La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

martedì 11 aprile 2017

Uscire dalla crisi con lo stato sociale, i contratti collettivi e i diritti

di Alexis Tsipras
L'attuale riunione del Comitato centrale arriva in un importante momento di svolta. Poco prima di una svolta importante nella battaglia che abbiamo iniziato dal giorno che il nostro popolo greco ci ha affidato la responsabilità del governo del Paese. E molto vicino a quello che ci permetterà di discutere, pianificare, organizzare il "giorno dopo", insieme con la società che ha sopportato un carico pesante, in tutti questi anni di crisi. Perché, questa pesante responsabilità non l'abbiamo assunta per diventare manager della distruzione causata da quelli che hanno governato da decenni. Ma l'abbiamo assunta con un unico obiettivo, la ricostruzione del paese dai suoi piedi, con le sue proprie forze. Per portarlo fuori dai programmi, i programmi perduranti e ripetuti di commissariamento. Questo era in effetti anche il mandato che il popolo greco ci ha affidato.
E per questo lottiamo, con vittorie, ma anche attraverso dei compromessi, quando è necessario.
Ma lottiamo avendo una strategia, un piano, una visione, soprattutto avendo fede nelle forze sia le nostre che quelle di questo paese.
Avendo fede nel potenziale del paese e nel nostro popolo.
Possibilità che sono pronte a svilupparsi, finché raggiungeremo il momento di chiudere definitivamente il periodo del commissariamento.
E a questo orizzonte abbiamo costantemente rivolto il nostro sguardo.
Perché non vogliamo che il punto di uscita dalla crisi, segni l'inizio di una nuova crisi.
E a questo siamo determinati.
Per questo motivo, durante i negoziati per il completamento della seconda valutazione, abbiamo scelto di mantenere un atteggiamento che non poteva permettere di minare una uscita finale sicura dal programma.
Il risultato della ultima puntata della trattativa a Malta credo che in gran parte abbia dato ragione alla nostra insistenza su questo principio e credo che questa sia la cosa più importante di tutte.
Ciò che si è deciso lì, in relazione alla Grecia, non solo crea le condizioni oggettive per chiudere un importante ciclo di negoziazione, che fa perdere molto tempo.
Forse la cosa più importante, è che diventa visibile all’orizzonte l’uscita dal programma. L'orizzonte di uscita del paese dal commissariamento economico iniziato nel 2010.
E diventa così visibile ed è il nostro obiettivo permanente e immutabile.
Che ha insieme rappresentato il mandato del popolo greco nelle elezioni del settembre del 2015.
Di dare una fine sicura alla sventura.
Alla fine della seconda valutazione.
È vero che abbiamo affrontato difficoltà molto gravi per la chiusura della seconda valutazione.
Queste difficoltà sono andate oltre le differenze tra la parte greca e i creditori e che sono consistite in taglienti contrasti tra il Fondo monetario internazionale e le istituzioni europee.
Disaccordi che non avevano niente a che fare sia con il contenuto stesso della valutazione, ma con la direzione del paese dopo la fine del programma, in particolare con la possibilità, dopo la fine del programma, che per il paese si assicurasse un accesso ai mercati finanziari per poter "stare in piedi".
Quindi la negoziazione condotta in questi mesi non ha riguardato soltanto quanto era stato oggetto degli accordi del luglio 2015, per quanto riguardava il corso del programma attuale, ma la soluzione completa. Questa negoziazione naturalmente include l'agenda della seconda valutazione e soprattutto le misure per il debito, la prospettiva cioè di ripristinare l'accesso ai mercati finanziari con queste misure.
Quindi una soluzione totale.
I disaccordi tra i partner, tra le istituzioni europee e il Fondo monetario internazionale per il contenuto dell'accordo completo, della soluzione finale, o finivano per prendere la forma di richieste inaccettabili e ricatti verso la nostra parte, o si traducevano, in pratica, in ingiustificati ostruzioni e ritardi.
E questa tattica non ha avuto riguardato, ripeto, solo l'agenda della valutazione, ma anche la prospettiva di mettere fine ad un ciclo che ha consumato lunghi periodi, un lungo ciclo, che dura da sette anni, con la presenza della Grecia nei programmi.
E questa prospettiva della fine di questo ciclo devo ammetterlo che era ed è qualcosa che, a quanto pare, rende alcuni molto infelici. Fuori e, naturalmente, anche dentro il paese.
Ma vediamo come si presenta oggi la situazione dopo l'ultimo appuntamento a Malta.
In primo luogo, v'è un accordo politico, che costituisce il quadro dell'accordo anche a livello dei quadri tecnici.
Abbiamo lottato per avere un’applicazione socialmente sostenibile di questo accordo.
Noi non vogliamo nascondere il fatto che nell'accordo politico ci siano misure per il periodo dopo il programma 2019-2020, che non sono necessarie, secondo gli obiettivi di bilancio che abbiamo raggiunto e raggiungiamo, e che non avremo mai scelto di adottare.
