Casaleggio e il mito della democrazia diretta

di Antonio Caputo
La confusione è grande sotto il cielo. Democrazia, potere del popolo? Quel sistema che che Winston Churchill definì il meno imperfetto tra tutti i sistemi imperfetti prodotti nella storia per regolare la relazione tra governanti e governati. Con il sistema parlamentare moderno, sostanzialmente introdotto con la Rivoluzione francese, si è aggiunto a democrazia l'aggettivo "rappresentativa". Di chi se non del popolo? L'abate Emmanuel Joseph Sieyès (Fréjus, 3 maggio 1748 – Parigi, 20 giugno 1836, membro del club dei giacobini, fece adottare all'assemblea il suffragio censuario nell'ottobre del 1789): l'assemblea con questo auspicava un regime dove tutti i cittadini eleggessero direttamente i loro rappresentanti. Ove ogni eletto rappresenta la nazione, senza vincolo di mandato.
L'Articolo 67 della Costituzione della Repubblica italiana recita: "Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato".
Popolo, nazione, concetti sfuggenti. Piuttosto individui, persone, formazioni sociali, gruppi d'interesse, ceti, categorie, classi, enti collettivi, associazioni. Chi rappresenta che cosa?
Il concetto di repubblica o di unità repubblicana, pur caro al mondo romano antico, da Cicerone a Seneca, e a Machiavelli, è frutto di una convenzione politica , all'interno della società , in senso rousseauiano. Il grande umanista Cicerone scriveva di res publica, "id est res populi", prodotto della secessione della plebe sul Monte sacro e della istituzione del Tribunato della plebe (De re publica).
La repubblica perfectissima secondo Machiavelli, frutto della disunione ricomposta dal Tribuno della plebe. È arrivata l'ora della democrazia diretta?
"Il cittadino totale non è, a ben guardare, che l'altra faccia non meno minacciosa dello stato totale". (Norberto Bobbio, Il futuro della democrazia, 1984). Per Bobbio si trattava di due lati della stessa medaglia. Stato totale e cittadino totale hanno lo stesso principio: "Che tutto è politica, ovvero la riduzione di tutti gl'interessi umani agli interessi della polis, la politicizzazione integrale dell'uomo, la risoluzione dell'uomo nel cittadino, la completa eliminazione della sfera privata nella sfera pubblica". Trent'anni dopo, il futuro di cui scriveva Bobbio è il nostro presente. All'epoca non si parlava ancora di democrazia digitale eppure il filosofo già affermava: "L'ipotesi che la futura computer-crazia, com'è stata chiamata, consenta l'esercizio della democrazia diretta, cioè dia a ogni cittadino la possibilità di trasmettere il proprio voto a un cervello elettronico, è puerile". Il merito di ricordare è di Antonio Sgobba (Il Sole 24 Ore).
"Quest'ultima riproposizione del cittadino totale non è altro che una variante aggiornata agli anni Novanta della classica utopia della democrazia diretta. Possiamo risalire all'origine del mito: l'Atene del quinto secolo avanti Cristo. Ma è, appunto, un mito. Già nella polis l'assemblea del popolo non aveva tutti i poteri. C'erano magistrati eletti o estratti a sorte. Qualcuno era più totale di qualcun'altro – per tacere degli schiavi. La democrazia diretta non era diretta – e non era democrazia – neanche alle origini. L'idea di togliere di mezzo la delega parlamentare però resiste nei secoli, e come osservava Hans Kelsen, negli anni Venti portava "a un'ipertrofia non sospettata del parlamentarismo stesso". Evidente soprattutto in un caso: "la Costituzione sovietica". Una legge "che si oppone scientemente e intenzionalmente alla democrazia rappresentativa della borghesia". Un sistema organizzato in "parlamentipiramidiformi chiamati 'sovieti' o 'Consigli' che sono semplicemente assemblee rappresentative", scriveva Kelsen".
Senonché dietro imito della mitica "democrazia diretta" e al di là dello stesso, secondo lo schema della recita democratica, di cui scrive Emilio Gentile (Il capo e la folla, genesi della democrazia recitativa , è riapparso il "capo".
Così Davide Casaleggio ha definito Beppe Grillo: "Il capo politico del Movimento 5 stelle è Beppe Grillo, io dò il mio supporto gratuitamente perché è un buon progetto, ma non voglio sostituire mio padre". La prima volta in televisione di Davide Casaleggio è anche la prima volta per il figlio del cofondatore del M5s per ridefinire pubblicamente il suo ruolo. L'imprenditore a capo della Casaleggio associati ha accettato di essere intervistato da Lilli Gruber a Otto e mezzo (La7) per parlare dell'iniziativa in programma sabato 8 aprile, a un anno dalla morte del padre.
È la conferma della tendenza a stabilire un rapporto diretto e quasi personale tra il capo e la folla e a scavalcare le strutture tradizionali. Il capo che sa intuire gli orientamenti della collettività in agitazione. Tra l'altro, è interessante che lui, come Trump, parli di movimento.
"Quindi anche la forma partito viene meno?", questa la domanda rivolta a Emilio Gentile da Donatella Coccoli. La risposta di Emilio Gentile:
"Certo, Trump ha vinto contro il suo partito! Quest'uomo, sostanzialmente dall'esterno, ha conquistato il partito. Qualcosa di molto simile a quello che ha fatto Renzi nel Pd. Quindi si sta verificando ormai – e io posso pensare di essere stato tristemente profetico nel Il Capo e la folla – che la democrazia intesa come un complesso processo che si avvale di stadi intermedi per arrivare a rendere sovrano il popolo attraverso i suoi rappresentanti viene scavalcato da questo rapporto diretto tra un popolo che non si sa che orientamento ha, ma è pur sempre il popolo. Una mia amica americana mi ha detto che il popolo non è sovrano: eh no, questo è il popolo sovrano, solo che il popolo non sempre sceglie come noi vorremmo. Ma quando sceglie, lo fa sovranamente. In questo caso contro il partito, un presidente in carica, contro una candidata fortissima che per la seconda volta viene data per vincente e che ha impiegato una somma di denaro notevolissima. Da questo punto di vista tutte le nostre categorie razionali per spiegare fenomeni come questi saltano completamente".
Dopodiché, la democrazia o è rappresentativa (e, sottolineando "e", partecipativa) o non lo è. Nel senso che è un'altra cosa. Tra l'altro un déjà vu. C'è chi lo chiama populismo.
Piuttosto: cesarismo o qualcosa che gli somiglia o rischia di somgliargli. Lasciando anche il senso di una gioco di parole che stordisce, o inebetisce. Fate voi.

Fonte: Huffington Post - blog dell'Autore 

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.