di Curzio Maltese
Sono convinto da mesi che il No al referendum trionferà il 4 dicembre (Renzi è finito, fatevene una ragione). Non certo sulla base dei sondaggi, ai quali non credo e che mesi fa davano il No senza speranze, ma piuttosto osservando dati e fatti reali sotto gli occhi di tutti. Michael Moore sperava tanto d'essere smentito, io No. 1. Se i sondaggi non sono attendibili, esistono tuttavia i dati concreti dei voti espressi quest'anno. Al referendum sulle trivelle del 17 aprile scorso 13 milioni 300 mila italiani si sono presi il disturbo di andare a votare contro il governo per una consultazione poco più che simbolica.
È probabile che tutti costoro tornino a votare il 4 dicembre per una questione assai più importante e altri se ne aggiungano, visto che la percentuale di votanti sarà ben più ampia. Questo significa che la base concreta del No si aggira intorno ai 15 milioni di voti. Renzi deve dunque portare al voto oltre 15 milioni di Sì, impresa matematicamente improbabile.
2. Il coro dei media. La netta prevalenza delle ragioni del Sì sui media, l'endorsement implicito o esplicito di tutti i grandi giornali, la scandalosa faziosità governativa della Rai e quella meno sfacciata di Mediaset, tutto questo coro avrebbe costituito in altri tempi un enorme vantaggio. Ma non in questi, nei quali la credibilità dei media e il loro potere d'influenzare l'opinione pubblica sono prossimi allo zero. Il dilagare su giornali e tv del monologo auto elogiativo di Matteo Renzi produce ormai l'effetto d'ingrossare ogni settimana le fila del No.
3. Il tardo trasformismo di Renzi. La narrazione renziana è rapidamente invecchiata, come ha capito ormai anche il narratore, provando a cambiarla in corsa, ma tardi e male. Quando fu concepita la tenaglia fra riforma costituzionale e Italicum, che avrebbe consegnato al premier un potere immenso, Renzi veniva dal 41 per cento alle Europee ed era sicuro di ottenere un plebiscito, quindi ha personalizzato oltre misura la sfida. Con la progressiva delusione per gli scarsi risultati economici del suo governo, le minacce di dimissioni hanno smesso di essere tali, ma Renzi avrebbe dovuto comunque insistere sulla linea guascona.
Al contrario ha cercato di correggersi tornando democristiano, sorvola sulle dimissioni dal governo e non parla più di ritirarsi dalla politica. Per giunta ha ceduto sulla modifica dell'Italicum, "la legge elettorale più bella del mondo", quella che "tutti ci copieranno in Europa". In questo modo il Rottamatore ha perso il suo fascino principale, per rivelarsi il solito trasformista disposto a cambiare idea su tutto pur di rimanere attaccato alla poltrona. Per dirla con Marx (Groucho): "Questi sono i miei principi, signora. Se non vi piacciono, ne ho degli altri"
4. La paura non funziona più. Il fronte del Sì era partito bene, prospettando una serie di vantaggi in positivo agli elettori. Ma i più seducenti, il risparmio sui costi della politica e la maggior velocità decisionale, si sono persi per strada. L'abile mossa dei 5 Stelle di proporre durante la campagna robusti (e sacrosanti) tagli agli stipendi dei parlamentari, respinta dalla maggioranza, avrebbe procurato risparmi ben maggiori rispetto ai miseri 50 milioni l'anno del nuovo Senato calcolati dalla Ragioneria. Quanto alla rapidità, più veloci per fare che cosa?
La campgna per il Sì ha dunque virato sulla logora strategia della paura, con profezie di cataclismi economici e piaghe bibliche in caso di vittoria del fronte opposto. Ma, come testimoniato dalla Brexit e dalle presidenziali Usa, la paura di un futuro peggiore spaventa meno della paura di un presente già intollerabile.
