La crisi è quel momento in cui il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere. Antonio Gramsci

sabato 26 novembre 2016

Rialluvioni e speculazioni

di Il Simplicissimus 
Alluvioni in Piemonte e nel Ponente ligure, fiumi gonfi e terrificanti che straripano, sfollati, fango, frane e strade interrotte, protezione civile in allarme, sindaci che invitano a salire ai piani alti e certamente da domani i buoni propositi del governo e di Renzi che da coniglio spaccone e infingardo qual’è, non è andato a Torino dov’era atteso per far propaganda al sì, producendo così l’unica buona notizia della giornata. Però ciò che colpisce oltre al dramma in sé, è la sua infinita ripetitività, il suo incidere sugli stessi luoghi, sugli stessi corsi d’acqua, le stesse città, le stesse zone- o forse dovrei dire lochescion, come gli orridi e repellenti american boy del Pd e delle televisioni? – come se passando gli anni e i decenni non si fosse fatto proprio nulla e l’unico parametro utile a definire l’entità del disastro ricorrente è la quantità di pioggia di pioggia che cade in un certo lasso di tempo: 600 millimetri in in 48 ore ed è l’alluvione del ’94, 700 in 6 giorni e siamo alle vicende di questo 2016 o a quelle del 2009.
Come se… ma in effetti non è stato fatto proprio nulla per la sistemazione dei territori e quando è stato fatto qualcosa (vedi ponti) è solo nella logica delle mazzette e del malaffare, dentro il mondo alla Bertolaso che ha poco a che vedere con l’idraulica. Del resto come si possono spendere soldi per mettere i territori in sicurezza quando si deve badare a tante grandi opere inutili come la Tav o sbagliate e già decrepite prima di essere completate come il Mose o che mangiano enormi quantità di soldi anche soltanto per la loro evocazione come il Ponte sullo stretto? E’ su quelle che i clan di potere politico affaristico fanno i soldi veri e acquistano la capacità di dominio, il resto è nulla o solo un benvenuto contorno quando ci si può speculare, un agognato “premio” per gli amministratori locali . Così ritroviamo sempre gli stessi personaggi le stesse aziende dovunque, dal Mose ad Alessandria, dall’Expo alla Tav. Sembra impossibile che nel terzo millennio la gestione dei fiumi sia di gran lunga meno attenta e sofisticata che nel medioevo, ma purtroppo bisogna arrendersi alla realtà e alla squallida commedia delle inadempienze o dei lavori malfatti sotto la categoria dell’imprevedibile.
Tornando ai territori la situazione è spiegata in maniera che più chiara non si può da un articolo su Alessandria Oggi nel 2011 dopo l’ennesima alluvione. E’ illuminante:
“La stessa incoscienza suicida, coperta da identiche rassicuranti menzogne, che ha caratterizzato la finanza ed i bilanci pubblici italiani in questi ultimi anni, si ritrova anche nel settore della sicurezza dal pericolo alluvionale. Il ripetersi di morti e distruzioni ogni qualvolta piove, quasi fossimo sotto gli effetti di una maledizione interessante l’intero paese, ne sono la prova più incontestabile. Alessandria è una delle zone a più alto rischio ambientale. L’abbattimento del ponte della Cittadella ( vedi nota) e di quello del Sanatorio non hanno per nulla aumentato la sicurezza della città, qualsiasi favoletta possa continuare a raccontare chi ne è stato responsabile, costretto ad una eterna menzogna nel timore di finire in galera. E non è detto che prima o poi non ci finisca assieme ai suoi autorevoli complici visto che la mente pensante ideatrice degli illegali abbattimenti è attualmente indagata a Milano per piccoli e modesti reati come appalti truccati, rapporti con la mafia, fornitura di materiali scadenti nonché corruzione di politici e funzionari tramite donativi di Mercedes, ville e Rolex d’oro. Notizie apparse sul Corriere della Sera di lunedì 14 novembre a pag.24 che invitiamo gli alessandrini ad andare a rileggere per ben capire quali sono i veri padroni dei nostri territori ed il loro infimo livello di civiltà.
Il rischio di alluvione per Alessandria nasce dall’unione di due momenti ugualmente pericolosi. Primo: la pessima bonifica del Tanaro effettuata al di fuori di ogni criterio razionale e scientifico dopo l’alluvione del novembre 94. Bonifica costata oltre 600 miliardi di lire che ha avuto il solo risultato di accrescere, anziché ridurre, il rischio di alluvione per la città. Secondo: come se non bastasse a favorire le inondazioni bisogna poi aggiungervi un Piano Regolatore che, mentre la città perde popolazione e le industrie chiudono, ne prevede bizzarramente la crescita a 360.000 abitanti dagli attuali 92.000. Per ottenere gli spazi necessari si sono utilizzate per lo sviluppo anche aree golenali (ossia aree di naturale esondazione del fiume durante le piene) giustamente lasciate tali dai piani regolatori precedenti. E così supermercati, residenze, industrie si trovano oggi a vivere sotto la spada di Damocle di eventi alluvionali.”
Non credo sia necessario aggiungere altro.

Nota
Il ponte sul Tanaro della Cittadella era stato costruito nel 1891 sul sito di ponti precedenti più volte danneggiati nei secoli sia da alluvioni che soprattutto da eventi bellici premurandosi di allargare l’alveo del fiume proprio per evitare problemi. Pur essendo del tutto incolpevole per l’alluvione del ’94 come fu poi dimostrato, fu deciso di abbatterlo per costruirne a tutti i costi uno nuovo nel contesto del tutto opaco cui si riferisce l’articolo del Corriere. Opera affidata allo stesso Richard Meier cui di deve l’Ara Pacis e si dice con stretti legami col Vaticano. La ragione per cui la costruzione di un ponte lungo appena 170 metri sia stata affidata a un architetto americano, di nome e dunque costosissimo (5 miliardi di allora), ma che per giunta non aveva mai costruito un ponte, rimane sconosciuta. Non a caso il progetto era così demenziale da prevedere l’abbattimento della Cittadella stessa, ed è stato completamente rivisto prima dallo studio Owen&Arup di Londra, anche quello farlocco e infine dall’architetto Benini: tutte cose che hanno portato a un raddoppio dei tempi di realizzazione e costi stratosferici 30 milioni euro contro i 6 della media europe di analoghe realizzazioni. La stampa di regime ne dice meraviglie e oggi, evidentemente imbeccata e incapace di qualsiasi pensiero critico, racconta come l’assenza di piloni di sostegno sarebbe stata essenziale per evitare danni maggiori. Idraulica di potere che va a sostituire come un placebo tutto ciò che è stato trascurato o mal realizzato da decenni. Sta di fatto che il ponte è una banale costruzione, uguale a centinaia di altre e forse sarebbe anche gradevole se passasse sul Potomac, ma ad Alessandria è totalmente fuori contesto, ancor più del Calatrava a Venezia. Del resto queste opere nuove volute da un certo ceto di progressisti apparenti, da Cacciari a Rutelli, sulla scia del mitterandismo architettonico, soffrono invariabilmente di una carenza di legittimità culturale (per non parlare di quella etica) e di motivazioni che alla fine si sono riversate sui prodotti finali.

Fonte: Il Simplicissimus 

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