di Checchino Antonini
Le dimissioni di Matteo Renzi nel caso di una vittoria del ‘no’ al referendum del 4 dicembre «potrebbero non essere la catastrofe che molti temono in Europa». Lo scrive l’Economist in un editoriale dal titolo «Perché l’Italia dovrebbe votare no al referendum», a corredo di un lungo articolo nel quale viene spiegata in dettaglio la riforma costituzionale. «L’Italia – spiega il giornale britannico – potrebbe mettere assieme un governo tecnico ad interim, come ha già fatto molte volte in passato. Se, perdere un referendum potesse realmente causare la fine dell’euro, allora sarebbe un segno che la moneta unica è così fragile che la sua distruzione è solo questione di tempo».
«Uno dei lati negativi del ‘no’ sarebbe quello di rafforzare la convinzione che l’Italia non ha la capacità di affrontare i suoi molteplici problemi, che la paralizzano», continua l’Economist, secondo cui «è Renzi ad aver creato la crisi, mettendo in gioco il futuro del suo governo sul test sbagliato». «Gli italiani – sostiene il settimanale – non dovrebbero essere ricattati. Renzi avrebbe fatto meglio a sostenere maggiori riforme strutturali su tutto, dalla riforma dell’indolente magistratura al miglioramento del pesante sistema dell’istruzione». Renzi, chiosa l’Economist, «ha già sprecato quasi due anni a provare ad aggiustare la Costituzione, prima l’Italia torna alle vere riforme, meglio sarà per l’Europa».
Si potrebbe pensare che anche gli ambienti più influenti dell’entourage politico-finanziario europeo comincino a prendere in seria considerazione l’idea che Renzi perda il referendum. L’Economist non è certo l’house organ di sinceri democratici. Proprio la rivista inglese, con un’ansiogena copertina all’inizio dell’estate (un pullman con la fiancata tricolore, in bilico sul ciglio di un burrone) aveva inaugurato la lunga sequela di endorsement internazionali per lo stravolgimento della Costituzione italiana.
Fonte: popoffquotidiano.it
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