di Luca Aterini
L’economia circolare rappresenta un nuovo modello di produzione e consumo, dove non ci sono sprechi e l’utilità delle risorse impiegate è mantenuta, rinnovata nel tempo. Oltre a fronteggiare l’inevitabile scarsità di materie prime, in concreto questo per l’Italia significherebbe creare oltre 500 mila nuovi posti di lavoro, con importanti benefici per l’ambiente e il sistema produttivo; allargando lo sguardo all’intera Europa, la Commissione Ue include nei benefici risparmi pari a 600 miliardi di euro per le imprese (l’8% del fatturato annuo) e una riduzione delle emissioni di gas serra pari a 450 milioni di tonnellate l’anno, un contributo formidabile per la lotta ai cambiamenti climatici.
L’Italia, estremamente vulnerabile sotto questo fronte come purtroppo dimostra la cronaca di questi giorni, rappresenta al contempo la seconda potenza manifatturiera d’Europa, e avrebbe tutto da guadagnare a spingere in direzione circolare il proprio sviluppo. Come? L’Enea – l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile – ha riunito ieri a Roma esponenti di istituzioni (quali presidenza del Consiglio, ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico insieme a un ricco) pool di imprese per proporre un Piano di azione disegnato proprio per favorire la transizione verso l’economia circolare made in Italy, attraverso un percorso sviluppato in quattro punti.
Al primo c’è «la creazione di un’Agenzia nazionale per l’uso efficiente delle risorse», sul modello tedesco e giapponese; al momento l’Italia non ha neanche una strategia nazionale dedicata, ma solo esperienze locali per quanto virtuose, come l’Agenzia regionale recupero risorse attiva in Toscana. A ruota, l’Enea indica la necessità impellente di una «semplificazione normativa, con un focus specifico sulla prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti»; che si tratti di Pmi, grandi aziende o ambientalisti, l’appello alla chiarezza e stabilità normativa per spingere l’economia circolare è difatti una costante, puntualmente ignorata dalle istituzioni. Infine, l’Enea sottolinea la necessità di maggiore «sinergia tra Pa, ricerca e imprese», insieme al «trasferimento di tecnologie per l’innovazione del sistema produttivo nazionale».
«Istituzioni, enti di ricerca e imprese – commenta Roberto Morabito, direttore del dipartimento Sostenibilità dei sistemi produttivi e territoriali dell’Enea – sono già attivi in questo ambito con numerose iniziative, che restano però troppo spesso isolate».
Le singole eccellenze difatti non mancano, in Italia. A darne un’importante rassegna ci ha pensato oggi la prima edizione toscana del “Forum del Riciclo”, organizzato da Legambiente a Firenze con il patrocinio della Regione Toscana e la collaborazione di Publiambiente, Revet (per la quale ha partecipato il presidente Alessandro Canovai) e Rimateria (presente Valerio Caramassi, presidente). Un incontro pensato per fare il punto sulla gestione sostenibile dei flussi di materia e sul riciclo partendo proprio dalle esperienze imprenditoriali e amministrative maturate in Toscana, regione che si candida a divenire un traino per l’economia circolare a livello europeo, e che arriva insieme alla chiusura della Settimana della qualità organizzata da Toscana Ricicla, piattaforma di comunicazione creata dalle aziende di igiene urbana della Toscana su coordinamento Revet.
«Le esperienze virtuose messe in campo – ha dichiarato oggi a Firenze Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente – dimostrano che l’economia circolare è già in parte in atto nel nostro Paese», e che per incentivarla occorra« come prima misura – ha sottolineato Fausto Ferruzza, presidente di Legambiente Toscana – aiutare il decisore pubblico a promuovere e incentivare le filiere industriali del post raccolta».
A guadagnarci è la nostra società, la nostra economia e non da ultimo il clima (di tutti). Non a caso oggi la terza e ultima giornata del IX Forum QualEnergia con la Conferenza nazionale “2030. Che clima che fa”, ha dedicato all’economia circolare il palcoscenico finale. «In Italia l’economia circolare è già una realtà molto solida – ha osservato Giorgio Zampetti, responsabile scientifico di Legambiente e membro del think tank di greenreport – fatta da migliaia di imprese, territori e amministrazioni che la stanno già praticando. Abbiamo però bisogno di una politica, nazionale e locale, che fornisca i giusti strumenti per praticarla, a partire da quelli normativi, per favorire un modo diverso di consumare e produrre».
«Questo è il momento – chiosa il vicepresidente del Kyoto Club, Francesco Ferrante – di colmare il gap che ancora esiste tra capacità le innovative che le imprese, sia pubbliche che private, riescono a esprimere sul territorio nel campo della green economy e dell’’conomia circolare e le politiche invece ancora troppo prudenti che non hanno a pieno compreso come questa sia unica strada non solo per combattere i cambiamenti climatici e inquinamento ma anche a garantire un futuro alla nostra manifattura».
Fonte: greenreport.it
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