Tuttavia, il compromesso che abbiamo raggiunto rappresenta la possibilità di porre in essere misure precise equivalenti e di contro bilanciamento positive che potranno generare un saldo di bilancio pari a zero in questi anni e che saranno legiferate e applicate simultaneamente.
Queste misure positive riguardano in particolare la costruzione delle strutture di protezione sociale e dello stato sociale, che purtroppo non è stato costruito nel paese, non ora nei tempi della crisi, ma negli anni di forte crescita, quando c’è stata la possibilità di costruirlo. Gli anni delle “grandi idee” delle Olimpiadi, ma anche gli anni del grande sperpero di denaro pubblico, gli anni della borsa, dei grandi programmi di armamenti, che non hanno lasciano spazio alla costruzione di strutture di protezione sociale.
Sono misure per contrastare la povertà e la disoccupazione, per sostenere i giovani e la capacità di rimanere nel paese, di fermare cioè questa grande fuga di giovani, e per lo più di scienziati all'estero, misure per favorire lo sviluppo, ma anche la politica sociale.
Inoltre, però, siamo riusciti in qualcosa che è stato – lo sapete – da tanto tempo la nostra priorità e l’elemento centrale della nostra strategia globale durante la negoziazione.
Siamo riusciti a garantire il ritorno del paese alla normalità delle relazioni di lavoro. In primo luogo con il ripristino della contrattazione collettiva.
Per essere ancora in vigore, i due elementi più importanti che disciplinano i contratti collettivi: il principio della scalabilità e il principio della disposizione più favorevole.
Mentre si sono respinte le forti pressioni – che hanno avuto il sostegno anche delle associazioni dei datori di lavoro all'interno - per dire le cose con il loro nome - e riguardavano la legalizzazione del controsciopero dei datori di lavoro – il chiamato look out - ma anche l’aumento dei limiti per i licenziamenti collettivo – di gruppo. E credo che il fatto che queste pressioni e queste versioni di accordo siano state evitate è un fatto positivo in gran parte dovuto ai processi politici che si sono verificati nel campo europeo, insieme con la negoziazione a livello tecnico. Perché, non dimentichiamolo, dal 2015 in poi la negoziazione non si conduce solo in ambienti chiusi, in cui il terreno è spesso inclinato verso il lato di chi ha bisogno i soldi per pagare la prossima tranche. Perché questa è la realtà che abbiamo affrontato nel paese, lasciato in bancarotta dai precedenti governi. Ma la negoziazione per la prima volta, si conduce anche a livello politico -e questo ci ha dato importanti opportunità.
In secondo luogo, dopo Malta, al di là dell'accordo politico che ho descritto, si apre la strada, finalmente, dopo Malta, al di là dell’accordo e delle misure per il 2019 e il 2020, per determinare le misure a medio termine per il debito.
Questo, come si può vedere invierà in ogni caso un chiaro segnale alla comunità internazionale degli investitori, ai mercati, il messaggio che l'incertezza è finita, che la crisi è ormai alle spalle. Gli scenari che avevano ordito e i desideri di alcuni, gli scenari di disastri rappresentano il passato.
E così l'economia greca ha tutte le garanzie per andare avanti, per svilupparsi con il grande potenziale che ha.
E il terzo elemento, dopo Malta, è che stiamo entrando nella fase finale del dibattito, che deciderà il percorso fiscale che seguirà il paese dopo la fine del programma.
E il fatto cruciale ora è quello di garantire che il periodo da concordare, deve essere tale da non perpetuare l’austerità e di non compromettere la crescita dell'economia.
E questa sarà probabilmente l’ultima grande battaglia di negoziazione che è ancora davanti a noi.
Perché, come si sa, la domanda di avanzi primari elevati a lungo termine, e specialmente come alcuni dei nostri partner chiedevano per un decennio, è per lo meno fuori luogo.
Come la chiave principale per l'economia greca è ora quella di favorire la prospettiva del suo sviluppo e la produzione di una nuova ricchezza e non il perpetuarsi della politica restrittiva che abbiamo vissuto gli ultimi sette anni.
Il quadro complessivo sarà finito con la pubblicazione dell’analisi che aspettiamo per la sostenibilità del debito, che riteniamo possa certificare l'immagine positiva per il paese e porterà all'integrazione dei titoli greci nel programma di allentamento quantitativo della BCE, il QE della BCE.
Punto da cui inizia il ripristino della fiducia internazionale nel paese e la possibilità di un ritorno dell'economia greca nei mercati finanziari.
E naturalmente sottolineano che quest'ultimo costituisce il presupposto necessario. Senza di essa non ci sono misure da applicare. Quest'ultima, vale a dire misure a medio termine per il debito, in grado di integrare il paese nel programma di allentamento quantitativo, un percorso che dal punto di vista bilancio non sarà accessibile, cioè la capacità del paese di chiudere definitivamente il ciclo della crisi, la possibilità di finire il terzo programma, di applicare misure per il debito dal 2018 è la precondizione per applicare anche le misure, così come le abbiamo deciso, con un saldo di bilancio neutro per il 2019 e il 2020.
