La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 11 aprile 2017

Un decreto per facilitare la realizzazione delle grandi opere. Gentiloni peggio di Renzi

di Paolo Baldeschi 
Un decreto legislativo che sembra scritto da qualche lobby affiliata al potente Partito delle grandi opere (inutili, dannose, supercostose). Tale appare la proposta anonima, presentata, in un comunicato stampa del 10 marzo, dal Consiglio dei Ministri al fine di “efficientare (sic) le procedure, di innalzare i livelli di tutela ambientale, di contribuire a sbloccare il potenziale derivante dagli investimenti in opere, infrastrutture e impianti per rilanciare la crescita (ovviamente) sostenibile”; proposta motivata come un adeguamento richiesto dalla direttiva 2014/52/UE. Vediamo, invece, cosa si cela dietro al paravento dell’attuazione della direttiva, la quale non obbliga, ma consente solo delle possibilità in tutt’altro contesto.
La Relazione, allegata al Decreto ora assegnato alle Commissioni Ambiente, Bilancio e Politiche dell’Unione Europea, è esplicita a questo proposito. Tutto si incardina su due possibilità che sono offerte ai proponenti di una grande opera da sottoporre a VIA. La prima è di presentare elaborati progettuali con un livello informativo e di dettaglio non più equivalente a quello del “progetto definitivo”, ma nella forma di "progetto di fattibilità" come definito dal Codice degli appalti. 
Tuttavia gli estensori si devono essere accorti che i requisiti del “progetto di fattibilità”, formulati all’art. 23 del Codice, se seguiti correttamente, potrebbe essere troppo onerosi e lasciare troppi pochi margini alla discrezionalità del proponente e alla conseguente contrattazione tra poteri - opachi e lontani dai cittadini. Ed ecco che si provvede con una seconda possibilità offerta dal Decreto, quella di “aprire, in qualsiasi momento, una fase di confronto con l'autorità competente finalizzata a condividere la definizione del grado di dettaglio degli elaborati progettuali necessari allo svolgimento della procedura.” In parole povere: quando ci pare, possiamo metterci d’accordo su come deve essere documentato e approfondito il progetto di fattibilità.
Vi sono due altri provvedimenti, sempre nella linea di tagliare fuori ogni possibile opposizione, soprattutto se locale o dal basso: il primo è l’eliminazione della fase di consultazione del pubblico nella procedura di Verifica di assoggettabilità delle opere a VIA; il secondo è la riduzione dei tempi per la conclusione dei procedimenti, che ora diventano “perentori”, compreso il ricatto ai dirigenti responsabili dell’iter procedurale che ne risponderanno da un punto di vista disciplinare.
C’è di più: per “efficientare” le procedure il decreto rimodula (un eufemismo) le competenze normative delle Regioni, “alle quali viene attribuito esclusivamente il potere di disciplinare l'organizzazione e le modalità di esercizio delle proprie funzioni amministrative”. Anche se con una formulazione indiretta, sembra che il Consiglio dei Ministri e gli anonimi proponenti, scontenti del risultato del referendum del 4 dicembre 2016, abbiano deciso di provvedere con un decreto legislativo: le Regioni sono esautorate dalle loro competenze, sancite dalla Costituzione.
Sempre nella stessa linea, si propone di costituire un “Comitato tecnico” formata da 30 esperti che dovrebbe supportare la Commissione VIA (evidentemente fatta di inesperti o, forse, troppo poco malleabile da parte del potere politico) e di applicare, su semplice richiesta del proponente, la nuova normativa anche ai procedimenti già in corso. Un esempio potrebbe essere il progetto del nuovo aeroporto di Firenze, su cui la VIA ha espresso un parere positivo, ma con oltre 140 prescrizioni che il Ministro Galletti non rende pubbliche, né sottoscrive con la sua firma.
Quanto agli effetti positivi, la Relazione si limita a dire che “il provvedimento consentirà, in linea con la politica di semplificazione del governo, di dare risposta alle numerose istanze provenienti dagli operatori economici. 
Il significato strategico del Decreto legislativo proposto è evidente. Si vuole che le procedure di Valutazione dell’Impatto Ambientale, lo screening decisivo per l’avvio della realizzazione di una grande opera, siano sottratte a ogni forma di partecipazione, che il grado dettaglio del progetto presentato sia puramente discrezionale e che il tutto si svolga come contrattazione tra governo, politici e imprese proponenti. Se già ora le procedure VIA sono soggette a indebite interferenze della politica, ora, non contenta, la politica vuole sancire la propria esclusiva competenza, a scapito di tutto ciò che può tutelare gli interessi dei cittadini, il paesaggio, l’ambiente. D’altronde, le vicende in corso suonano come campanelli di allarmi per il partito delle grandi opere. Alcuni progetti, giudicati strategici, sono osteggiati da Regioni, (come il gasdotto che ferirà la Puglia o le trivellazioni marine libere) o da enti locali (come la Provincia di Grosseto e un gruppo di Comuni, nel caso dell’autostrada tirrenica); inoltre è sempre più diffusa, forte, argomentata tecnicamente, l’opposizione di comitati alle tante opere inutili in progetto o in corso.
Vi è un ulteriore conseguenza in questo pericoloso tentativo di depotenziare le procedure VIA e renderle soggette al potere politico. Un progetto lacunoso e mal fatto, approvato in forma preliminare, implica numerose correzioni e integrazioni successive, nel progetto definitivo, in quello esecutivo, ma soprattutto in corso d’opera. In questo modo, come avviene per “prassi consolidata”, le imprese possono aggiudicarsi appalti a costi concorrenziali, sapendo di poterli moltiplicare nel corso della realizzazione, oltretutto fuori di ogni controllo. E’ noto che sono questi costi, triplici a dir poco rispetto la media europea, ad alimentare, per tutti i rami, il partito delle grandi opere e la corruzione diffusa. 
Rimane un interrogativo: come si comporteranno le forze politiche che si dichiarano di sinistra (in particolare i fuoriusciti dal PD) quando il decreto sarà discusso nelle commissioni ed, eventualmente, in parlamento? E ancora: si opporranno i Governatori, quando consultati nella conferenza Stato-Regioni? Questo ci aiuterà a capire cosa significhi “sinistra” per molti protagonisti della politica italiana, se nelle parole o nei fatti.

Fonte: Eddyburg 

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