di Franco Astengo
Questa è la notizia: Francia, lotta dura degli operai: "Ci chiudono l'azienda, l'abbiamo minata con bombole di gas". L'azienda francese di componenti meccanici "minata" e danneggiata dagli operai che rischiano il posto di lavoro (afp)
Battaglia per il posto di lavoro di 279 dipendenti di uno stabilimento di componenti meccanici a La Souterraine, nel cuore del paese. Distrutti alcuni macchinari. La fabbrica, subappaltante di Renault, Peugeot e Citroen, ma in amministrazione controllata, sta per essere dismessa. "Vogliamo parlare con le case automobilistiche e anche con Macron".
"Abbiamo minato la fabbrica": è durissima la protesta di circa trecento operai francesi. Il delegato sindacale Cgt di un impianto della Creuse, nel centro della Francia, ha infatti annunciato che i dipendenti hanno minato la fabbrica con bombole di gas. Le hanno appese ai "bomboloni" della fabbrica, l'esplosione di una provocherebbe pesantissime conseguenze. Gli operai, 279 in tutto, rischiano di perdere il lavoro per la chiusura ormai imminente dello stabilimento che per anni ha preso lavori in subappalto da Psa (Peugeot e Citroen) e Renault.
Commento:
Commento che è sempre difficile da scrivere quando la disperazione ci invade nella lettura di notizie come queste.
Non conosciamo le ragioni vere di questa crisi aziendale, quanto ci sia di ritardo tecnologico nella conduzione dell’azienda, quanto di possibile malversazione e di speculazione, quanto di (inevitabile?) coinvolgimento all’interno di un processo di ristrutturazione complessiva.
Tutte cause possibili se non probabili.
Alla mente ci tornano le situazioni di questo tipo che verifichiamo vicino a noi: ma a un dipresso o lontani i drammi del lavoro sono tutti uguali, toccano profondamente nelle coscienze.
I meccanismi di sfruttamento , di sopraffazione, di possessione che riguardano l’agire di un capitalismo predatore che ignora completamente quali drammi comporta la fatica quotidiana e il suo protrarsi; la speculazione intesa quale unico fattore dell’agire economico; la lontananza e l’indifferenza generali; il mondo della politica che si diletta dei propri giochi di potere intesi a mantenere i privilegi di singoli sprovvisti ormai di una qualsiasi tensione etica.
Queste sono le cause primarie del prodursi di questo stato di cose, nell’assenza e nel venir meno di soggetti che intendano collettivamente farsi carico delle necessarie condizioni di difesa e di riscatto del lavoro.
Sicuramente questa società presenta intrecci anche storicamente inediti di contraddizioni epocali: ma dimenticarci delle condizioni del lavoro umano, cancellarne la realtà perché si cerca (con la complicità dei media) di far scambiare l’innovazione tecnologica con la volontà di ridurre lavoratrici e lavoratori alla mercé della logica del fare profitto soltanto attraverso la speculazione grida vendetta, davvero grida vendetta e ci fa pensare subito all’antico motto.” Ribellarsi è giusto”.
Al di là di ogni considerazione di carattere economico, di politica industriale, di analisi sociologica. Così, di vecchio istinto d’appartenenza di classe: “Ribellarsi è giusto”.
Fonte: controlacrisi.org
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