Compagne e compagni,
Siamo arrivati in questo punto dopo una trattativa difficile. Una negoziazione che ha avuto alti e bassi. Lo avete vissuto, lo sapete. Non avete nascosto mai nulla. Non abbiamo negoziato con le porte chiuse. Non abbiamo mai nascosto qualcosa sotto il tappeto. Erano chiare anche le mosse di sorpresa e i ricatti, tutto era chiaro.
Il quadro che vi descrivo ora è il quadro che abbiamo saputo tutti il 20 di febbraio.
Alcuni, per tutto questo tempo hanno provato si smantellare questo quadro del 20 di febbraio. Di certo io non voglio dire che il fatto che siamo tornati ad esso è un enorme successo o una vittoria. Ma io onestamente dico che abbiamo impedito le mosse di coloro che hanno tentato di smantellare questo quadro, abbiamo impedito che queste mosse prendevano forma definitiva, ed al mio parere, è un successo. Per chi conosce il quadro in cui si svolge la negoziazione.
E voglio a questo punto per rendere omaggio ai compagni dei ministeri importanti che hanno dato una dura e faticosa battaglia per allontanare dal tavolo pretese assurde e completamente infondate che come al solito sono arrivate all'ultimo minuto. Non hanno mai perso la loro pazienza e il loro coraggio.
Per dire anche che questa battaglia che era in corso, alcuni all’interno e all'estero, hanno avuto un obiettivo chiaro, di non chiudere la valutazione. Non chiudere la valutazione sia perché alcuni hanno insistito sui scenari condannati dalla storia molto e non riusciti a partire dal 2015 per l'uscita della Grecia dalla zona euro, o perché alcune persone all'interno non volevano e non vogliono che possiamo raggiungere i nostri obiettivi. Di essere noi che faremmo uscire il paese fuori dalla crisi. E preferiscono e hanno preferito di non uscire mai, per perpetuare il circolo vizioso dei programmi di commissariamento, di fallimento, per non essere noi quelli che tireremmo il paese fuori dalla crisi e di avere l'opportunità durante il nostro mandato di aprire altri grandi e importanti fronti che cambieranno anche il quadro del dibattito e portano ripristinare, se lo volete, anche la linea di demarcazione tra progresso e conservazione, tra sinistra e destra.
All'interno noi sappiamo chi sono.
Non hanno mai esitato a stare accanto ai più estremisti dei creditori:
Sono coloro che, quando hanno visto qualche blocco nel negoziato ci gridavano “ritardate con le vostre ossessioni ideologiche e danneggiate il paese”.
Mentre a contrario, quando vedevano progressi nei negoziati gridavano “appesantite con carichi il popolo greco”.
Un popolo che hanno saccheggiato tra il 2010 e l'inizio del 2015 e che li ha puniti in elezioni consecutive, ma ancora loro pensano di poter parlare al suo nome.
Sono le stesse persone che correvano durante la negoziazione, nel momento più critico, in Germania per incontrare il ministro delle Finanze tedesco, per ottenere la sua benedizione e minare il governo greco.
Sono loro che con i loro rappresentanti nel Parlamento europeo solo la scorsa settimana, non hanno esitato ad attaccare la Commissione, dicendo che teneva un atteggiamento conciliante nei confronti del governo greco.
E come se non bastasse, mentre la maggior parte dei oratori, al di là della Sinistra Europea, da tutti i lati, in ogni caso della maggior parte delle ali del Parlamento europeo, soprattutto dai Verdi e dai Socialdemocratici, esercitavano una feroce critica contro le richieste dell FMI e i devoti dell’austerità permanente, contro la Grecia, è accaduto l’incredibile davanti agli occhi attoniti di molti eurodeputati stranieri:
Eurodeputati greci accusano come solo responsabile dei ritardi, il governo greco.
Sono loro che attraverso i loro dirigenti si sono impegnati pubblicamente, dagli schermi televisivi, che si fossimo al governo, voterebbero tutto quello che chiedeva il Fondo monetario internazionale e tante altre misure per chiudere la valutazione.
Dimostrando così che i “più realisti del re”, sono per lo meno più moderati per descrivere il Nuova Democrazia del signor Mitsotakis.
Inoltre, non possiamo dimenticare – è successo solo pochi mesi fa, nel dicembre scorso - come gridavano fuori di se, quando abbiamo dato la tredicesima pensione ad 1.600.000 mila nostri concittadini e ci chiedevano di ritirare la nostra misura perché irritavamo i creditori e facevamo mosse unilaterali.
Ma per il resto sostengono che indossano la maglia azzurra e bianca della nazionale greca.