5. Gli italiani votano con saggezza. Detto modestamente da uno che ha quasi sempre votato per i perdenti. I referendum però li ho quasi tutti vinti. Nel voto referendario gli italiani votano con saggezza, con più libertà e ragione. Ed è sicuro che di fronte a una riforma pasticciata e pericolosa, che stravolge un terzo della Costituzione "più bella del mondo" in cambio di una manciatina di risparmi, la ragione, la libertà e la saggezza impongano di dire No.
Poi si potrebbe discutere anche sulla saggezza degli italiani alle politiche, visto che per mezzo secolo i comunisti non avrebbe in nessun caso potuto guidare un paese dell'Occidente e il ventennio berlusconiano è stato in gran parte frutto degli errori del centrosinistra. Nelle due uniche occasioni in cui la sinistra ha trovato un progetto unitario e un leader consistente, Romano Prodi, il berlusconismo è stato sconfitto. Ma questo è un altro discorso.
Fonte: Huffington Post - blog dell'Autore
Una ottima analisi, riscatta forse un po ottimisticanente gli italiani che si tengono Berlusconi per 20 anni, ma ha una sua logica suggestiva e alimenta una certa speranza che i tempi siano cambiati e che il mondo vada incontro ad un grande cambiamento epocale.
RispondiEliminaChe tu abbia ragione!
RispondiEliminacondivisibile in parte, non in toto: sul punto1, ad esempio,ho votato no al referendum trivelle (e come me tanti altri) ma voterò si al referendum costituzionale (e come me tanti altri), perchè non considero il voto pro o contro il governo ( o dalla parte perdente o vincente) ma sul merito della questione
RispondiEliminaSperiamo siate pochi
EliminaChe motivi ti spingono al si?
EliminaIo voto no perché vorrei che cambi qualcosa.... Il governo... Tutti a casa e si vada a votare, credo che gli italiani oggi voterebbero con più ragionevolezza che i dictat dettati dalla panza, inoltre i partiti sono al disarmo, votando seriamente oggi si farebbe davvero una rivoluzione pacifica.
RispondiEliminaUna sinistra o è SOCIALISTA o non è!
RispondiEliminaAvrei preferito un'analisi più approfondita sui cambiamenti (preoccupanti in un paese serio, non nel nostro) che verrebbero introdotti nella Costituzione italiana dalla Renzi-Boschi, sulla mancata riforma vera della legge elettorale e non argomenti da mal di pancia (che sono gli argomanti preferiti dagli italiani che non vogliono essere distratti dai loro puntuali appuntamenti con i talk show e le soap opera). Sicuramente votare NO è stare con Meloni, Berlusconi, Salvini, D'Alema e anche con Grillo che gradualmente sta diventando uno sdoganato esponente della classe politica italiana (demagogia, solo demagogia in malafede please) cioè quella cosa che andrebbe azzerata e ricostruita da zero. E questo mi fa pensare. Concludo dicendo che non voterò perchè sono nauseato da un paese (ci sono eccezioni, ma sono una piccola minoranza) che non vuole studiare, non vuole impegnarsi, vuole vivacchiare con il minimo sforzo, che cerca scuse, che si ritrova ai funerali di chi qulcosa ha provato fare, come per scusarsi della propria accidia. Vorrei ricordare a Curzio Maltese che è vero che la sinistra aveva realizzato un progetto unitario con Prodi, ma si dimentica che Bertinotti l'ha poi segato alla base, consegnando l'Italia a Berlusconi. Dopo il 4 dicembre ci sono buone speranze per Salvini. Non mi dimentico mai che in un referendum del 1995 la maggioranza (55% e quorum raggiunto) dei votanti fece passare l'interruzione pubblicitaria dei film in TV! Un segnale forte ai populisti dei media, lanciato dagli abitanti del paese del Nulla, dagli abitanti di una nazione di adoratori di Barbara d'Urso. Questi siamo noi, e così sia.
RispondiEliminaCurioso che proprio oggi Prodi si sia schierato per il, scardinando la base di questo articolo.
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