Ma non possibilmente non possiamo distinguere l’azzurro perché siamo daltonici. Ma almeno possiamo di solito distinguere la sponsorizzazione sulla maglia. Una volta è la Siemens, un’altra i centri di intreccio tra politica e imprese, un’altra ancora i creditori più estremisti, un’altra ancora l’establishment dei media del paese e per un’alta i loro amici nelle liste degli evasoti fiscali. 
Compagne e compagni,
È assolutamente ovvio che se la Nuova Democrazia era oggi al governo, avrebbe firmato qualsiasi pretesa avanzavano i creditori. 
Non credo che ci sia un cittadino greco che non è convinto di questo.
Inoltre lo dimostrato i fatti.
Non possiamo dimenticare il modo in cui hanno chiuso le valutazioni quando governavano loro.
Come mettevano la loro firma su carta bianca, senza negoziati, senza un interesse elementare per la società e che cosa causerebbero alla società le loro scelte.
In questo modo, in soli quattro anni abbiamo perso il 25% della nostra ricchezza nazionale. La disoccupazione ha raggiunto il 28% ufficialmente, quando l’abbiamo ricevuto nel 2015 e più dal 50%, quasi il 60% per i giovani. Così hanno tagliato i fondi di riserve degli enti delle pensioni in notte con il PSI del signor Venizelos e del signor Samara. Così hanno smantellato l'acquis della contrattazione collettiva nei rapporti di lavoro. Così hanno portato le tasse, i tagli, mirando sempre contro i nostri concittadini più fragili e, naturalmente, lo stato sociale.
La Nuova Democrazia, inoltre, lo dice il suo leader, non ha “ossessioni ideologiche di sinistra”. Per questo avrebbe accettato senza esitazione la principale richiesta del FMI, che era conosciuto, non ora, ma era conosciuto prima di chiudere la prima valutazione dal ottobre 2015, subito dopo le elezioni, per misure aggiuntive di 4,5 miliardi.
E certamente non avrebbe mai immaginato di rivendicare misure equivalenti di carattere positivo.
Non sarebbe nemmeno entrata nella discussione sul debito, che - per ricordare – con una maniera persistente considerava sostenibile. E naturalmente non avrebbe lottato per il ripristino dei rapporti di lavoro e la contrattazione collettiva, ma avrebbe fatto il contrario.
Essa [la Nuova Democrazia] avrebbe combattuto con le unghie e i denti contro i lavoratori, contro i sindacati, anche nei confronti dei sindacati europei che insieme a noi chiedevano e chiedono di fermare questo inaccettabile stato di eccezione riguardante la Grecia dalla regolarità europea nelle relazioni industriali.
La Nuova Democrazia invece di negoziazione, che non lo ha fatto mai, del resto, avrebbe scatenato una furia neoliberista, con i creditori più estremisti, sia per la perpetuazione della abolizione della contrattazione collettiva sia per aumentare il limite dei licenziamenti collettivi, che non riuscirebbe a capire una persona sana di mente, anche lo stesso datore di lavoro, perché sarebbe necessario per la Grecia, tranne forse alcuni datori di lavoro molto specifici.
E certamente avrebbero combattuto per l'istituzione della serrata del controsciopero e lock out. 
In questo, per essere onesti non erano pochi e certi i datori di lavoro che lo volevano, ma abbastanza.
Questo perché, non dobbiamo essere ingiusti con loro, è la loro ideologia. Il programma politico della Nuova Democrazie è il neoliberismo estremo, è l'attacco diretto contro i lavoratori, la sconfitta del lavoro e dei diritti che ne derivano, perché loro credono che possa diventare l'economia competitiva. Una cosa che non è stata dimostrata in nessuna parte del mondo.
E questo programma politico, che al suo interno comprende la deregolamentazione del mercato del lavoro e rimuovere tutte le garanzie di protezione per i lavoratori, direi che è una ricetta nota e vecchia. Non la abbiamo imparato solo durante la crisi a livello mondiale.
Ma è una ricetta che non ha nulla a che fare con l'Europa. Non ha nessuna relazione con i valori su cui è stata costruita l'Unione Europea, l'Europa, in base anche delle lotte, in base delle conquiste dei popoli europei dopo la Seconda Guerra Mondiale.
È una ricetta applicata in paesi senza democrazia e libertà, in paesi in cui i tecnocrati neoliberali in collaborazione con i dittatori del terzo mondo spesso di un'epoca passata, hanno applicato i loro disegni più estremi.
Portando interi pezzi di società nella povertà e nella miseria.
E queste ricette alcuni volevano portarle in Europa attraverso la Grecia.
Questo noi lo abbiamo impedito. Non abbiamo consentito che accadesse. E finché noi saremo qui non permetteremo mai che accada in Grecia.
E credo che non lo permetteranno anche forze più ampie in Europa, non solo della sinistra. Perché, ripeto, questa battaglia non riguardava solo la Grecia. Soprattutto la battaglia per i rapporti di lavoro. Stiamo cercando da due anni di ripristinare in Grecia la contrattazione collettiva, qualcosa che altri stanno cercando con grande angoscia, con le unghie e i denti, di allontanare dall'Europa. Di annullare nel resto d'Europa. Per questo motivo questa battaglia non era solo una lotta tra la Grecia e il Fondo monetario internazionale. È stata una battaglia delle forze progressiste in Europa, delle forze che credono nello stato sociale e la protezione sociale in Europa contro i neoliberisti e gli estremisti presenti in tutta Europa e nel Fondo monetario internazionale.
Ma, compagne e compagni, che oltre a quelli all'estero e alla battaglia condotta a livello europeo, voglio riferirmi a quelli che dentro hanno combattuto per far fallire il tentativo.
A coloro che hanno investito nella situazione di stallo e nel crollo dei negoziati.
Sono ancora lì e persistono fino ad oggi.
Ma la cosa che su cui ci siamo accordati oggi è qualcosa che rovina i loro piani.
Coloro che all'estero vedono che non passa il piano di ritornare agli scenari del 2015.
Abbiamo un accordo naturalmente con compromessi, ma un accordo che ci avvicina ancora di più alla fine del periodo del programma e l’uscita finale dal commissariamento.
E coloro che sono all’interno del paese ora sembrano essere in una situazione di stallo strategico.
Però perché ci siamo riusciti?
È dovuto solo grazie alle eccellenti capacità della nostra squadra di negoziato, alla sua resistenza o al fatto che abbiamo avuto volontà politica?
Non è solo questo.
Le ragioni per cui abbiamo avuto questo risultato sono:
Primo: perché abbiamo sfruttato ogni margine di alleanze politiche all'estero.
Utilizzando ogni breccia che avrebbe potuto rafforzare la nostra posizione.
Abbiamo cercato alleanze al livello dei paesi del Sud Europa. Non dobbiamo dimenticare che il Consiglio dei paesi del Sud Europa - per il quale dovrò partire oggi, tra poche ore per volare a Madrid – è stata una nostra iniziativa e una nostra ispirazione.
Abbiamo cercato convergenze al Parlamento europeo, coinvolgendo attivamente il Parlamento europeo.
Abbiamo cercato alleanze anche nei sindacati europei.
Abbiamo mobilitato non solo le forze del Sud Europa, ma anche forze e paesi importanti del Nord Europa. E voglio dire chiaramente che il contributo della sinistra in Germania, ma manche della socialdemocrazia in Germania, è stato importante e positivo per ottenere questo risultato.
Secondo. Credo che questo che abbiamo ottenuto, lo abbiamo raggiunto perché la nostra politica all’interno del paese ha già iniziato a dare i suoi frutti e quindi abbiamo avuto argomenti molto forti nei negoziati.
E mi riferisco principalmente al fatto che l'economia si sta riprendendo.
Nel 2015 abbiamo ricevuto un paese in una crisi finanziaria asfissiante – con la logica della parentesi di sinistra.
E ora abbiamo un ritorno alla crescita e surplus che coprono da oggi, a partire dal 2016, già da ieri vale a dire, l'obiettivo del 2018.
Perché è così? Ci avete pensato? Perché i numeri riflettono questa immagine positiva? E così il 2017 non è il 2015.
La risposta penso che la può capire chi vive in questo paese.
Negli ultimi due anni il paese ha smesso di avere un governo, come aveva fatto per tanti anni prima, in cui la governance era, contemporaneamente, un veicolo di arricchimento. Di egoismo. E di interessi.
Noi in questi due anni, compagne e compagni, non abbiamo preso regali da nessuno, non abbiamo saccheggiato le casse dello Stato, non c’è stato lo sperpero del denaro pubblico, non abbiamo fatto accordi sotto il tavolo.
Al contrario abbiamo colpito e continuiamo a colpire con tutti i modi l'evasione fiscale. Non abbiamo messo le liste degli evasori nei cassetti. Le abbiamo tirate fuori dai cassetti.
A differenza di tutti gli altri negli anni precedenti.
Perché noi, che secondo il signor Mitsotakis siamo il governo più incompetente che ha visto il paese, nonostante il fatto che abbiamo preso il governo in condizioni di asfissia fiscale senza precedenti per un governo greco dalla dittatura e poi, siamo riusciti a far partire dei grandi progetti, che per quattro anni erano stati bloccati e abbiamo riavviato questi progetti.
A differenza dei precedenti [governi] che facevano contratti fasulli, in un modo che portavano all'abbandono dei progetti, con il fine di compensi enormi per gli appaltatori e i costruttori dai fondi pubblici.
Questo succedeva in Grecia negli anni precedenti.
E abbiamo detto che questa festa, questo party, doveva finire. Sia se questa festa riguardava gli appalti per le opere pubbliche, sia se riguardava il settore della Sanità con l’ente di KEELPNO per gli appalti della Sanità, la Novartis, sia nel settore degli armamenti. In generale la gestione del denaro pubblico.
E, naturalmente, ce l'abbiamo fatta. E pensate di cosa stiamo trattando? Questo qualcosa che assomiglia ad un miracolo, è accaduto all'improvviso?
Siamo riusciti ad essere il primo governo greco che in condizioni di crisi ha assorbito il 98% dei fondi europei dei programmi ESPA. Quando gli altri non sono andati oltre il 50%.
Perché questo è accaduto?
È successo perché gli altri assorbivano solo i fondi necessari per sostenere i loro “amici”.
E da lì in poi lavorava la tecnologia della tangente.
I fondi si davano con ritardo, quanto era necessario per avere in ogni caso i necessari accordi sotto banco.
E questo stava accadendo da anni nel paese. E lo sapevano e lo sanno molto bene fuori dal paese. Ed è uno dei motivi dell'inaffidabilità del paese.
Solo purtroppo le decisioni difficili le stiamo pagando ora noi.
Tutto questo è finito due anni fa. Non ci sono tangenti, non c’è sperpero di denaro pubblico, si sbloccano i progetti a beneficio delle casse della stato, si assorbono i fondi europei. È una delle ragioni principali, insieme alla lotta contro l’evasione fiscale, per la quale abbiamo risultati fiscali molto positivi.
Le misure erano identici. Molto peggio di prima.
Per questo, compagne e compagni, credo che in questo punto di svolta dobbiamo andare dal popolo greco e dire le cose con il loro nome.
Per raggiungere il popolo greco e chiamare le cose con il loro nome.
I timori del vecchio e corrotto sistema politico di chiudere la seconda valutazione è in gran parte dovuta alla paura e alla sensazione che hanno che il tempo davanti a noi ci permetterà di svelare scandali del passato nascosti negli armadi.
Improvvisamente, dopo oltre dieci anni di silenzio è apparso nella vita pubblica, l'ex primo ministro, il signor Simitis. Il quale sembra non aver capito quello che è successo quando è stato primo ministro e quale sistema ha foraggiato lui e il suo partito quegli anni.
Con due ministri della Difesa invischiati nel riciclaggio di denaro sporco dai programmi di armamenti per milioni di euro. Con i loro stretti collaboratori che hanno ammesso che portavano tangenti in sacchi neri alle case del loro partito [PASOK].
Con un regolare e istituzionalizzato sistema di intrecci tra le banche, i baroni dei media e i due partiti che si alternavano, prima di abbracciarsi tra di loro con una politica comune di saccheggio del popolo greco.
Con una scandaloso e clientelare sperpero dei fondi UE.
Con orgia di tangenti per le opere pubbliche.
Con le riserve dei fondi pensione come preda nel mercato azionario.
Con funzionari del governo e alti funzionari che hanno fatto enormi fortune.
E pochi giorni fa, l'uomo che vedeva semplicemente le tangenti passare, è apparso in un'intervista televisiva.
E tra le lodi per il suo mandato come primo ministro e le cordiali parole di sostegno per il signor Mitsotakis, che verrà a salvarci, ci ha regalato un sofisma.
Egli ha detto che la corruzione in Grecia è un fenomeno sociale. E come un fenomeno sociale dobbiamo abituarci a convivere con essa.
È facile capire perché, giustamente si sono ribellate anche le pietre, a quella frase.
Questa cinica avversione è indicativa della percezione e della pratica di un intero sistema.
E, naturalmente, questo non è solo per biasimare il signor Simitis e il PASOK.
Il caso riguarda anche la Nuova Repubblica e la sua attuale leadership.
Tutti sappiamo chi hanno lasciato, i diversi Christoforakos, partire con passaporti diplomatici dal paese, per non chiarire il caso di Siemens.
Tutti sanno chi e come hanno continuato la festa nel settore della Sanità, con l’ente KEELPNO, la Croce Rossa, gli ospedali pubblici che in una notte sono passati di mano e sono diventati privati. E, naturalmente, con il caso di Novartis e che come Siemens è venuto da fuori, come un grande e internazionale scandalo.
E tutti hanno visto che i due partiti che hanno governato per quarant'anni il paese e si sono trovati con mezzo miliardo di debito alla fine hanno voluto perfino fare un regalo a loro stessi con un loro emendamento in piena notte nel Parlamento. E hanno regalato a loro stesso i loro debiti. E hanno dato l'immunità a coloro che li hanno emessi.
Queste cose accadono nel resto d'Europa? Queste cose sono successe in Grecia e sono diventate una delle principali cause della crisi. Perché, va bene, ovviamente, tutti noi abbiamo rabbia per il modo in cui “quelli da fuori” hanno gestito la Grecia, soprattutto dopo il 2009. Ma ciò che stava accadendo in Grecia fino a quel momento, stava accadendo fuori?
Potrebbero accadere a tal punto?
Anche in questo caso, coloro che hanno portato in bancarotta il paese, ora fanno gli europei.
Sono all'avanguardia del movimento “Noi viviamo in Europa” e puntano il dito contro, dicendo che “voi volete portare la Grecia fuori dall'Europa”.
Ed è lo stesso vecchio sistema politico che ora gioca tutto in una volta.
Lo dico direttamente:
Il sistema ha tentato di creare condizioni per impedire gli sviluppo democratici nel paese nel 2015, con la creazione e la sceneggiatura del quadro della parentesi di sinistra con un programma che terminava un mese e mezzo dopo l’insediamento del nostro governo e le casse vuote.
Questo sistema, quindi, ha cercato di ribaltare in pochi mesi per la seconda volta il governo eletto democraticamente nel settembre del 2015, con la prima valutazione.
Lo stesso sistema ora ha giocato il tutto per tutto con la seconda valutazione.
Chi ha gli occhi ha visto.
Pero non c’è l’hanno fatta. Né il 2015, né con la prima valutazione, né con la seconda valutazione.
E sono quelli che ora si trovano in pieno stallo strategico. E si è visto dalle loro prime reazioni.
Non voglio andare avanti oltre nel percorso che ha tracciato il maggior partito di opposizione.
Dirò solo che sarebbe stato meglio per il paese, non per noi, per il governo di avere di fronte un avversario politico con differenze ideologiche, rispettate, ma un avversario che ci faceva sentire la sua preoccupazione per il futuro del paese.
E non un gruppo vendicativo di estrema destra da una parte e dall'altra un gruppo, nato appropriandosi della ricchezza, affetti entrambi dalla sindrome di astinenza dal potere.
Lasciate perdere.
Ora tutti di nuovo torniamo al lavoro.
Noi nel tentativo, che quanto pare non finisce qui, perché serve duro lavoro per rimettere il paese in piedi.
E, naturalmente, l'opposizione nelle contrapposizioni interne per il suo mondo arrogante o no per dire che non voterà queste le misure ma che le applicherà dopo….
Finché tutto questo si definirà e arriveremo al punto, compagne e compagni, in cui saremo fuori dal programma nel 2018, e nel quale il popolo greco sarà in grado di giudicare e confrontare [con le elezioni] del 2019 il periodo del disastro dal 2010 al 2014 e il periodo dove attraverso lotte quotidiane e dure battaglie, per le quali spesso abbiamo sanguinato, saremo riusciti a portare il paese fuori del programma, saremo in grado di tirare il paese fuori del programma, saremo riusciti a rendere il debito sostenibile e a confrontare il tasso di disoccupazione che abbiamo ricevuto con il tasso della disoccupazione che consegneremo. Lo stato sociale che abbiamo ricevuto, con lo stato sociale che consegneremo. Sviluppo e i tassi di sviluppo che abbiamo ricevuto, con lo sviluppo e con i suoi tassi che consegneremo.
Questo sarà deciso nel 2019. E il popolo greco sono sicuro che deciderà avendo in mente chi sono coloro che hanno dato una battaglia onesta e chi sono quelli che hanno portato il paese alla bancarotta e lo hanno saccheggiato.
La nostra responsabilità d'ora in poi è quella di lavorare su un progetto e con assi specifici.
Il primo asse dopo la seconda valutazione è la ricostruzione produttiva.
Lo sviluppo equo e sostenibile, che conterrà gli ingredienti per la produzione di una nuova ricchezza, una drastica riduzione della disoccupazione, l'aumento del reddito e il rispetto dei diritti del lavoro.
È anche un fatto che le disposizioni dell'accordo sul lavoro, la prospettiva di sviluppo aumenterà il potere contrattuale dei lavoratori attraverso la contrattazione collettiva per salari migliori.
E rende i lavoratori meno vulnerabili a situazioni in cui sono ostaggio e si trovano naturalmente sotto la spada di Damocle permanente del licenziamento.
Ma qui voglio sottolineare una cosa: Il precedente governo del signor Samaras aveva nel 2012 ricevuto il governo con un tasso di lavoro a tempo parziale al 38% della quota totale del mercato del lavoro. E quando ci hanno consegnato il paese nel gennaio 2015, il 38% aveva raggiunto il 59%.
La nostra politica ha portato nel marzo del 2017, il mese scorso, un saldo positivo di 38.000 posti di lavoro.
E, soprattutto, per la prima volta, nei posti di lavoro creati, la percentuale di lavoro pieno e part-time da 60% - 40% a favore del part-time, è arrivata al 50% - 50%.
Mentre per la prima volta nella storia recente del paese è reale lo sforzo per combattere il lavoro nero e sommerso e l'arbitrio dei datori di lavoro, trasformando l’Ispettorato del Lavoro in un Ispettorato reale e non fittizio. Anche se ci sono problemi di personale.
Chiaramente abbiamo una lunga strada da percorrere. I risultati, tuttavia penso che dimostrano la direzione che dobbiamo prendere.
E siamo determinati a sostenere l'occupazione piena e decente, come parte del nostro piano globale per una crescita equa.
Uno sviluppo che utilizzerà tutte le potenzialità produttive del paese.
Allo scopo di attirare gli investimenti produttivi reali.
Che avrebbe un segno sociale e ambientale chiaro e positivo.
Che ci permetterà di ripristinare le ferite nello stato sociale e di portare il mercato del lavoro al livello di un paese europeo normale.
Il secondo pilastro delle nostre iniziative, subito dopo la chiusura della seconda valutazione, è ciò che chiamiamo ricostruzione istituzionale.
Con suo asse, in particolare, la revisione costituzionale. Per la prima volta nel paese è cominciato un dialogo sociale aperto, nel quale tutti i cittadini, tutti i collettivi, tutte le istituzioni hanno la possibilità di presentare il loro opinioni.
Per seguire dopo la fine di questa consultazione, la procedura parlamentare, come prevista e descritta dalla Costituzione.
Il terzo pilastro sono le riforme.
Le riforme della sinistra devono avere un segno sociale e democratico chiaro. Perché dopo l’uso fatto di questo termine, negli ultimi anni, il popolo greco quando sente la parola riforme corre ai ripari.
Stiamo parlando di riforme davvero progressiste e positive, come la Cura Primaria di Sanità, Primary Health Care.
Come il cambiamento per l’ammissione alle università.
Come la democratizzazione e il rafforzamento della trasparenza e la modifica del quadro istituzionale generale per le strutture di autogoverno del paese. Una grande riforma di cui ha bisogno questo paese.
Infine, il quarto pilastro è la riorganizzazione della vita politica.
Compagne e compagni,
vorremmo intorno a queste novità cercare il consenso più ampio, o almeno un dialogo democratico, significativo.
Sappiamo che non è facile farlo.
Perché il vecchio sistema politico trova difficile entrare in un tale processo.
Perché è come riconoscere la sconfitta politica subita due volte nel 2015 e il fatto che il paese volta pagina.
Ovviamente non possiamo fare qualcosa al riguardo.
Ma prima accetteranno la nuova realtà politica, meglio, penso sarà per loro.
Sappiamo tutti le difficoltà che incontra il compito di far uscire il paese dalla crisi e contribuire a che il nostro popolo viva giorni migliori.
La società greca ha sopportato un peso sproporzionato in questa avventura nella quale l’establishment politico ed economico degli ultimi decenni ha trascinato il paese.
Ed è sulle nostre spalle questa responsabilità. È nelle nostre spalle la responsabilità di salvare non solo ieri, ma anche l’oggi e il domani.
E sono sicuro che rispetto alle decisioni che abbiamo preso, quelle difficili del luglio 2015 e anche quelle di oggi sono decisioni che in pochi anni, quando penseremo ai problemi che abbiamo avuto e i dilemmi cruciali che abbiamo affrontato, saremo sicuri che abbiamo fatto la cosa giusta.
Il nostro partito, i suoi membri, funzionari, i nostri parlamentari hanno ripetutamente dimostrato che non temono né la responsabilità, né la battaglia.
Questo è davvero qualcosa al quale, se si vuole, la sinistra è storicamente condannata. Di trovarsi di fronte alla difficoltà, di fronte ai momenti difficili.
Così anche oggi, seguendo questo corso biennale dal gennaio del 2015 nel mese ad oggi per il percorso del governo del paese, abbiamo il dovere di continuare a guardare avanti, più forti dalle nostre esperienze, ma anche più compatti e più determinati. E più determinati alla gestione della governance, per contrapposizioni, per rotture con il vecchio.
Non c'è più nessuna scusa. Non lo sapevamo? Lo abbiamo imparato ora. Noi abbiamo la conoscenza. E non può lasciare che il vecchio divori come un cancro la prospettiva del nuovo e la messa in ordine del paese in basi solide e sane.
Quindi abbiamo bisogno di lavorare duramente, insieme con la società, per trovare materiali e costruire la Grecia del giorno dopo.
Per ricostruire il nostro paese come merita, su basi solide e per lasciarsi alle spalle gli anni difficili della crisi, andando avanti nel futuro con certezza e prospettiva.
Lo sapete molto bene e lo so anch’io. In questo percorso, come ad due anni fa nulla ci sarà concesso o regalato. Così anche ora nulla sarà concesso e regalato a noi.
Tutto sarà il risultato di battaglie, lotte e conflitti, conflitti con coloro che vogliono tornare indietro per ripetere per decenni ancora quel sistema che li ha allevati e con questi molte altre crisi, con più sofferenze per il paese e il nostro popolo .
Ma non c'è modo che il Comitato centrale, questo gruppo parlamentare e soprattutto queste popolo che ci crede e ci sostiene, gli permetterà di fare questo.

Traduzione: Argiris Panagopoulos

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